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La popolazione mondiale calerà a 6 – 7 miliardi di persone entro il 2100: picco tra 20 o 30 anni

Secondo un nuovo studio la popolazione globale raggiungerà gli 8,5 miliardi di individui entro il 2050, ma poi crollerà a 6 o 7 miliardi per la fine del secolo. Ecco per quali ragioni.
A cura di Andrea Centini
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Secondo una nuova analisi la popolazione mondiale raggiungerà il suo picco massimo attorno al 2040 o al 2050, quando diventeremo circa 8,5 miliardi di individui. Una volta toccata questa vetta, il numero di persone inizierà a calare fino al 2100, raggiungendo la quota di 7 o 6 miliardi di unità, in base a come agiranno i governi nei prossimi anni. Tutto, infatti, è legato agli investimenti che le nazioni destineranno allo sviluppo economico, alla salute e all'istruzione, parametri intimamente connessi alla demografia locale e globale. Ricordiamo che il 15 novembre dello scorso anno l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha dato l'annuncio che la popolazione mondiale aveva appena toccato quota 8 miliardi, con un aumento di 1 miliardo in appena 12 anni. L'ONU stima che i 9 miliardi di persone dovrebbero essere raggiunti nel 2037, tuttavia il nuovo studio evidenzia che non dovremmo raggiungere questa cifra, prima di iniziare a calare sensibilmente.

A determinare che l'umanità arriverà a 8,5 miliardi di persone negli anni '50 e che calerà a 7 / 6 miliardi di individui entro la fine del secolo è stato un gruppo di ricerca di Earth4All, un'organizzazione internazionale che riunisce scienziati, pensatori economisti ed esperti di molteplici settori. L'indagine, sviluppata per la Global Challenges Foundation (GCS), è stata condotta attraverso un nuovo modello di dinamica dei sistemi messo a punto dagli scienziati Jorgen Randers, Ulrich Goluke, David Collste e Sarah Mashhadi. Gli scienziati hanno sviluppato due scenari diversi, che hanno chiamato "Too Little Too Late" e "Giant Leap". Nel primo il mondo continua ad andare avanti per inerzia, con crescita e progressi in linea con quanto avvenuto negli ultimi 50 anni. Ciò porterebbe diversi Paesi in sviluppo a liberarsi della povertà estrema nel giro di alcuni decenni. In questo caso raggiungeremo gli 8,6 miliardi di persone negli anni '50 e caleremo a 7 miliardi di individui entro il 2100.

Nel secondo scenario, legato a un vero e proprio boost di investimenti per arginare la povertà, il picco massimo della popolazione verrebbe raggiunto attorno al 2040 (8,5 miliardi di persone), per poi calare a 6 miliardi entro la fine del secolo. Tali investimenti dovrebbero interessare principalmente l'istruzione e la sanità, “insieme a straordinari cambiamenti politici in materia di sicurezza alimentare ed energetica, disuguaglianza ed equità di genere”, ha spiegato Earth4all in un comunicato stampa. Nello scenario Giant Leap la povertà estrema “viene eliminata in una generazione (entro il 2060) con un forte impatto sui trend della popolazione mondiale”. Ma perché migliorando istruzione, sanità, disuguaglianze e altri fattori dovremmo crollare di circa 2,5 miliardi di persone in mezzo secolo invece che aumentare ulteriormente?

La ragione, come spiegato dagli autori dello studio, risiede nel fatto che i tassi di fertilità sono intimamente connessi con lo sviluppo economico dei Paesi a basso reddito. In parole semplici, più cresce la ricchezza, meno figli nascono, come dimostrano ampiamente i dati dei Paesi sviluppati e industrializzati alla stregua dell'Italia. “I tassi di fertilità diminuiscono man mano che le ragazze ottengono l'accesso all'istruzione e le donne diventano economicamente indipendenti e hanno accesso a un'assistenza sanitaria migliore”, ha dichiarato il professor Espen Stoknes, direttore presso il Centro per la sostenibilità della Norwegian Business School e a capo del progetto Earth4All. Come rilevato dall'indagine, la popolazione è in crescita significativa in determinati Paesi dell'Africa subsahariana – come l'Angola e la Nigeria – e asiatici, come l'Afghanistan; qualora questi Paesi dovessero introdurre significative politiche per lo sviluppo economico, migliorando tutti i fattori di cui sopra, “allora possiamo aspettarci che la popolazione raggiunga il picco prima piuttosto che dopo”, ha evidenziato il professor Beniamino Callegari, esperto di modellazione di Earth4All. Ma come indicato non tutte le analisi concordano. Secondo uno studio dell'Università di Washington, ad esempio, raggiungeremmo il picco massimo nel 2064 (9,7 miliardi di persone), per poi scendere a 8,8 miliardi alla fine del secolo.

Sullo sfondo di queste analisi vi è anche l'impatto delle attività umane sui cambiamenti climatici. Si potrebbe immaginare che aumentando di numero le conseguenze dell'umanità sul pianeta diventerebbero ancora peggiori, tuttavia, come dimostrato dal nuovo studio, non è la dimensione della popolazione globale il principale catalizzatore del riscaldamento globale. Il problema deriva da quel 10 percento di esseri umani che vive nella parte ricca del pianeta, responsabile della stragrande maggioranza delle emissioni di gas climalteranti come la CO2 (anidride carbonica) e il metano. Gli esperti di Earth4All sottolineano l'importanza dell'equa ridistribuzione delle risorse, che consentirebbe a tutta la popolazione globale di raggiungere condizioni di vita dignitose (oltre la soglia minima indicata dall'ONU) dal punto di vista alimentare, sanitario, energetico e abitativo. Ma i Paesi ricchi dovrebbero smetterla di sovrasfruttare le risorse del pianeta, avere un approccio sostenibile ed essere realmente disposti a perseguire la cosiddetta giustizia climatica. I dettagli della nuova ricerca "People and Planet, 21st Century Sustainable Population Scenarios and Possible Living Standards Within Planetary Boundaries" sono disponibili cliccando sul seguente link.

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