Svelato il mistero del Monte Sierpe in Perù: a cosa servivano i grandi buchi nell’altopiano di Nazca

Reso pubblico all'inizio degli anni '30 del secolo scorso, il sito archeologico del Monte Sierpe (montagna serpente) nella valle di Pisco in Perù, ubicato nel cuore dell'altopiano di Nazca alla base delle Ande, è uno dei più enigmatici e affascinanti mai scoperti. Si tratta infatti di una fascia di grandi buchi – lunga e stretta – scavata centinaia di anni fa sulla cresta della montagna, il cui significato è stato dibattuto per decenni dagli scienziati. Grazie a un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica specializzata Antiquity, tuttavia, sembra che il mistero sia stato finalmente risolto, o perlomeno che siamo molto vicini alla verità. Secondo gli esperti, infatti, la “Banda dei Buchi”, conosciuta anche come Cerro Viruela (collina del vaiolo) a causa dell'aspetto craterizzato, sarebbe stata inizialmente progettata come un mercato a cielo aperto da una cultura pre-Inca nota come Chincha, per poi essere trasformato in un grande sistema per il pagamento delle tasse da parte degli Inca stessi.
A svelare (molto probabilmente) il mistero del Monte Sierpe in Perù è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati australiani della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Sydney e dell'Australian Museum Research Institute, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti; fra quelli coinvolti l'Istituto per lo studio avanzato della cultura e dell'ambiente dell'Università della Florida del Sud (Stati Uniti), il McDonald Institute for Archaeological Research dell'Università di Cambridge (Regno Unito), la Facoltà di Storia dell'Arte e Archeologia dell'Università di Parigi 1 Panthéon-Sorbonne (Francia) e molti altri. I ricercatori, coordinati dal dottor Jacob L. Bongers, ricercatore specializzato in archeologia digitale presso la Disciplina di Archeologia dell'ateneo australiano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto analisi microscopiche e macroscopiche sul sito archeologico. Ricordiamo che il Monte Sierpe è caratterizzato da una fascia lunga circa 1,5 chilometri ed è composta da circa 5.200 buchi nel terreno, larghi tra 1 e 2 metri e profondi tra 50 centimetri e 1 metro. Le pareti di alcuni sono rinforzati dal collocamento di rocce.
Come spiegato dal dottor Bongers in un comunicato stampa, nel corso del tempo sono state avanzate numerose ipotesi sull'utilizzo passato del sito: dalla raccolta d'acqua alla funzione agricola. Oggi, grazie al nuovo e approfondito studio, è possibile avanzare una proposta convincente. Come indicato, i ricercatori hanno condotto indagini approfondite. Per quanto concerne quelle microscopiche, hanno prelevato materiale dal fondo dei buchi e lo hanno analizzato in laboratorio, scoprendo la presenza di pollini di mais (tra le colture più importanti dell'epoca precolombiana) e resti di varie piante come graminacee (orzo e grano ad esempio) e cucurbitacee. Sono stati trovati anche salice, giunco e canne, che all'epoca venivano utilizzati per creare i cesti. Questi residui, datati tra il 1320 e il 1405 dopo Cristo (quindi legati alla cultura pre-Inca dei Chincha), secondo gli esperti suggeriscono che un tempo qui si riunivano mercanti per scambiare varie tipologie di merci, depositando i cesti con le materie prime all'interno dei buchi.
I dati sono stati collegati con i risultati delle indagini macroscopiche condotte con i droni, grazie ai quali gli scienziati hanno potuto mappare nel dettaglio l'intera area. Sebbene il sito archeologico del Monte Sierpe sia noto da circa un secolo grazie alle fotografie aeree pubblicate dalla National Geographic Society, studiarlo da elicotteri e aerei non è semplice a causa della frequente presenza di nebbia. I droni hanno permesso di superare questo limite, facendo ottenere agli scienziati una mappa digitale completa del luogo. I ricercatori non solo hanno scoperto che i buchi sono organizzati secondo schemi ordinati e definiti, ma che la loro struttura ricorda quella di un khipu degli Inca, uno strumento usato per la contabilità creato con corde annodate. L'ipotesi, pertanto, è che in origine il luogo fosse un mercato, ma che con l'ascesa degli Inca sia stato trasformato in un luogo per la consegna delle tasse. In pratica, i “contribuenti” avrebbero lasciato il dovuto all'interno di questi buchi, come suggeriscono il dottor Bongers e colleghi.
“È molto intrigante. Forse questo era un mercato pre-Inca, come un mercato delle pulci. Sappiamo che la popolazione pre-ispanica qui era di circa 100.000 persone. Forse commercianti itineranti (mercanti marittimi e carovane di lama), specialisti (agricoltori e pescatori) e altri si riunivano nel sito per scambiare beni locali come mais e cotone”, ha affermato il ricercatore. Successivamente ci sarebbe stata la trasformazione in un sistema per la contabilità: “Fondamentalmente – prosegue il dottor Bongers – considero questi buchi come una sorta di tecnologia sociale che ha unito le persone e che in seguito è diventata un sistema di contabilità su larga scala durante l'Impero Inca”. I dettagli della ricerca “Indigenous accounting and exchange at Monte Sierpe (‘Band of Holes’) in the Pisco Valley, Peru” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Antiquity.