I tesori del Canyon di Caprera, santuario dei cetacei al largo della Sardegna: le magnifiche immagini

Nel Mar Mediterraneo vivono abitualmente otto specie di cetacei, tuttavia esse non sono uniformemente distribuite nel Mare Nostrum. Ci sono alcuni siti particolarmente preziosi, come il famoso “Santuario dei Cetacei” Pelagos incastonato tra la Liguria e la Corsica, in cui si registra un'abbondanza significativa di specie e di esemplari che la frequentano. Tra le ragioni principali vi è anche la presenza di canyon sottomarini in grado di favorire l'upwelling, la risalita di acque profonde, fredde e ricche di nutrienti verso la superficie, un fenomeno che ha un elevatissimo valore ecologico; ne derivano infatti esplosioni di plancton – alla base della catena alimentare marina – che permettono di attrarre e foraggiare una significativa biodiversità, compresi i sopracitati mammiferi marini.
Tra le aree che stanno registrando un notevole interesse da parte dei ricercatori figura anche il Canyon di Caprera, un sistema di canyon sottomarini sito a Nord-Est della Sardegna, in acque internazionali e a una distanza compresa tra le 15 e le 30 miglia dalla costa. La profondità di questo magnifico hotspot può superare i 1.000 metri, permettendo di ospitare anche i campioni di immersione come il capodoglio (Physeter macrocephalus) e il meno conosciuto zifio (Ziphius cavirostris), che abbiamo avuto la fortuna di incontrare durante escursioni di whale watching sia al Canyon di Caprera che al Santuario Pelagos. Potete vedere le immagini del nostro incontro con gli zifi in questo articolo, mentre in quest'altro è possibile ammirare le bellissime stenelle striate (Stenella coeruleoalba), i delfini più abbondanti nel Mediterraneo.
Il Canyon di Caprera era noto – perlomeno dal punto di vista aneddotico – come punto di avvistamento per i cetacei, ma solo negli ultimi anni ci si è accorti dell'effettiva ricchezza, così è stato condotto un vasto e approfondito studio scientifico che ne ha messo in evidenza l'effettivo valore come hotspot di biodiversità. A condurlo, tra il 2011 e il 2019, i ricercatori dell’Università di Sassari – nel contesto di un dottorato – e dell'associazione SEA ME Sardinia, che hanno effettuato in loco oltre 200 rilievi da imbarcazioni per il whale watching e la ricerca scientifica. Durante le escursioni sono stati coperti oltre 30.000 chilometri ed effettuati 1.110 avvistamenti di cetacei, con il coinvolgimento di sette delle otto specie regolarmente presenti nel Mare Nostrum.

Oltre ai già citati zifio, capodoglio e stenella striata, il team di ricerca guidato da Luca Bittau e Renata Manconi ha registrato la presenza della balenottera comune (Balaenoptera physalus), il secondo animale più grande della Terra dopo la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) – che abbiamo incontrato alle Azzorre; il grampo (Grampus griseus), un grosso delfinide privo di rostro che tende a diventare bianco col passare del tempo a causa delle interazioni sociali; il bellissimo delfino comune (Delphinus delphis), di nome ma non di fatto nel Mediterraneo; e il tursiope (Tursiops truncatus), il delfino per antonomasia e – purtroppo per lui – l'unico ad adattarsi in qualche modo alla vita in cattività (non a caso Flipper era un tursiope, così come lo sono la stragrande maggioranza dei cetacei presenti in parchi acquatici e acquari).

L'unica specie di cetaceo regolarmente presente nel Mare Nostrum a non essere stata registrata al Canyon di Caprera è il globicefalo, una specie gregaria che vive molto a largo, non facile da incontrare nemmeno nel grande Santuario Pelagos, cogestito da Italia, Francia e Principato di Monaco. Durante le numerose escursioni condotte sopra i canyon sottomarini al largo della Sardegna, i ricercatori hanno incontrato anche un altro elusivo zifide, il mesoplodonte di Sowerby (Mesoplodon bidens), una specie occasionale per il Mediterraneo, come lo sono la megattera, l'orca e la pseudorca. Il tasso di incontro (ER) complessivo rilevato nello studio è stato di 10,6 avvistamenti di cetacei per 100 chilometri, con la stenella striata indiscussa regina con un ER di 5,45, seguita dalla balenottera comune (ER 3,00) e zifio (ER 1,80). Questi dati evidenziano senza alcun dubbio l'importanza del Canyon di Caprera come hotspot per cetacei mediterranei, diverse specie delle quali sono minacciate di estinzione, come evidenziato dalla Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Qui ha sede una vera e propria nursery, dove gli animali si nutrono, rifugiano e riproducono, come mostra anche la significativa presenza di piccoli.

“Il Canyon di Caprera fu una sorpresa anche per me, che provenivo da qualche anno di attività di studio sul tursiope nell’allora Centro Ricerche Delfini a Caprera, aperto dal Parco Nazionale e dal CTS e poi chiuso dal Parco nel 2011. La frequenza e abbondanza degli avvistamenti sul canyon, quando iniziai le ricerche per il mio dottorato con L’Università di Sassari, ci apparve subito degna di nota e il progetto di dottorato nacque e crebbe di pari passo con la nascita delle attività di whale watching, che vennero costruite e portate avanti da Orso Diving fin dal 2010”, ha dichiarato a Fanpage.it il dottor Luca Bittau, naturalista, fondatore e presidente dell'associazione SEA ME Sardinia.

“Fu la collaborazione con questa attività che ci consentì di raccogliere, prima con l’Università e successivamente con la nascita di SEA ME Sardinia, più di 10 anni di dati, fino al 2021, attuando anche costante e continua opera di educazione e sensibilizzazione a bordo delle barche, con i whale watchers. Ma dobbiamo al supporto di One Ocean Foundation, attraverso il programma Perpetual Planet di Rolex, la concreta possibilità di creare un gruppo scientifico e di prendere finalmente in mano tutti quei dati per elaborarli, analizzarli e portarli a conoscenza della comunità scientifica”, ha evidenziato Bittau.

Lo scienziato ha spiegato che col nuovo studio si è voluta rimarcare l'importanza di questo significativo hotspot per la biodiversità, prezioso ma anche fragile ed esposto all'impatto antropico. “È stato un lavoro lungo, ma anche una corsa contro il tempo”, ha infatti spiegato il dottor Bittau ai nostri microfoni. “Già da anni – ha proseguito l'esperto – registriamo cambiamenti nelle osservazioni, e un continuo aumento del numero e della durata degli eventi “caldi” (le cosiddette “ondate di calore”) oltre che altre minacce osservate in questi anni sul canyon e di cui vorremmo occuparci adesso. Questo importante traguardo non è una conclusione, ma un inizio”. Lo scienziato ha aggiunto che le ricerche sul Canyon di Caprera continuano ad andare avanti e si stanno concentrando in particolar modo sullo zifio, una specie “molto sensibile all’inquinamento acustico”, sia quello prodotto dai sonar militari – responsabili di significativi spiaggiamenti – che del traffico nautico. Di questa specie SEA ME Sardinia dispone di un grande database fotografico, “uno dei più consistenti a livello globale”, ci ha spiegato l'esperto. Al momento il Canyon di Caprera è classificato come “Area of Interest” (AoI) per i cetacei del Mare Nostrum; la speranza degli studiosi è che presto possa essere promosso a “Important Marine Mammal Area” (IMMA), con un maggior numero di tutele. I dettagli dello studio “The Caprera Canyon (north–eastern Sardinia): A hotspot of cetacean diversity in the western Mediterranean Sea” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PloS ONE.