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I delfini spiaggiati lungo le coste della Scozia potrebbero avere l’Alzheimer

Lo suggeriscono i risultati delle analisi condotte da un team di ricerca britannico che ha rilevato i segni caratteristici della malattia nel cervello dei cetacei.
A cura di Valeria Aiello
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Tra che cause degli inspiegabili spiaggiamenti di delfini lungo le coste della Scozia potrebbe esserci una patologia simile all’Alzheimer, la malattia neurodegenerativa più comune negli esseri umani, in particolare negli anziani, nei quali si manifesta con sintomi come perdita di memoria, disorientamento e difficoltà nell’esecuzione delle normali attività quotidiane. Lo suggeriscono i risultati delle analisi condotte da un team di ricerca britannico che ha rilevato la presenza di alcuni marcatori della malattia nel cervello di almeno tre specie di cetacei incagliati. Secondo lo studio, recentemente pubblicato sull’European Journal of Neuroscience e rilanciato dalla CNN, la scoperta supporta la teoria del “leader malato”, per cui la confusione indotta dalla degenerazione cerebrale potrebbe aver spinto l’esemplare che guida il branco a commettere errori di navigazione che innescano gli spiaggiamenti di massa.

I marcatori dell’Alzheimer nel cervello dei delfini spiaggiati

Per l’analisi, la più approfondita e ampia per numero di specie diverse prese in esame – cinque in totale (stenelle di Risso, globicefali, delfini dal becco bianco, focene e tursiopi) – i ricercatori hanno valutato alcune delle caratteristiche neuropatologiche dell’Alzheimer in 22 odontoceti spiaggiati, evidenziando che i 18 esemplari più anziani mostravano tutti l’accumulo di placche amiloidi nel cervello, ovvero la presenza di formazioni amiloidi che negli umani è strettamente associata alla malattia. Di questi cetacei, tre esemplari di tre diverse specie (un globicefalo, un delfino dal becco bianco e un tursiope) presentavano anche accumuli intra-neuronali di tau iper-fosforilata, una proteina che in forma aggregata è un marker del declino cognitivo nei pazienti con Alzheimer, e cellule gliali che causano infiammazioni cerebrali.

La presenza simultanea di placche beta-amiloidi e l’accumulo di tau iper-fosforilata mostra che queste tre specie sviluppano spontaneamente una neuropatologia simile all’Alzheimer – spiegano gli studiosi nel documento di ricerca –  . Anche la loro distribuzione nel cervello è paragonabile alle regioni encefaliche degli umani con l’Alzheimer”.

I risultati, ha commentato alla CNN il dottor Mark Dagleish, co-autore dello studio e clinico senior di Patologia anatomica presso l’Università di Glasgow, sono “quanto di più vicino alla dimostrazione che qualsiasi animale sviluppa spontaneamente le lesioni associate alla malattia di Alzheimer”. Nello specifico, la neuropatologia degli esemplari più anziani, simile a quella degli umani, suggerisce che i mammiferi marini siano suscettibili alla malattia, sebbene la diagnosi possa effettuata solo in presenza di deficit cognitivi che generalmente richiedono valutazioni del deterioramento cognitivo, impossibili negli studi post-mortem.

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