Il lavoro ci può far ammalare davvero, la psicologa: “Non dipende solo dalle ore, ci sono altri fattori”

In Corea del Sud, la cultura dell'iper-produttività e dell'ossessione per il lavoro hanno prodotto un fenomeno noto come "Gwarosa". Letteralmente significa "morte per il troppo lavoro", ma per i sudcoreani non è una metafora. Nel Paese le morti legate allo stress lavoro-correlato sono un fenomeno reale: non si tratta delle morti dovute a incidenti sul lavoro, ma all'eccessivo carico lavorativo, fisico, mentale ed emotivo, che in casi estremi può aumentare il rischio di infarti, ictus, disturbi psichici e perfino di suicidio.
Anche se il Gwarosa è di fatto un fenomeno limite, che fortunatamente non ha un corrispondente in Italia, i rischi legati allo stress lavoro-correlato e al burnout sono reali e le conseguenze sulla salute dei lavoratori non vanno sottovalutate. A Fanpage.it ne abbiamo parlato con la dottoressa Anna Sofia Tuccillo, psicologa e psicoterapeuta del Centro GENOS di Medicina Preventiva e Personalizzata dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
La situazione in Italia
"In Italia – spiega la psicologa – non abbiamo una parola equivalente di Gwarosa, perché a differenza di quello che accade in Corea del Sud, la morte non è collegata in modo così diretto allo stress lavoro-correlato. Ma è più corretto parlare di una situazione di rischio legata allo stress lavoro-correlato e al burnout nei casi più gravi. Queste condizioni, qualora si aggravino, possono infatti contribuire a tutta una serie di patologie, sia fisiche che psichiche, che possono agire come concausa del rischio di morte, più che come rischio diretto".
Per avere una misura del fenomeno in Italia, basti dare un occhio agli ultimi dati diffusi da Inail: nel primo trimestre 2024 sono state oltre 22.600 le denunce di malattie professionali legate a disturbi psichici e comportamentali, quasi il 18% in più rispetto allo stesso periodo nel 2023 e oltre il 55% in più rispetto al 2022.
Secondo un recente report realizzato dal Censis, quasi quattro lavoratori dipendenti su dieci (il 31,8%) hanno provato sensazioni di esaurimento, di estraneità e altri stati emotivi e psicologici negativi nei confronti del proprio lavoro, comprese forme di burnout.
Cos'è lo stress lavoro-correlato
Anche se il termine "stress lavoro-correlato" può trarre in confusione, è bene specificare che questo termine non indica lo stress come lo intendiamo nel linguaggio comune, ma una condizione con tratti abbastanza definiti. "Lo stress lavoro-correlato è una condizione in cui le richieste in ambito lavorativo superano le risorse di cui dispone in quel momento il lavoratore", spiega l'esperta.
A questo punto si potrebbe pensare che questa condizione sia collegata al carico quantitativo di lavoro, ma questo non è l'unico fattore di rischio dello stress lavoro-correlato: "Quando parliamo di richieste intendiamo tutto quello che ha a che fare con il lavoro, quindi non solo le ore di lavoro o i compiti da svolgere, ma anche le responsabilità, il carico psicologico ed emotivo".
L'impatto del carico emotivo
"C'è tutta una serie – aggiunge Tuccillo – di fattori emotivi, relazionali e psicologici che possono avere un ruolo determinante, anche più delle ore lavorate, sul rischio di stress lavoro-correlato. Ad esempio, il rapporto con i colleghi e i responsabili, la presenza di confini ben delineati tra vita privata e vita lavorativa e in genere la sensazione di essere rispettati. Se tutti questi fattori sono presenti è meno probabile che una persona, anche se stressata sul luogo di lavoro, sviluppi questo tipo di problemi".
"Non a caso, i lavori più a rischio sono proprio quei lavori di cura e quelli che richiedono il contatto con più persone, come accade a chi lavora nel sistema sanitario o nell'istruzione: queste professioni sono considerate più a rischio perché in questi lavori il carico emotivo, oltre che fisico e cognitivo, è particolarmente elevato".
Riconosciuto dalla legge
Lo stress lavoro-correlato è inoltre una categoria normata per legge. Nello specifico, dal decreto legislativo 81/2008 che recepisce l'Accordo Europeo sullo stress da lavoro e inserisce lo stress lavoro-correlato tra i rischi che devono essere valutati obbligatoriamente sul luogo del lavoro da parte del datore. Ufficialmente, in base a quanto indicato nel documento europeo, lo stress lavoro-correlato è definito come:
"Una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro".
In quanto tale, lo stress lavoro-correlato può essere riconosciuto come malattia professionale. Tuttavia, a fronte del numero crescente di richieste di riconoscimento da parte dei lavoratori, ottenerlo non è così facile: nell'ultimo decennio infatti sono state presentate all'Inail circa 4000 denunce di stress lavoro-correlato, ma solo circa 500 di queste sono state riconosciute.
L'impatto sui giovani
Un altro dato interessante riguarda la prevalenza dei disturbi psicologici e comportamentali legati allo stress lavoro-correlato. Secondo i dati raccolti da Censis, infatti, gli stati psicologici negativi legati al proprio lavoro, come sensazioni di esaurimento o estraneità, sono comuni al 47,7% dei dipendenti giovani, mentre tra gli adulti questa percentuale non supera il 28,2% dei lavoratori ed è ancora più bassa tra i dipendenti più anziani (23%).
Questo dato può sembrare un paradosso perché siamo abituati a pensare che i giovani, essendo all'inizio della loro vita lavorativa, dovrebbero avere un bagaglio di risorse fisiche, emotive e psicologiche maggiore per poter affrontare il mondo del lavoro. Ma le cose sono più complesse di così.
"Il mondo del lavoro di oggi – spiega Tuccillo – è diventato più complesso e più instabile di com’era fino a qualche tempo fa. Oggi i giovani vivono una pressione enorme perché fanno i conti con una forte instabilità e precarietà lavorativa, nonostante siano molto preparati. Quindi, mentre i lavoratori più avanti negli anni hanno ormai trovato una loro stabilità, non si può dire lo stesso per coloro che sono entrati da poco nel mondo del lavoro".
C'è poi il peso delle aspettative personali: "Proprio perché i giovani – prosegue l'esperta – sono molto preparati, entrano in un mondo del lavoro che è molto competitivo, ma allo stesso tempo sono spinti da una grande voglia di affermarsi. Questa ricerca amplifica ancora di più il peso della pressione a cui sono sottoposti".
Quali sono i campanelli d'allarme
"Sul lungo periodo, vivere in una situazione di stress lavoro-correlato può avere degli effetti sia fisici che psicologici. Per quanto riguarda i disturbi nell'ambito psicologico, i più comuni sono ansia, depressione, disturbi di adattamento fino al burnout. Mentre dal punto di vista fisico, è stata evidenziata una forte correlazione dello stress lavoro-correlato e il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, gastrointestinali e, più in generale, un calo delle difese immunitarie, che a sua volta può aumentare in modo indiretto il rischio di altre patologie", spiega l'esperta.
Cosa cambia rispetto al burnout
"Quando lo stress lavoro-correlato – aggiunge Tuccillo – viene portato ai massimi livelli, perché non si è fatto nulla per intervenire, allora può degenerare in una forma di burnout, ovvero potremmo definirlo il peggior risultato dello stress lavoro-correlato".
Nel 2019 l'Organizzazione Mondiale della Sanità l'ha definita una "sindrome concettualizzata come conseguenza dello stress cronico sul posto di lavoro che non è gestito con successo". L'OMS non lo classifica come condizione medica, ma come un "fenomeno professionale" e lo inserisce tra i fattori che influenzano lo stato di salute delle persone. Il burnout – aggiunge l'OMS – è caratterizzato da tre dimensioni principali: "senso di svuotamento o esaurimento energetico, maggiore distanza mentale o sentimenti negativi o cinici verso il proprio lavoro e ridotta efficacia professionale".
Ma come si può riconoscere lo stress comune dallo stress lavoro-correlato? "Quando sul lavoro non abbiamo soltanto un calo della motivazione – risponde la psicologa – ma anche della concentrazione e del rendimento per un periodo prolungato, allora siamo di fronte a un importante campanello d'allarme: potrebbe significare che non stiamo più vivendo uno stress passeggero, che a volte può essere normale, ma potremmo aver sviluppato una forma di stress lavoro-correlato che non va sottovalutato".