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Il segnale di un oggetto associato agli alieni era in realtà molto terrestre: un camion di passaggio

Nel 2014 esplose sul Pacifico un oggetto interstellare, al quale due scienziati hanno associato potenziale tecnologia aliena. Ma il segnale utilizzato fino ad oggi per spiegare il fenomeno, curiosamente, sarebbe stato provocato dalle vibrazioni di un camion in transito.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Roberto Molar Candanosa and Benjamin Fernando/Johns Hopkins University, with imagery from CNES/Airbus via Google.
Credit: Roberto Molar Candanosa and Benjamin Fernando/Johns Hopkins University, with imagery from CNES/Airbus via Google.

Esattamente dieci anni anni fa esplose nel cielo una meteora interstellare, un oggetto venuto dallo spazio profondo che, secondo due studiosi, conteneva al suo interno presunta tecnologia aliena, rappresentata da piccole sferule metalliche recuperate in una spedizione successiva. Oggi, grazie a un nuovo studio, è stato determinato che le onde sonore associate all'entrata di questo oggetto nell'atmosfera terrestre – utilizzate per studiarlo e dare la caccia ai suoi frammenti – non erano altro che le vibrazioni di un camion di passaggio, transitato lungo una strada non distante dal sismometro sull'isola di Manus (Papua Nuova Guinea) che le ha captate. Si tratta dell'ennesimo colpo di scena di una storia curiosa e controversa che ha portato a interessanti discussioni nella comunità scientifica.

Tutto ebbe inizio l'8 gennaio del 2014, quando la palla di fuoco comparve sopra l'Oceano Pacifico non distante dallo stato insulare oceanico, a causa di un corpo celeste entrato a grandissima velocità nell'atmosfera terrestre. Si ritiene che il “sasso spaziale” responsabile della meteora andò quasi completamente distrutto per il fenomeno dell'ablazione, al quale sopravvissero alcuni frammenti finiti sul fondale marino. Fin qui nulla di particolarmente straordinario, se non fosse che, a causa della notevole velocità e della traiettoria, gli astronomi Amir Siraj e Abraham “Avi” Loeb teorizzarono che il corpo celeste in questione non fosse originario dal Sistema Solare, bensì arrivasse dallo spazio interstellare, cioè al di fuori del nostro sistema.

La (quasi) conferma di questa teoria è arrivata nell’aprile 2022, quando lo scienziato Joel Mozer dello Space Operations Command della US Space Force esaminò i dati orbitali del corpo celeste, raccolti da un satellite spia degli Stati Uniti e quindi rimasti a lungo segreti. L'esperto ne determinò la possibile natura di oggetto interstellare. Classificato col il nome di CNEOS 2014-01-08, il corpo celeste è così diventato il terzo di tipo interstellare a essere documentato (dopo il “sigaro spaziale” Oumuamua e la cometa 2I/Borisov) e il primo in assoluto a colpire la Terra.

Alla luce di questi dati, nel 2023 i ricercatori hanno organizzato una spedizione al largo della Papua Nuova Guinea – il Progetto Galileo, costato 1,5 milioni di dollari – per dragare parte del fondale marino lungo la traiettoria dell'oggetto, nella speranza di recuperarne i frammenti superstiti. Durante la missione il team di Loeb, che è stato a lungo direttore del Dipartimento di Astronomia della prestigiosa Università di Harvard, ha raccolto decine delle sopracitate sferule metalliche dal diametro di circa mezzo millimetro, la cui composizione è stata considerata anomala “rispetto alle leghe prodotte dall'uomo, agli asteroidi noti e alle fonti astrofisiche familiari”. Secondo gli studiosi, pertanto, una spiegazione verosimile è che possa trattarsi realmente di tecnologia aliena. Un recente studio ha dimostrato la loro provenienza extrasolare, grazie al peculiare mix di berillio (Be), lantanio (La) e uranio (U), che i ricercatori hanno indicato con il nome di “BeLaU”.

Il fisico teorico Avi Loeb con un frammento della presunta tecnologia aliena. Credit: NewsNation/Youtube
Il fisico teorico Avi Loeb con un frammento della presunta tecnologia aliena. Credit: NewsNation/Youtube

Il nuovo studio, tuttavia, non solo sostiene che le vibrazioni associate all'esplosione di CNEOS 2014-01-08 sul Pacifico furono prodotte dal passaggio di un camion, ma che l'oggetto, in realtà, sarebbe caduto 160 chilometri più lontano di dove la spedizione ha effettuato il recupero le sferule metalliche. Ciò significa che il materiale raccolto non appartiene affatto al visitatore interstellare. “Il segnale ha cambiato direzione nel tempo, corrispondendo esattamente a una strada che passa davanti al sismometro”, ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Benjamin Fernando, sismologo planetario presso l'Università Johns Hopkins e autore principale dell'indagine. “È davvero difficile prendere un segnale e confermare che non proviene da qualcosa. Ma quello che possiamo fare è dimostrare che ci sono molti segnali come questo e mostrare che hanno tutte le caratteristiche che ci aspetteremmo da un camion e nessuna delle altre caratteristiche che ci aspetteremmo da una meteora”, ha aggiunto l'esperto.

Dai calcoli è emerso che “la posizione della palla di fuoco era in realtà molto lontana da dove la spedizione oceanografica si era recata per recuperare questi frammenti di meteoriti”, ha chiosato il dottor Fernando, sottolineando che il team di Loeb non solo ha usato il segnale sbagliato (quello del camion), ma che è andato a cercare i frammenti “nel posto sbagliato”. Queste novità, naturalmente, non cambiano la natura peculiare delle sferule metalliche raccolte durante la spedizione, ma solo la loro origine (sebbene gli studiosi ritengano che si tratti di frammenti di comuni meteoriti, contaminati dall'ambiente terrestre). “Tutto ciò che è stato trovato sul fondo del mare non ha alcuna relazione con questa meteora, indipendentemente dal fatto che si tratti di una roccia spaziale naturale o di un pezzo di un'astronave aliena, anche se sospettiamo fortemente che non si tratti di alieni”, ha concluso il dottor Fernando. I risultati finali della ricerca saranno presentati il 12 marzo alla Lunar and Planetary Science Conference che si terrà a Houston.

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