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Farmaci comuni alterano l’intestino anche anni dopo l’uso: un nuovo studio rivela quali sono

Alcuni farmaci ampiamente utilizzati alterano la comunità microbica che vive nell’intestino, causando cambiamenti che persistono anche anni dopo averli assunti: tra questi, non ci sono solo gli antibiotici, ma anche i medicinali per la pressione alta, contro il reflusso gastro-esofageo e per trattare l’ansia e i disturbi del sonno.
A cura di Valeria Aiello
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Non solo gli antibiotici, ma anche ma anche i beta-bloccanti, gli antidepressivi, le benzodiazepine e perfino gli inibitori della pompa protonica che milioni di persone assumono per il reflusso acido e il bruciore di stomaco: sono questi alcuni dei farmaci di uso comune che possono alterare la comunità microbica che vive nell’intestino anche molto tempo dopo aver smesso di assumerli. Questi effetti, spiegano gli autori di un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica mSystem, continuano ad essere rilevabili per anni dopo l’uso, con alcuni cambiamenti visibili anche a distanza di decenni.

Abbiamo identificato alterazioni del microbioma intestinale per una serie di farmaci antibiotici e non antibiotici, come derivati dall’assunzione di benzodiazepine, antidepressivi e glucocorticoidi, tra gli altri” hanno spiegato gli autori dello studio che, esaminando campioni di feci e dati di prescrizione di oltre 2.500 persone, hanno scoperto che la maggior parte dei farmaci analizzati era associata a cambiamenti misurabili nel microbioma intestinale.

Queste alterazioni possono influire sulla salute digestiva, il sistema immunitario e il metabolismo, sollevando nuovi interrogativi sugli effetti a lungo termine di medicinali largamente prescritti.

Farmaci di suo comune alterano l’intestino per anni: cosa dice lo studio

Alcuni farmaci possono lasciare impronte durature nel microbioma intestinale, influenzando la composizione della comunità microbica dell’intestino anche molto tempo dopo averli assunti.

Tra questi, non ci sono solo gli antibiotici, come ad esempio i macrolidi, i fluorochinoloni e diverse classi di penicilline: dei 186 farmaci di uso comune analizzati dagli studiosi, 167 sono risultati associati a cambiamenti nel microbioma intestinale durante l’uso, di cui 78 – circa il 42% – hanno mostrato anche quelli che gli studiosi chiamano “effetti di trascinamento”, durati ben oltre il periodo di trattamento.

Farmaci come i beta-bloccanti, comunemente prescritti per l’ipertensione e per proteggere il cuore da ritmi cardiaci anomali, sono stati associati a cambiamenti nella flora batterica intestinale rilevabili anche dopo aver interrotto l’assunzione diversi anni prima. Lo stesso vale per i derivati delle benzodiazepine come Xanax e Valium , utilizzati per trattare l’ansia e i disturbi del sonno.

Anche gli antidepressivi, in particolare gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, hanno mostrato effetti di trascinamento. Lo stesso vale per gli inibitori della pompa protonica, tra i farmaci più utilizzati per trattare il reflusso gastro-esofageo e il bruciore di stomaco.

In alcuni casi, più farmaci sono stati assunti in passato, maggiore è stato l'effetto osservato nel microbioma attuale. Il modello “additivo” suggerisce che la storia dei farmaci si accumula nel tempo, anziché semplicemente svanire al termine del trattamento.

È interessante notare che le benzodiazepine, comunemente prescritte per l'ansia, hanno prodotto alterazioni del microbioma simili a quelle osservate con antibiotici ad ampio spettro – hanno evidenziato gli studiosi, guidati dal dottor Oliver Aasmets dell'Estonian Genome Centre dell’Università di Tartu, in Estonia – . Il nostro studio ha anche rivelato che farmaci all’interno di una stessa categoria, come diazepam e alprazolam, possono variare nell’entità del disturbo dell'equilibrio microbico intestinale”.

Come osservato dalla professoressa Elin Org, autrice corrispondente dello studio, l’uso di farmaci in passato può essere altrettanto importante quanto un fattore decisamente forte nello spiegare le differenze individuali del microbioma. “I nostri risultati dimostrano che l’uso passato di farmaci può spiegare un’ulteriore variabilità indipendente dall’uso attivo di farmaci, suggerendo che l’effetto dell’uso di farmaci è sottostimato – ha affermato la genetista e direttrice del dell'Estonian Genome Centre – . Ci auguriamo che incoraggino i ricercatori e medici a tenere conto della storia clinica dei farmaci assunti dai pazienti quando studiano o interpretano i dati sul microbiota intestinale”.

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