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La “piramide” sottomarina del Giappone è ancora uno dei più grandi misteri irrisolti

Il monumento di Yonaguni, un’imponente struttura sottomarina in Giappone, suscita perplessità tra subacquei, ricercatori e archeologi: nessuno sa chi l’abbia costruita o se si tratti di una formazione rocciosa modellata dall’erosione.
A cura di Valeria Aiello
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Un particolare della struttura di Yonaguni, la formazione sottomarina che ricorda le piramidi egizie / Credit: BBC
Un particolare della struttura di Yonaguni, la formazione sottomarina che ricorda le piramidi egizie / Credit: BBC

Al largo dell’isola di Yonaguni, in Giappone, si trova una misteriosa struttura sottomarina che continua ad affascinare subacquei, ricercatori e archeologi: sommersa nell’Oceano Pacifico, a circa 62 miglia ad est da Taiwan, la formazione si estende per 150 metri di lunghezza, 40 metri di larghezza e 27 metri di altezza, caratterizzata da spigoli acuti, livelli terrazzati e blocchi simili a gradini che, da quasi quarant’anni, suscitano opinioni contrastanti.

Nessuno ha ancora capito se si tratti di una formazione rocciosa naturale oppure dei resti di un’antica civiltà perduta, forse persino precedenti alle piramidi egizie. Fin dalla sua scoperta, nel 1986, avvenuta durante un’immersione turistica condotta da Kihachiro Aratake, la struttura suscita perplessità per le sue forme geometriche ben definite, che sembrano straordinariamente progettate. La notizia della scoperta si diffuse rapidamente e, da semplice curiosità locale, la struttura attirò rapidamente l’interesse di geologi, archeologi e studiosi da tutto il mondo.

Tuttavia, mentre alcuni interpretano le sue forme imponenti e regolari come opera dell’uomo, altri insistono sul fatto che sia una formazione rocciosa modellata nel tempo dall’erosione.

Il monumento di Yonaguni forse costruito dall’uomo

Tra i principali sostenitori della costruzione intenzionale del monumento di Yonaguni c’è il professor Masaaki Kimura, geologo marino dell’Università di Ryukyu.

La formazione chiamata "la tartaruga" / Credit: Wikipedia/Masahiro Kaji
La formazione chiamata "la tartaruga" / Credit: Wikipedia/Masahiro Kaji

Secondo Kimura, che ha trascorso anni a immergersi nel sito e a condurre analisi dettagliate del monumento, la formazione potrebbe risalire a oltre 10.000 anni fa, collocandone la costruzione durante l’ultima era glaciale, quando il livello del mare era molto più basso.

Kimura sostiene persino che questo monumento possa essere ciò che resta del mitico continente perduto di Mu. Il suo design “è troppo regolare” ha spiegato Kimura, indicano anche ulteriori prove a supporto della sua tesi, inclusa la scoperta di altre strutture che ricordano una strada, delle mura e alcune incisioni che rappresenterebbero animali. Queste caratteristiche, secondo l’esperto, rafforzano l’idea che il monumento possa essere stato modellato da mani umane.

L’ipotesi della formazione naturale

Tra gli studiosi che sostengono l’ipotesi della formazione naturale c’è invece il geologo Robert Schoch della Boston University: secondo l’esperto, le rocce di arenaria che compongono la formazione di Yonaguni “contengono numerosi piani di stratificazione paralleli ben definiti lungo i quali gli strati si separano facilmente”.

Le rocce di questo tipo sono anche attraversate da numerose fratture parallele, dalle quali potrebbero essersi formate le spaccature nette che caratterizzano la struttura.

A questi elementi si aggiungerebbe la morfologia dell’area, che ricade in una regione soggetta a terremoti che tendono “a fratturare le rocce in modo regolare”, come osservato anche sulla costa nord-orientale dell’isola, dove sono presenti formazioni simili. I “graffiti” identificati da identificati da Kimura sarebbero invece graffi naturali sulle rocce, mentre le “mura” sarebbero semplicemente piattaforme naturali dovute all’erosione. Anche le presunte “strade” sarebbero semplici canali nella roccia.

Il mistero della "piramide" di Yonaguni

Sebbene,  nel loro insieme, le strutture ricordino le piramidi egiziane, una delle principali difficoltà nel risolvere il dibattito sull’origine della struttura è la totale assenza di prove conclusive. Finora, nel sito non sono mai stati rinvenuti manufatti, utensili, ceramiche o altri indizi che possano indicare con certezza un’attività umana. Mancano anche riferimenti storici o tradizioni orali locali che parlino di un’antica civiltà associata alla formazione.

Questa carenza di elementi materiali rende difficile sostenere con decisione l’ipotesi di un’origine artificiale. Allo stesso tempo, però, la geometria delle forme, le presunte scale, piattaforme e incisioni continuano ad alimentare il sospetto che la natura, da sola, non possa aver modellato una simile struttura.

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