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Il vero volto della donna “vampiro” sepolta con un mattone in bocca: la spiegazione del prof. Borrini

Recentemente è stata condivisa online la ricostruzione del volto di una “donna vampiro” italiana vissuta nel XVI secolo da parte di un grafico 3D. Il professor Matteo Borrini, docente di Antropologia forense presso la Facoltà di Scienze della Liverpool John Moores University, ha spiegato che si tratta di un lavoro scientificamente inaccurato che ha utilizzato inappropriatamente i suoi dati, aggiungendo che l’unica ricostruzione reale è quella eseguita dal suo team nel 2009.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Mattero Borrini
Credit: Mattero Borrini

Tra il Medioevo e il XVII secolo in Europa non erano insolite sepolture rituali anomale, legate a credenze popolari su vampiri, non-morti e altre creature immaginarie che, secondo le leggende, sarebbero state in grado di risvegliarsi e seminare morte e terrore tra i vivi. Tra i casi più inquietanti balzati agli onori della cronaca internazionale vi sono quelli del villaggio di Pień, in Polonia, dove sono state trovate prove inequivocabili di questi riti oscuri. Da una tomba, ad esempio, è emerso il corpo di un bambino sepolto a faccia in giù e bloccato al suolo con un lucchetto; poco distante c'era quello di una donna con una falce all'altezza della gola, che le avrebbe tagliato la testa nel caso in cui si fosse risvegliata.

La donna "vampiro" con la falce sulla gola. Credit: Mirosław Blicharski
La donna "vampiro" con la falce sulla gola. Credit: Mirosław Blicharski

In Italia (e non solo) ha avuto ampio risalto mediatico il primo ritrovamento di questo genere studiato a tutto tondo da un’equipe forense: una donna sepolta tra il XVI e il XVII secolo in una fossa comune del Nuovo Lazzaretto a Venezia, dove finivano molte delle vittime causate dalle cicliche epidemie di peste, in particolar modo quella del 1576. Nella cavità orale della signora, di circa 60 anni, il team diretto dal Prof Borrini trovò un mattone conficcato a spalancarle la bocca. La sepoltura fu studiata dal Professor Borrini e presentata alla Società Italiana di Antropologia ed Etnologia e alla Société d'Anthropologie de Paris nel 2008; l’accademico determinò come il mattone fosse stato posizionato in quel modo deliberato, proprio in relazione a un rituale di sepoltura per esorcizzare i vampiri che masticavano il proprio sudario nella tomba.

Nella sua ricerca il professor Borrini ha mostrato come l’antica credenza che i vampiri diffondessero le epidemie nutrendosi nella tomba del proprio sudario sia stata alimentata da una scorretta interpretazione della normale decomposizione dei cadaveri. "Durante l’epidemia poteva capitare di riesumare un corpo non del tutto decomposto. Come attestano le fonti del tempo esso poteva apparire gonfio e ben pasciuto, con un foro nel sudario all’altezza della bocca, come se fosse stato masticato”, riassume l’antropologo forense. “Ciò che sembrava il risultato di una bulimia funebre però era dovuto alla normale decomposizione del cadavere e ad un’accelerata distruzione del sudario in corrispondenza del cavo orale, ricco di batteri e maggiormente umido per la presenza dei liquami portati all’esterno dai gas putrefattivi”, ha aggiunto l'esperto.

La scoperta di questi segnali era ritenuto un possibile segnale di vampirismo e il non morto doveva essere fermato: “Nei testi coevi, come il De Masticatione Mortuorum di Philippus Rohor del 1679 si trova l’indicazione di porre qualcosa di duro, come un mattone o una pietra all’interno della bocca del vampiro, così che non potesse nutrirsi e morisse per inedia. Quello che trovammo nel 2006 fu proprio una prova dell’esistenza di questa superstizione”, ha spiegato Borrini. Il mattone sarebbe stato posto nella bocca della donna veneziana proprio per porre fine a questo orrendo banchetto, che stava diffondendo la pestilenza secondo le credenze allora in voga.

Il professor Borrini ha pubblicato con i propri colleghi e collaboratori gli studi sui vari aspetti della sepoltura, sia presso l’American Academy of Forensic Sciences (2009, 2010), sul Journal of Forensic Sciences (2010, 2012), Spectrochimica Acta (2014) e in un libro “La Scienza dei Mostri” con il CICAP (2011). A marzo del 2024 un grafico 3D specializzato in lavori di medicina forense ha pubblicato una ricostruzione del volto della suddetta “donna vampiro”, un lavoro che è stato condiviso da diverse testate giornalistiche. Attraverso la modellazione tridimensionale ha confermato la tesi di Borrini circa la possibilità che il mattone fosse stato inserito nella cavità orale senza danneggiarne i denti, ipotesi che alcuni avevano provato a contestare e ai quali comunque Borrini aveva già risposto nel 2012 sul Journal of Forensic Sciences. Il grafico ha realizzato una copia del mattone in polistirolo ed effettuato test “dal vivo”, per analizzare la deformazione strutturale della pelle e la rotazione della mandibola. Nel fare questo però ha anche proposto una sorta di ritratto tridimensionale della vampira.

Per un chiarimento sul lavoro effettuato dal grafico, Fanpage.it è stata contattata dallo stesso professor Matteo Borrini, docente di Antropologia forense presso la Facoltà di Scienze della prestigiosa Liverpool John Moores University. Si tratta di uno dei massimi esperti mondiali nel campo, oltre a essere stato il direttore del progetto di ricerca sulla “donna vampiro” pubblicato anche sul Journal of Forensic Sciences citato in precedenza. Lo scienziato ha sottolineato che il suddetto lavoro “è lontano da ogni ricostruzione scientifica”, tenendo presente che il grafico “non ha mai avuto accesso ai resti originali, né a una copia né al modello digitale”. “Non ho mai condiviso nessun dato con lui”, ha spiegato il professor Borrini. L'unica vera e scientificamente accurata ricostruzione della “donna vampiro”, pertanto, rimane quella effettuata nel 2009 dal suo team, dopo “un'analisi completa dei resti scheletrici”, che non si era limitata al solo cranio “ma estesa alle ossa postcraniali superstiti per ottenere tutti i dati relativi al profilo biologico, come origine geografica, sesso, età e corporatura”.

Credit: Matteo Borrini
Credit: Matteo Borrini

Dopo la scansione laser dei reperti, il team del Professor Borrini aveva realizzato un modello digitale che era stato “stampato in 3D per ottenere una replica accurata”. Su di essa sono stati posti dei marcatori di spessore ricavati dai valori medi dei tessuti molli presenti nelle varie parti del cranio in base al profilo biologico ricostruito. Questi spessori hanno fatto da guida per la modellazione dei tessuti molli in base alla struttura cranica. Il modello finale è stato perfezionato con la pittura e l'applicazione dei capelli, “secondo lo stile delle donne di classe sociale medio bassa della Venezia cinquecentesca”, sulla base delle informazioni estrapolate dai reperti archeologici. Tale ricostruzione, basata su approfondite analisi forensi che possono essere eseguite solo avendo a disposizione il cranio, come evidenziato dal professor Borrini “faceva parte di un progetto della National Geographic Society sostenuto dal NatGeo Expeditions Council” ed era destinato al documentario “Vampire Forensics” trasmesso in Italia da Rai 2.

Credit: Matteo Borrini
Credit: Matteo Borrini

L'esperto antropologo ha affermato che il grafico ha utilizzato un cranio di un'altra persona “e vi avrebbe aggiunto ‘alcuni parametri metrici e strutturali' teoricamente tratti da una delle mie pubblicazioni peer-reviewed (Nuzzolese & Borrini, 2010)”, oltre a dati recuperati da immagini e video su internet, che non sarebbero comunque di pubblico dominio. Ma Borrini evidenzia che nella sua pubblicazione “non sono presenti dati metrici o parametri strutturali che qualcun altro possa utilizzare per effettuare una ricostruzione”. Ha anche evidenziato che “qualsiasi ricostruzione facciale dovrebbe essere eseguita sul cranio e non su dati di seconda mano”, dunque facendo affidamento su “immagini e video disponibili su internet”. Nel suo lavoro il grafico ha invece utilizzato un cranio virtuale ottenuto da una tomografia computerizzata di uno sconosciuto, che è stato adattato all’occorrenza.

Il professor Borrini specifica che per fare una ricostruzione scientificamente rigorosa, l’antropologo forense deve analizzare a fondo il cranio originale, valutando impronte e segni lasciati dai tessuti molli sulle ossa. Solo dopo questa “meticolosa analisi” viene ricostruita la profondità dei tessuti, la cui modellazione si basa su protocolli scientificamente riconosciuti. “La ricostruzione facciale è una tecnica specializzata che gli antropologi forensi possono adottare per aiutare le autorità giudiziarie nei casi di persone scomparse o corpi sconosciuti. È una disciplina scientifica sviluppata per offrire una possibilità di giustizia alle vittime e alle loro famiglie. È un procedimento serio e rigoroso che, in alcuni casi, può essere applicato in contesti archeologici e storici, come ho avuto occasione di fare per la cosiddetta ‘vampira di Venezia' nel 2009. Ma se non si adottano questo rigore e queste cautele, si è molto lontani dall’offrire un contributo serio e scientifico alla ricerca”, ha concluso il professor Borrini.

A seguito delle dichiarazioni del professor Borrini, Fanpage.it è stata contattata anche dal dottor Cicero Moraes, autore della sopracitata ricostruzione. Lo scienziato brasiliano, designer 3D ed esperto di medicina forense, ha affermato che i dati da egli utilizzati – riferimenti metrici sia per il teschio che per il mattone – erano stati condivisi nell'articolo pubblicato dallo stesso Borrini nel suo studio. A questa considerazione l'antropologo forense ha controreplicato sottolineando che i dati erano solo nelle immagini e non in tabelle e grafici, pertanto protetti da copyright e non di libero utilizzo.

Per quanto concerne il metodo utilizzato dal dottor Moraes per la ricostruzione contestata dal professor Borrini, il designer 3D ha affermato di aver pubblicato le istruzioni "passo passo" e di aver fornito "tutte le risorse necessarie affinché la tecnica potesse essere replicata". L'approccio che ha utilizzato, spiega che "si basa su misurazioni effettuate su soggetti vivi, TAC, che è un solido complemento alla metodologia tradizionale". "Il protocollo che abbiamo sviluppato non è solo riconosciuto scientificamente, ma è stato anche premiato dalla migliore università di odontoiatria del mondo, USP", ha affermato Moraes. "Nel 2013, la metodologia di scansione del cranio che abbiamo utilizzato ha ricevuto il primo posto in una conferenza di odontoiatria legale/forense. Inoltre, ho pubblicato molti articoli e la tecnica che utilizzo è già stata replicata da diversi esperti", ha chiosato Moraes. Il designer ha anche pubblicato un articolo su ResearchGate per esprimere il suo punto di vista su questa controversia.

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