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Cambiamenti climatici

Giorgio, imprenditore agricolo ad alta quota: “I lamponi stanno sparendo e il motivo è sempre lo stesso”

Ai piedi del Gran Paradiso, la famiglia di Giorgio Elter gestisce dal 2007 un’azienda agricola biologica. Qualche anno fa insieme ad altre nove famiglie provenienti da tutta Europa ha denunciato l’Unione Europa per chiedere un maggiore impegno contro la crisi climatica. A Fanpage.it ha raccontato come i cambiamenti nel clima stanno minacciando il suo lavoro e il suo territorio.
Intervista a Giorgio Elter
Imprenditore agricolo
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Foto di Giorgio Elter
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Giorgio Elter è un imprenditore agricolo della Valle d'Aosta. Dal 2007 gestisce con la sua famiglia un piccolo b&b e un'azienda agricola nella provincia di Cogne, ai piedi del Gran Paradiso. Qualche anno fa, nel 2018, Giorgio ha preso parte, insieme ad altre nove famiglie provenienti da tutta Europa, a un'azione legale contro il Parlamento e il Consiglio europei.

Nota anche come People Climate's Clime, è stata di fatto il primo caso giudiziario europeo sul clima. L'obiettivo era chiedere alle istituzioni europee uno sforzo maggiore contro il cambiamento climatico, rispetto agli inadeguati – secondo i querelanti – obiettivi climatici per il 203o stabiliti dall'Ue. Alla fine però, nonostante il forte impatto mediatico, nel 2021 la Corte di giustizia ha deciso di respingere la richiesta di quelle dieci famiglie per "mancanza di applicabilità esclusiva".

Oggi, dopo ormai sette anni da quell'azione storica, sul fronte della crisi climatica non è cambiato molto, se non in peggio. Come se non bastasse, negli ultimi tempi, la crisi climatica sembra essere scivolata sempre più in basso nell'agenda dei principali governi occidentali, Unione Europea compresa. In questo contesto, quanto meno problematico, Fanpage.it ha contattato Giorgio Elter per capire cosa sta accadendo e come il cambiamento climatico sta cambiando il suo lavoro.

Giorgio, raccontaci meglio in cosa consiste la tua azienda?

Ho due attività in parallelo, la principale è un'azienda agricola a 1.800 metri di quota proprio nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, un'area particolarmente tutelata dal punto di vista ambientale. Siamo nati nel 2007 come azienda di ortaggi, piccoli frutti ed erbe aromatiche e dall'inizio siamo sempre stati un'azienda completamente biologici.

Come il cambiamento climatico ha cambiato il tuo territorio? 

Il cambiamento climatico, pur essendo veloce rispetto alle ere geologiche, per noi essere umani produce effetti visibili soltanto in tempi molto lunghi, parliamo di decine di anni. Io ad esempio vedo dei cambiamenti nella natura molto progressivi. In primo luogo, il ritiro dei ghiacciai su tutto l'arco alpino ed è molto preoccupante. Nel giro di dieci anni il ghiacciaio del Gran Paradiso, uno dei più grandi sulle Alpi Occidentali, si è ritirato di almeno 400 metri e soprattutto stiamo registrando una riduzione della massa del ghiaccio molto importante. Questo è un campanello d'allarme che non può essere sottovalutato. Qui, ma in generale in tutto il Nord Italia, i ghiacciai sono la prima fonte di acqua per usi antropici.

E il tuo lavoro? 

Nella mia azienda agricola cerco di coltivare soprattutto piante spontanee, in base a quello che offre il territorio, ed è evidente come negli anni alcune piante stiano regredendo perché non trovano più le condizioni ideali per vivere.

Un esempio?

Quando ero piccolo mi ricordo che raccoglievo secchi interi di lamponi. Oggi, invece, anche se vado negli stessi posti della mia infanzia, sono molto più difficili da trovare.

Cosa c'entra il cambiamento climatico con i lamponi?

Il fatto è che il lampone soffre molto la carenza di neve perché la espone ai forti freddi invernali: il lampone spontaneo è una pianta molto bassa, quindi quando nevicava regolarmente e si accumulavano uno o due metri di neve, la pianta rimaneva coperta e quindi protetta dal freddo.

Oggi invece cos’è cambiato?

Oggi ormai la neve è sempre un punto interrogativo. Ci sono degli anni che non nevica quasi per niente, altri in cui nevica ma molto tardi. Spesso si arriva a Natale senza neve e c'è solo quella artificiale per sciare. E quindi cosa succede? Che il lampone rimane esposto ai geli intensi, che invece continuano a esserci, e questi seccano le gemme che dovrebbero fiorire in primavera.

Ma questo è solo uno dei tanti effetti: quando era piccolo il mese del disgelo era maggio ed era normalissimo sciare fino a Pasqua. Oggi invece è tutto anticipato di più di un mese: già a inizio aprile la neve non c’è più, fa più caldo, le temperature arrivano a toccare anche i 15 gradi di giorno. Quindi le piante iniziano ad aprire le gemme in anticipo, ma questo le espone alle gelate tardive che invece continuano a esserci.

Hai perdite a livello economico a causa delle variazioni del clima?

Ci sono stati degli anni in cui ho avuto danni pesanti su alcune coltivazioni per delle gelate improvvise. Ma in generale, riesco a sopravvivere ancora perché ho diverse coltivazioni. Se un anno non c’è un prodotto, ce n’è un altro. In agricoltura ti adatti: come sta succedendo ora in Sicilia, dove a causa delle carenze idriche e dell’aumento di temperature, i contadini stanno inviando a coltivare gli avocado. Per il turismo però trovare una soluzione immediata, soprattutto quando si verificano eventi estremi, è più difficile.

Ti riferisci a un episodio in particolare? 

L’anno scorso, a giugno, a Cogne c’è stata una grossa alluvione: in tre ore sono caduti 150 mm di pioggia, rispetto a una media annuale che si aggira sui 600-700 mm all'anno. Forse negli ultimi 1000 anni una pioggia così non l’hanno vista in tanti, almeno stando alle statistiche. Ovviamente il terreno non ha retto e la piena del torrente ha portato via un pezzo di strada regionale che porta ad Aosta. Risultato? Praticamente Cogne è rimasta chiusa ai turisti per tutto il mese di luglio.

Questo non ha avuto un impatto diretto soltanto sulle strutture ricettive, ma anche indiretto sugli  imprenditori che lavorano in altri settori, come me. Anche se la mia è azienda agricola, per la mia attività i turisti sono fondamentali: è chiaro che se per un intero mese di alta stagione, non ci sono turisti, le perdite possono essere molto gravi.

Ci hai raccontato che la tua è un’azienda a conduzione famigliare. Sei preoccupato per il futuro delle tue figlie?

Per il loro futuro lavorativo non tanto, perché ormai sono grandi e hanno il loro lavoro. Però, certo, l’idea che magari nell’arco di un secolo il mio paese si spopolerà perché non ci sono più le condizioni per viverci è piuttosto tragica.

Quindi sei preoccupato anche per chi verrà dopo di te.

Certo. È vero, il cambiamento climatico agisce lentamente e magari gli effetti più dirompenti lo li vedremo perché non ci saremo già più. Ma questo fatto di pensare sempre alle cose prendendo come orizzonte temporale la nostra vita deve pur finire perché è uno dei mali che ha portato a tutto questo. Se pensi solo a te stesso e alla tua breve esistenza su questo Pianeta chiaramente fai cose che non sono compatibili con la sostenibilità.

Cosa significa per te sostenibilità?

Lasciare alle generazioni future un mondo, se non migliore, almeno uguale a quello che hanno lasciato a me i miei nonni e i miei genitori.

Esiste un problema etico che ci spinge a non ragionare in questo modo.

È per questo senso di responsabilità che hai denunciato l'Ue?

Quella causa non aveva lo scopo di un risarcimento economico, ma era una battaglia simbolica per costringere in qualche maniera la Commissione Europea o comunque il Parlamento Europeo a prendere dei provvedimenti più importanti, più decisivi contro il cambiamento climatico.

Come ti sei sentito dopo la decisione della Corte?

Male. Mi sarebbe piaciuto che si fosse almeno aperto un dibattito su questo argomento nelle sedi europee. Ma mi auguro che ce ne saranno altre azioni di questo tipo. Almeno lo spero. Soprattutto considerata la direzione che sta prendendo il mondo occidentale in questi ultimi mesi, che ritiene più importante spendere in armamenti che nella green economy.

Spero che la gente si renda presto conto del baratro in cui ci stiamo buttando.

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