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Grasso bruno brucia-calorie, visto per la prima volta come attivarlo per perdere peso

Il grasso bruno, noto anche come tessuto adiposo bruno, aiuta a bruciare le calorie trasformandole in calore, facendo in modo che il nostro organismo mantenga una temperatura corporea stabile: un meccanismo appena scoperto dai ricercatori può attivarlo per favorire la perdita di peso e affrontare l’obesità.
A cura di Valeria Aiello
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Il grasso bruno, o tessuto adiposo bruno, è un tipo di grasso che si trova principalmente nella zona ascellare e interscapolare, intorno ai reni, al collo e lungo la spina dorsale. A destra, la distribuzione del grasso bruno in una donna / Credit: Wikipedia
Il grasso bruno, o tessuto adiposo bruno, è un tipo di grasso che si trova principalmente nella zona ascellare e interscapolare, intorno ai reni, al collo e lungo la spina dorsale. A destra, la distribuzione del grasso bruno in una donna / Credit: Wikipedia

Il grasso bruno, o tessuto adiposo bruno, è un tipo di grasso presente nel corpo umano che svolge importanti funzioni metaboliche. A differenza del più conosciuto grasso bianco, che immagazzina energia, il grasso bruno ha la capacità unica di bruciare calorie per produrre calore, facendo in modo che il nostro organismo mantenga una temperatura corporea stabile, soprattutto in condizioni di freddo – il grasso bruno è noto, in particolare, per prevenire l’ipotermia post-natale.

In altre parole, il grasso bruno inizia a funzionare ogni volta che abbiamo bisogno di calore extra, bruciando elevate quantità di zuccheri (glucosio) e molecole di grasso (lipidi) attraverso meccanismi di attivazione ben compresi. Ciò che però non è ancora ben chiaro sono i processi che portano al suo spegnimento subito dopo l’attivazione: un aspetto di particolare interesse per i ricercatori che stanno cercando di stimolare la sua attività per promuovere la perdita di peso e affrontare l’obesità.

Cos’è il grasso bruno e come attivarlo

Il grasso bruno, noto anche come tessuto adiposo bruno (BAT, dall’inglese brown adipose tissue) per la sua colorazione bruna dovuta all’elevata quantità di ferro, è un tipo di grasso corporeo la cui funzione primaria è la termoregolazione: rispetto al grasso bianco, che immagazzina energia, il grasso bruno ha infatti il compito principale di produrre calore attraverso la termogenesi senza brividi, un processo nel quale le calorie dei cibi che mangiamo vengono trasformate in calore, aiutandoci a mantenere una temperatura corporea stabile.

Questa strategia metabolica è utile soprattutto quando siamo esposti al freddo (il grasso bruno si attiva a basse temperature), ma è di particolare interesse anche per gli studiosi che stanno cercando un modo sicuro per regolare l’attività di questo tessuto e aumentare la sua capacità di bruciare calorie, quindi avvalersi del grasso bruno come targeting terapeutico per il trattamento dell’obesità.

Uno dei principali limiti di questo tipo di approcci risiede tuttavia in un meccanismo ancora poco conosciuto e che “spegne” il grasso bruno subito dopo la sua attivazione: un team di ricerca l’Università della Danimarca Meridionale e dell’Università di Bonn, in Germania, sembra però aver individuato l’interruttore responsabile di questo processo di spegnimento.

L’interruttore che “spegne” il grasso bruno

Il grasso bruno, particolarmente abbondante nei neonati ma comunque presente e metabolicamente attivo anche negli adulti, pur diminuendo di quantità durante l’infanzia e l’adolescenza, ha un meccanismo integrato che “lo spegne subito dopo l’attivazione”. Questo interruttore, spiegano i ricercatori che lo hanno appena scoperto, è una proteina, chiamata AC3-AT, una forma più corta (troncata) e finora sconosciuta dell’adenilato ciclasi 3 (AC3), che agisce frenando l’attività del grasso bruno, come dettagliato in articolo di ricerca pubblicato sulla rivista Nature Metabolism.

L’azione di questa proteina è stata osservata in modelli murini, studiando topi che, geneticamente, non avevano AC3-AT, nutriti con una dieta ricca di grassi per 15 settimane. “Abbiamo scoperto che i topi erano protetti dal diventare obesi, in parte perché erano semplicemente più bravi a bruciare calorie e in grado di aumentare i loro tassi metabolici attivando grasso bruno” ha affermato il co-autore principale dello studio, il dottor Hande Topel, ricercatore senior presso l’Università della Danimarca Meridionale e il Centro Novo Nordisk per la segnalazione degli adipociti (Adiposign).

Gli studiosi hanno inoltre osservato che, oltre ad accumulare meno grasso, i topi senza proteina AC3-AT avevano aumentato la massa magra rispetto a un gruppo di controllo. “Poiché AC3-AT si trova non solo nei topi ma anche negli esseri umani e in altre specie, ci sono implicazioni terapeutiche dirette per gli esseri umani” hanno aggiunto i ricercatori che, guardando al futuro, ritengono che trovare un modo per bloccare AC3-AT possa essere “una strategia promettente per attivare in modo sicuro il grasso bruno e affrontare l’obesità e i problemi di salute correlati”.

Prima di arrivare allo sviluppo di nuovi farmaci in grado di attivare il grasso bruno saranno comunque necessarie ulteriori ricerche, volte per chiarire i dettagli dell’azione di AC3-AT nei confronti di questo tessuto. “La comprensione di questo tipo di meccanismi molecolari fa luce non solo sulla regolazione del grasso bruno ma promette anche si svelare meccanismi simili in altri percorsi cellulari – ha aggiunto il professor Jan-Wilhelm Kornfeld dell’Università della Danimarca meridionale e coautore senior dello studio – . Questa conoscenza può essere determinante per migliorare la nostra comprensione di varie malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti”.

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