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Finalmente sappiamo come cambia la nostra concentrazione quando digiuniamo: non è come pensavamo

Uno dei dubbi più comuni sul digiuno intermittente riguarda il timore di possibili effetti negativi sulla concentrazione e il livello di attenzione. I risultati del più ampio studio condotto in materia sembra però suggerire che almeno per quanto riguarda gli adulti quasi sempre questa convinzione è infondata.
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I pro e i contro del digiuno intermittente rappresentano uno degli argomenti più dibattuti negli ultimi anni dagli esperti di alimentazione, nonché uno dei temi in fatto di alimentazione su cui le persone hanno più dubbi. Quando si tratta questo argomento la domanda è sempre la stessa: fare il digiuno fa bene o male? In realtà, oggi sappiamo che per la maggior parte delle persone sane e se eseguito rigorosamente sotto controllo medico, il digiuno intermittente può avere importanti benefici, non solo sulla perdita di peso nelle persone con obesità, ma anche sulla regolazione dei livelli di glucosio nel sangue e in genere sulla nostra salute metabolica, come spiega anche l'Associazione Medici Diabetologi.

Ma un dubbio continua a rimanere irrisolto: ovvero come la nostra mente può reagire quando smettiamo di fornire cibo al corpo per diverse ore. Molte persone, infatti, sono convinte che durante il digiuno perderebbero la concentrazione e farebbero fatica a svolgere le loro normali attività quotidiane. Per fare finalmente chiarezza, due ricercatori, Christoph Bamberg e David Moreau, hanno realizzato una delle più estese meta-analisi sull'argomento, che ha incluso ben 71 studi indipendenti, condotti in un arco temporale di circa 70 anni, dal 1958 al 2025, per un totale di 3.484 partecipanti.

Cos'è emerso da questo studio

"Dopo aver unito i dati, la nostra conclusione è stata chiara – spiega in un articolo su The Conversation David Moreau, della University of Auckland, in Nuova Zelanda -non c'è nessuna differenza rilevante nelle prestazioni cognitive tra adulti sani a digiuno e non a digiuno". Ovvero, è emerso che i punteggi nei test di memoria, attenzione e funzioni esecutive a cui sono stati sottoposti i partecipanti non variavano in base al fatto che avessero mangiato da poco o fossero a digiuno.

Questi risultati sfaterebbero quindi – sostengono gli autori – una delle convinzioni più radicate nella nostra cultura, ovvero quella secondo cui mangiare in modo regolare, senza saltare mai nessun pasto principale, sia indispensabile per mantenerci reattivi e svegli.

Le differenze in base all'età

Tuttavia, lo studio ha osservato che diversi fattori possono modificare l'effetto del digiuno sulle prestazioni cognitive, anche in modo negativo. La variante più importante che hanno segnalato è l'età: nei bambini e negli adolescenti infatti il digiuno ha influenzato in modo negativo i risultati nei test. Questo probabilmente perché in queste fasce d'età l'organismo risente di più delle variazioni nell'apporto energetico. Per questo motivo gli autori ribadiscono l'importanza di non far saltare mai la colazione a bambini e adolescenti prima della scuola.

Un altro fattore interessante è la durata del digiuno: sembra infatti che le variazioni nei risultati dei test siano state meno evidenti durante i digiuni più lunghi. Probabilmente perché è proprio quando si è a digiuno da diverse ore (almeno 12) che si attiva la chetosi e i chetoni agiscono come fonte energetica sostituendosi al glucosio.

I benefici noti del digiuno

Come spiega Moreau, l'obiettivo di questa revisione era capire come ottenere i benefici del digiuno intermittente senza rischiare un peggioramento delle nostre capacità cognitive, come in molti temono proprio in virtù della convinzione di cui parlavamo prima.

I benefici del digiuno intermittente sono stati infatti riconosciuti ormai su ampia scala. "Il digiuno non è solo una moda o un trucco dietetico. Si basa su un sistema biologico che si è affinato lungo millenni per aiutare gli esseri umani a far fronte alla scarsità di cibo", spiega Moreau.

Tuttavia, vale la pena ricordare – come specifica anche la Fondazione Airc – che non tutte le persone sono adatte al digiuno intermittente, come le donne in gravidanza, i minori o chi presenta particolati condizioni di salute. Per questo, prima di iniziare il digiuno intermittente, è fondamentale chiedere al proprio medico.

Non si tratta solo di peso

In sostanza, quando noi mangiamo in modo regolare, il nostro cervello prende l'energia dal glucosio, che si trova immagazzinato nel corpo come glicogeno. Tuttavia, dopo circa 12 ore di digiuno le riserve di glicogeno si esauriscono e a quel punto il corpo attiva un processo chiamato chetosi: "Il corpo prende l'energia spacchettando le cellule grasse, dalle quali si producono i chetoni, sostanze acide sintetizzate dal fegato a partire dalla massa grassa", aveva spiegato a Fanpage.it il nutrizionista Pietro Mignano.

La produzione di questi chetoni, oltre a fornire una fonte di energia alternativa al corpo, è associata ad alcuni importanti benefici per il nostro organismo. In primis, l'attivazione dell'autofagia, un processo di pulizia cellulare fondamentale per il sano invecchiamento delle cellule, attraverso cui queste cannibalizzano le loro parti inutilizzate e gli scarti potenzialmente dannosi.

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