I cibi ultraprocessati come il fumo, l’allarme dello studio: “Vedremo i veri effetti tra anni”

Nei supermercati, nei fast food, al bar, nelle nostre dispense, i cibi ultraprocessati sono davvero ovunque, ed evitarli può diventare davvero difficile. Parliamo di merendine, snack salati, affettati, bevande zuccherate e no, i cibi ultraprocessati sono tutti quegli alimenti ottenuti da diversi processi di lavorazione industriale e ricchi di ingredienti artificiali, come gli additivi, che servono a uniformare il sapore e ad allungarne la conservazione.
Si tratta di sostanze nuove per l'essere umano, essendo entrate a far parte della nostra dieta soltanto qualche decennio fa. E proprio come il fumo, i cui effetti sulla nostra salute sono emersi soltanto dopo anni dalla sua diffusione, anche i cibi ultraprocessati potrebbero rappresentare una minaccia anche peggiore di quella che possiamo immaginare oggi. A lanciare l'allarme è un nuovo studio della Florida Atlantic University, che ha trovato una nuova prova della pericolosità di questi alimenti nei livelli di infiammazione sistemica associati al loro consumo sul lungo periodo.
Lo studio
Nonostante questi alimenti siano stati associati a numerosi rischi per la salute, come quello di sviluppareobesità, malattie cardiovascolari e perfino alcuni tumori, il loro consumo continua a crescere. Negli Stati Uniti, secondo gli ultimi dati disponibili, rappresenterebbero addirittura il 60% dell'apporto calorico della dieta media degli adulti. Per misurare l'impatto del consumo di questi alimenti sul lungo periodo, i ricercatori hanno analizzato i dati di 9.254 adulti statunitensi registrati nel National Health and Nutrition Examination Survey.
Tra i dati analizzati erano indicate anche informazioni sulla loro dieta e diversi valori indicatori della loro salute, soprattutto i livelli della proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP). Questo valore è infatti un importante marcatore dell'infiammazione del corpo. Anche se negli ultimi tempi sta crescendo la consapevolezza sugli effetti sul lungo periodo di quest'ultima, non tutti ancora sanno che l'infiammazione, soprattutto quella di basso livello, è un nemico invisibile: quando il nostro corpo è sottoposto a un costante stato di infiammazione, seppure di lieve entità, può sviluppare diverse malattie cronico-degenerative, come quelle cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e l'obesità, nonché contribuire al rischio di patologie neuro-degenerative e diversi tumori.
Quando hanno calcolato l'apporto di alimenti ultraprocessati, i ricercatori hanno visto che i partecipanti assumevano in media il 35% delle loro calorie giornaliere da cibi ultraprocessati: il gruppo che ne consumava meno ne assumeva una percentuale compresa tra lo 0% e il 19%, mentre nella fascia con il consumo più alto, la percentuale di questi alimenti rappresentava il 60–79% dell'apporto calorico totale. Dopo aver tenuto conto di fattori che avrebbero potuto influenzare i valori della proteina C-reattiva, i ricercatori hanno calcolato che i partecipanti nei gruppi che consumavano oltre il 40%di alimenti ultraprocessati avevano una probabilità maggiore dell’11–14% di avere livelli più alti di infiammazione. Il rischio era maggiore nei partecipanti che avevano altri fattori pro-infiammatori, come l'età tra i 50 e i 59 anni, e soprattutto la presenza di obesità e altre abitudini sbagliate, come il fumo.
I cibi ultraprocessati come il fumo: l'ipotesi dei ricercatori
Questi risultati sono in pieno accordo con quanto emerso da una ricerca italiana condotta dall'Università di Roma Tor Vergata sugli effetti della dieta mediterranea biologica e la sua capacità di spegnere i geni responsabili dell'infiammazione.
Dato il peso crescente delle prove scientifiche che dimostrano l'impatto negativo degli alimenti ultraprocessati, a cui però non corrisponde un'adeguata attenzione per ridurne il consumo, i ricercatori hanno paragonato i cibi ultraprocessati alla storia del fumo, i cui effetti reali sono emersi solo dopo decenni e ancora più tempo è servito affinché venissero introdotte delle azioni concrete mirate ad aumentare la consapevolezza sui rischi del tabacco.
"Le multinazionali che producono alimenti ultra-elaborati sono molto influenti, proprio come le aziende del tabacco lo erano in passato, quindi i cambiamenti politici per promuovere cibi integrali e ridurre il consumo di cibi ultraprocessati potrebbero richiedere tempo", ha detto Charles H. Hennekens, uno degli autori dello studio.