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I farmaci che fanno perdere tanto peso proteggono anche da una diffusa malattia del fegato

Un team di ricerca internazionale ha dimostrato che la Semaglutide, il principio attivo alla base dei nuovi farmaci per dimagrire, è efficace anche contro la steatoepatite associata a disfunzione metabolica (MASH), una forma grave del cosiddetto fegato grasso.
A cura di Andrea Centini
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La Semaglutide, il principio attivo alla base degli innovativi farmaci in grado di far perdere tanto peso e non farlo riprendere, è in grado di proteggere anche da una grave malattia del fegato, la steatoepatite associata a disfunzione metabolica (MASH). Si tratta di una forma severa, avanzata e con fibrosi del cosiddetto “fegato grasso”, una condizione cronica in cui l'accumulo di grasso nell'organo determina infiammazione e danno epatico, con potenziale rischio di cirrosi e persino tumori.

Sapere che i farmaci a base di Semaglutide possono essere preziosi anche contro la malattia del fegato grasso rappresenta l'ennesimo tassello all'elenco di benefici per la salute già evidenziati. Numerosi studi hanno infatti dimostrato che il principio attivo, in origine progettato contro il diabete di tipo 2 e poi dimostratosi estremamente efficace contro i chili di troppo, è ad esempio associato a una protezione contro malattie cardiovascolari, patologie ai reni, Alzheimer e cancro, inoltre può contrastare il vizio del fumo e addirittura il dolore il ginocchio. Un'altra ricerca ha determinato che la Semaglutide riduce anche il rischio di morte per tutte le cause. Sottolineiamo che si tratta di un farmaco da prendere sotto strettissimo controllo medico, anche perché non privo di effetti collaterali.

A determinare che la Semaglutide può proteggere dalla steatoepatite associata a disfunzione metabolica è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati della Facoltà di Medicina della Virginia Commonwealth University, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di numerosi istituti sparsi per il mondo. Fra quelli coinvolti la Facoltà di Scienze della Vita e Medicina del King's College di Londra; il Dipartimento di Scienze Mediche dell'Università di Torino; la Divisione di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione dell'Università di Chicago; il Centro tedesco per la ricerca sul diabete; e l'Università della Sorbona di Parigi. I ricercatori, coordinati dal professor Arun Sanyal, direttore dell'Istituto Stravitz-Sanyal per le malattie epatiche e la salute metabolica presso l'ateneo di Richmond, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto uno studio clinico di fase 3 randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo (il gold standard della ricerca scientifica) su 800 pazienti affetti dalla malattia epatica.

I partecipanti, provenienti da decine di Paesi diversi, sono stati suddivisi in due gruppi: il gruppo di intervento (534) ha ricevuto iniezioni settimanali di Semaglutide (dose da 2,4 milligrammi) e il gruppo placebo (266). Lo studio complessivo, ancora in corso, durerà 240 settimane, ma i primi risultati sono stati raccolti dopo un periodo di follow-up di 72 settimane, circa un anno e mezzo. Incrociando tutti i dati sono emersi i seguenti risultati: la steatoepatite senza peggioramento della fibrosi si è verificata nel 62,9 percento dei pazienti del gruppo Semaglutide e nel 34,3 percento del gruppo placebo; la riduzione della fibrosi senza peggioramento della steatoepatite è stata osservata nel 36,8 percento dei pazienti del gruppo Semaglutide e nel 22,4 percento di quelli nel gruppo placebo. Complessivamente la risoluzione del fegato grasso e la riduzione della fibrosi sono state osservate nel 32,7 percento dei pazienti del gruppo di intervento e nel 16,1 percento di quelli del gruppo placebo. Sono risultati che evidenziano in modo netto e chiaro i significativi benefici offerti dalla Semaglutide contro la malattia epatica. Anche la perdita di peso è stata sensibilmente maggiore nel gruppo di intervento, pari a una riduzione media del 10,5 percento, contro il 2,0 percento registrato nel gruppo placebo.

“I risultati di questo studio fondamentale condotto in 37 Paesi forniscono una solida prova che la Semaglutide può aiutare i pazienti affetti da MASH non solo migliorando la salute del fegato, ma anche affrontando i problemi metabolici sottostanti che contribuiscono alla malattia”, ha affermato in un comunicato stampa il professor Sanyal. La speranza, pertanto, è che il farmaco possa essere approvato anche contro la malattia del fegato grasso. “Se approvato, questo potrebbe offrire un'ulteriore opzione terapeutica per i pazienti con MASH e fibrosi. Questo è fondamentale, dato lo stretto legame tra MASH e patologie cardiovascolari, metaboliche e renali, in cui la Semaglutide ha già dimostrato comprovati benefici per la salute”, ha chiosato l'autore principale dello studio. I dettagli della ricerca “Phase 3 Trial of Semaglutide in Metabolic Dysfunction–Associated Steatohepatitis” sono stati applicati sul The New England Journal of Medicine, considerata la più autorevole rivista al mondo in ambito medico.

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