Il segnale nascosto che innesca l’Alzheimer: la scoperta degli scienziati sulla formazione delle placche

Un segnale cellulare nascosto può indurre la formazione delle placche amilodi nel cervello, un fattore chiave nello sviluppo dell’Alzheimer. Gli scienziati hanno scoperto che questo segnale viene trasmesso tramite vescicole rilasciate dal tessuto adiposo: minuscole particelle che viaggiano in tutto il corpo e sono in grado di attraversare anche la barriera emato-encefalica.
Queste vescicole agiscono come “messaggeri cellulari” e il loro contenuto lipidico varia tra persone con obesità e normopeso. Nei soggetti obesi, la quantità e la presenza di specifici lipidi modifica la velocità di aggregazione dei peptidi betamiloidi (β-amiloide, Aβ), il principale costituente delle placche tipiche dell’Alzheimer.
“Bloccare questo processo può diventare una nuova e potente terapia per i soggetti a rischio” spiegano i ricercatori, guidati dal professor Stephen Wong dell’Houston Methodist Hospital, in Texas. L’obesità è oggi riconosciuta uno dei fattori di rischio modificabile per la demenza, e la scoperta di questi minuscoli messaggeri rivela il meccanismo molecolare che la collega alla malattia.
Il segnale nelle vescicole: cosa induce l’accumulo di placche dell’Alzheimer
I ricercatori dell’Houston Methodist Hospital hanno identificato un profilo lipidico distinto – in particolare nelle specie lisofosfatidilcolina e sfingomielina – nelle vescicole derivate dal tessuto adiposo dei soggetti obesi. Questo segnale influenza la velocità di aggregazione di due peptidi betamiloidi, Aβ-42 e Aβ-40, innescando l’accumulo di placche amiloidi a livello cerebrale.
In un nuovo studio, pubblicato su Alzheimer's & Dementia: The Journal of the Alzheimer's Association, i ricercatori hanno dimostrato che questo profilo lipidico distinto accelera l’aggregazione delle placche, suggerendo l’esistenza di un’interazione tra specifiche molecole lipidiche e peptidi betamiloidi. “Interazioni dirette potrebbero facilitare la nucleazione o cambiamenti conformazionali che favoriscono il processo di aggregazione” hanno aggiunto gli autori della ricerca, indicando come la lisofosfatidilcolina e la sfingomielina possano alterare il microambiente celebrale in test condotti in vitro.
“I risultati su specifici tipi lipidici possono fornire preziose informazioni per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche – hanno evidenziato gli studiosi – . Prendere di mira questi minuscoli messaggeri cellulari e interromperne la comunicazione, che porta alla formazione di placche, può contribuire a ridurre il rischio di malattia di Alzheimer nelle persone obese”.