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Cosa succede davvero al nostro cervello dopo le abbuffate di Natale

Memoria, appetito e metabolismo: perché concedersi un’abbuffata è lecito, ma prolungare gli eccessi può avere conseguenze sul corpo.
A cura di Elisabetta Rosso
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Tavole imbandite, porzioni abbondanti e pasti che si protraggono per ore fanno parte della tradizione natalizia. Ma cosa accade davvero al nostro corpo – e in particolare al cervello – quando mangiamo molto più del solito? La dieta influisce in modo diretto sul funzionamento del cervello: sostiene processi fondamentali come memoria, attenzione e regolazione dell’umore, oltre a giocare un ruolo chiave nella salute mentale. Ma gli effetti di un’abbuffata occasionale, come un classico pranzo di Natale, sono meno intuitivi.

Perché il nostro corpo regge male un grande pasto

Dal punto di vista evolutivo, l’organismo umano è molto più preparato a fronteggiare la scarsità che l’eccesso. Per millenni, il problema principale è stato procurarsi cibo a sufficienza, non limitarlo. Fame e irritabilità (“hanger”) sono potenti attivatori biologici che ci spingono a mangiare, spesso preferendo alimenti ad alta densità energetica.

Studi su animali mostrano che alcune aree dell’ipotalamo, fondamentali per il controllo dell’appetito, si “calmano” già alla vista o all’odore del cibo, ancora prima che venga ingerito. Una volta trovato il cibo, il cervello spegne gradualmente i segnali di ricerca. L’eccesso, storicamente raro, produce effetti più lenti e meno immediati.

Cosa succede quando mangiamo troppo

Durante un pasto, il nostro organismo attiva un complesso sistema di segnali per comunicare al cervello che stiamo raggiungendo la sazietà. Ormoni prodotti dall’intestino, metaboliti derivati dalla digestione e l’insulina rilasciata dal pancreas collaborano per mantenere stabile la glicemia.

Secondo Tony Goldstone, endocrinologo e docente all’Imperial College di Londra, questi segnali non arrivano tutti nello stesso momento: alcuni sono rapidi, altri più lenti, ma insieme informano il cervello che è ora di smettere di mangiare.

Un’abbuffata ogni tanto fa male?

Un pasto abbondante, se occasionale, sembra avere un impatto limitato sul metabolismo, almeno nelle persone sane. Lo dimostra uno studio pubblicato nel 2020 dal fisiologo Aaron Hengist, allora ricercatore presso i National Institutes of Health negli Stati Uniti.

Nello studio, 14 uomini giovani in buona salute hanno partecipato a due sessioni sperimentali: in una mangiavano pizza fino a sentirsi comodamente sazi, nell’altra fino al limite della sopportazione. Nel secondo caso, l’apporto calorico era circa il doppio. Eppure, nelle quattro ore successive, i livelli di zuccheri e grassi nel sangue non risultavano più alti rispetto a un pasto normale. Il corpo, semplicemente, compensava producendo più insulina e ormoni intestinali.

"Siamo rimasti sorpresi dal fatto che, nonostante il doppio dell'assunzione di energia, il corpo regolava notevolmente bene la glicemia", ha spiegato Hengist alla Bbc." Il risultato suggerisce che una singola “abbuffata” non è così dannosa. Tuttavia, va precisato che lo studio ha coinvolto solo uomini giovani e normopeso: non è detto che le stesse conclusioni valgano per donne, persone anziane o soggetti in sovrappeso.

Conta cosa mangiamo e per quanto tempo

Ci sono fattori che possono influire sugli effetti delle abbuffate natalizie: la durata e cosa cosa mangiamo. Studi scientifici mostrano che pasti abbondanti ripetuti, soprattutto a base di cibi ricchi di grassi, zuccheri e alcol, possono mettere sotto stress il nostro organismo.  Nel tempo, condizioni come la steatosi epatica non alcolica — spesso legata a diete ricche di zuccheri e grassi saturi — sono associate a infiammazione cronica e a una riduzione dell’apporto di ossigeno al cervello, fattori che aumentano il rischio di declino cognitivo

Un lavoro guidato da Stephanie Kullmann, neuroscienziata dell’Università di Tubinga, ha mostrato che bastano cinque giorni di extra calorici (circa 1.200 kcal al giorno in snack ultra-processati) per alterare la risposta del cervello all’insulina. In particolare, le aree coinvolte nella memoria e nel controllo dell’appetito diventano meno sensibili, un quadro simile a quello osservato in persone obese da anni, anche senza aumento di peso immediato.

Ancora più interessante: una settimana dopo il ritorno alla dieta normale, alcune alterazioni cognitive erano ancora presenti, suggerendo che il cervello reagisce più rapidamente del corpo ai cambiamenti alimentari.

Quindi: è lecito esagerare a Natale?

Le evidenze scientifiche convergono su un punto: un pranzo o una cena eccezionalmente abbondanti, come quelli delle feste, non rappresentano un pericolo per il cervello nelle persone sane. Il problema nasce quando l’eccezione diventa abitudine o si prolunga per giorni consecutivi, soprattutto con alimenti molto zuccherati e ricchi di grassi. In questi casi, anche periodi relativamente brevi possono lasciare tracce durature sul metabolismo e sulle funzioni cerebrali.

In altre parole: godersi il pranzo di Natale senza sensi di colpa è più che lecito. Ma, come spesso accade, è l’equilibrio nel tempo – più che il singolo eccesso – a fare davvero la differenza.

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