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I batteri sulla Stazione Spaziale Internazionale si sono trasformati in qualcosa di mai visto prima

Un team di ricerca internazionale ha osservato che i batteri isolati sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) hanno sviluppato caratteristiche genetiche, metaboliche e funzionali uniche, mai viste prima sulla Terra. Sono un rischio perché super resistenti ai farmaci.
A cura di Andrea Centini
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I batteri a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) si sono trasformati, evolvendosi in un modo completamente diverso rispetto alle controparti sulla Terra. I microrganismi hanno infatti sviluppato caratteristiche genetiche, metaboliche e funzionali uniche, mai viste prima. Secondo gli esperti, questa radicale divergenza è legata all'ambiente estremo del laboratorio orbitante, nel quale i batteri devono affrontare molteplici sfide; fra esse microgravitàlivelli elevati di radiazioni e di CO2 (anidride carbonica).

La scoperta è significativa perché la specie batterica coinvolta nello studio – chiamata Enterobacter bugandensis – è notoriamente resistente agli antibiotici, un superbatterio classificato come patogeno opportunista, cioè in grado di scatenare infezioni in condizioni "favorevoli", ad esempio nelle persone malate, immunodepresse e immunocompromesse. Gli studi su questi ceppi unici trovati a bordo della ISS possono essere molto preziosi per proteggere la salute degli astronauti – ad esempio approntando antibiotici ad hoc – e delle future colonie umane su Luna, Marte e altrove nello spazio.

A scoprire che i batteri sulla Stazione Spaziale Internazionale sono evoluti in un modo completamente diverso da quelli presenti sulla Terra è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA, che ha sede presso il California Institute of Technology (CALTECH) di Pasadena. Hanno collaborato con i colleghi del Dipartimento di Biotecnologia dell'Istituto Indiano di Tecnologia di Madras e del Center for Integrative Biology and Systems mEdicine (IBSE). I ricercatori, coordinati dal dottor Kasthuri Venkateswaran, hanno analizzato i campioni batterici raccolti dagli astronauti in vari locali della ISS attraverso appositi tamponi e salviettine, successivamente inseriti in contenitori sterili e rispediti sulla Terra per le analisi di laboratorio. In una precedente indagine i ricercatori avevano identificato cinque ceppi di Enterobacter bugandensis, in particolar modo nella toilette e nella palestra della stazione spaziale. La nuova ricerca condotta da Venkateswaran e colleghi ha rilevato ben 13 ceppi dello stesso batterio, un gram negativo che si trova normalmente nell'intestino umano e che, come indicato, può trasformarsi in patogeno opportunista (ad esempio dando vita a infezioni dell'apparato urinario).

Gli studi passati avevano dimostrato che i batteri coltivati sulla ISS hanno una frequenza di mutazioni decine di volte superiore rispetto ai medesimi presenti sulla Terra nei geni legati alla resistenza ai farmaci. I 13 ceppi analizzati, spiegano gli scienziati nell'abstract del nuovo studio, mostrano "meccanismi di resistenza che li classificano all’interno del gruppo di patogeni ESKAPE, un insieme di agenti patogeni riconosciuti per la loro formidabile resistenza ai trattamenti antimicrobici". L'analisi genomica ha anche evidenziato la presenza di geni non osservati nelle controparti terrestri. Queste differenze sostanziali con i ceppi coltivati sulla Terra, secondo gli esperti, sarebbero legate proprio alla selezione determinata dall'ambiente estremo in cui vivono, “bombardato” di radiazioni solari e cosmiche, in microgravità e con alte concentrazioni di CO2. Le colonie superstiti agevolate dalle mutazioni si sono ben adattate a vari ambienti della ISS; i batteri, infatti, possono essere trovati in abbondanza in vari luoghi del laboratorio orbitante. I ceppi isolati, inoltre, convivevano con altri microrganismi, alcuni dei quali probabilmente potevano sopravvivere grazie alla presenza di E. bugandensis.

“Le implicazioni di questi risultati sono duplici. In primo luogo, fanno luce sul comportamento, l’adattamento e l’evoluzione dei microbi in ambienti estremi e isolati. In secondo luogo, sottolineano la necessità di solide misure preventive, garantendo la salute e la sicurezza degli astronauti mitigando i rischi associati a potenziali minacce patogene”, hanno spiegato Venkateswaran e colleghi nello studio.

Non c'è da stupirsi che i batteri portati dall'uomo nello spazio possano evolvere in modo totalmente diverso da quanto visto sulla Terra. Del resto, come ha evidenziato uno studio su due astronauti fratelli gemelli, l'ambiente estremo della stazione spaziale è talmente impattante che può renderli addirittura non più identici, a causa di una continua “esplosione di geni” in chi si trova in orbita. I dettagli della nuova ricerca “Genomic, functional, and metabolic enhancements in multidrug-resistant Enterobacter bugandensis facilitating its persistence and succession in the International Space Station” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Microbiome.

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