Le falene si nutrono delle lacrime degli alci: le incredibili foto scattate negli Stati Uniti

Negli Stati Uniti i ricercatori hanno ripreso alcune falene mentre si nutrono delle lacrime di un maschio di alce (Alces americanus americanus), il più grande cervide della Terra che può arrivare a oltre 2,30 metri di altezza – al garrese – per un peso superiore agli 800 chilogrammi. Si tratta di un'interazione rarissima, che era stata documentata soltanto una volta al di fuori dei tropici. Il primo caso noto al di là delle aree tropicali aveva coinvolto una falena della specie Euchlaena pectinaria che è stata vista consumare le secrezioni lacrimali di un cavallo in Arkansas, sempre negli Stati Uniti. Il nuovo comportamento di lacrifagia riguarda una specie non identificata di lepidottero – i ricercatori ritengono sia una falena appartenente alla famiglia dei Geometridi – ed è stato ripreso nella Green Mountain National Forest, una grande foresta temperata di latifoglie nel Vermont, uno stato nel Nord-Est degli USA.

Ai tropici la lacrifagia – il consumo di lacrime, appunto – è un'interazione che è stata osservata varie volte da ricercatori, documentaristi e fotografi naturalisti: i lepidotteri sono stati visti nutrirsi delle secrezioni lacrimali di diversi vertebrati come mammiferi, rettili e uccelli. Tra gli animali più coinvolti figurano equini e bovini, ma il comportamento è stato osservato anche su elefanti, tartarughe, coccodrilli e molti altri (principalmente in cattività). Si tratterebbe di un adattamento evoluto per integrare i nutrienti tratti dall'alimentazione di base, solitamente legata al nettare liquido dei fiori. Farfalle e falene succhiano il nettare attraverso un apparato buccale simile a una proboscide attorcigliata chiamata spiritromba. Questo organo può essere esteso e usato come una vera e propria cannuccia (è ben evidente in queste foto della sfinge del galio, una falena che in Italia viene spesso scambiata per un colibrì, sebbene questi uccelli non siano presenti in Europa). Oltre al nettare, i lepidotteri possono nutrirsi dei fluidi da carcasse, terreno, escrementi e persino sudore umano, anche in questo caso per integrare sali minerali e altre sostanze che non possono ottenere dalle piante (questo comportamento è note come “puddling”).

A documentare e descrivere la suzione delle lacrime di alce negli Stati Uniti è stato un team di ricerca guidato da scienziati dell'Unità di ricerca sulla pesca e sulla fauna del Vermont, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento della pesca e della fauna selvatica del Vermont e del Servizio Geologico degli Stati Uniti. I ricercatori coordinati dal dottor Laurence A. Clarfeld hanno fatto questa scoperta analizzando le immagini catturate da una fototrappola posizionata nella riserva naturale. Le interazioni tra l'alce maschio e le falene sono state documentate in 80 fotografie scattate tra le 01:44 e le 01:48 (dunque nel cuore della notte) il 19 giugno del 2024. Per comprendere quanto sia raro osservare un simile fenomeno, basti sapere che questi sono gli unici a documentare la lacrifagia nelle circa 250.000 immagini di alci catturate tra Maine, Massachusetts, New Hampshire e Vermont (in 500 diverse aree di studio).
I ricercatori spiegano che i lepidotteri delle aree temperate, attraverso il comportamento del puddling, prediligono l'assunzione del sodio rispetto ad altri nutrienti, mentre ai tropici “potrebbero preferire le proteine”. Come evidenziato dagli esperti, c'è una specie di falene esclusivamente lacrifaga – chiamata Lobocraspis griseifusa – che ha la capacità di digerire le proteine delle lacrime. Non è chiaro quale sia la sostanza ricercata dalle falene con l'assunzione delle lacrime dagli alci. Il dottor Clarfeld e colleghi ritengono che questo comportamento possa comunque avere dei potenziali effetti avversi sui grandi mammiferi, ad esempio innescando una pericolosa cheratocongiuntivite. Non è tuttavia noto se queste falene geometridi possano essere vettori dei patogeni predisposti o causa un'infiammazione per secchezza oculare. Ciò che è certo è che una simile condizione esporrebbe gli alci a un maggior rischio di predazione da parte di lupi, orsi, puma e altri animali. Curiosamente, tra i predatori degli alci figurano anche le orche, che possono attaccarli mentre attraverso a nuoto il mare per passare da un'isola all'altra. I dettagli della nuova ricerca “Observations of tear-drinking by lepidopterans on moose (Alces americanus americanus) in northeastern North America” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Ecosphere.