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Cosa mangiavano davvero i dinosauri: analizzato per la prima volta l’ultimo pasto di un sauropode

Grazie ad analisi condotte con raggi X e neutroni su una cololite, il fossile dell’ultimo pasto di un dinosauro, i ricercatori hanno scoperto cosa e come effettivamente mangiavano i “colli lunghi”. Ecco cosa è emerso.
A cura di Andrea Centini
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Illustrazione di Judy. Credit: Travis Tischler
Illustrazione di Judy. Credit: Travis Tischler

Quando si pensa ai sauropodi — i dinosauri dal collo lungo come Brachiosaurus, Brontosaurus e Diplodocus — la prima immagine che torna alla mente è quella di giganteschi e placidi erbivori, magari intenti a masticare qualche saporita conifera. I fan di Jurassic Park ricorderanno bene la scena in cui il dottor Alan Grant (Sam Neill) nutre un brachiosauro dalla cima di un albero, assieme ai due ragazzini protagonisti. Del resto, tutto nei sauropodi suggerisce che la loro non potesse essere una dieta da carnivoro: la testa piccola con un cervello sottodimensionato, infatti, mal si sposa con l'astuzia di un predatore, così come la peculiare struttura corporea e soprattutto quella dei denti fossili. Essa era infatti generalmente piatta e adatta a schiacciare e tritare, e non a strappare e lacerare come nel caso del tirannosauro (Tyrannosaurus rex).

Tuttavia, fino ad oggi, questa idea dei sauropodi erbivori non era suffragata da prove dirette, ma solo da teorie, intuizioni e supposizioni. Grazie alla recente scoperta di una cololite — il fossile del contenuto intestinale — associata a un sauropode australiano, però, i paleontologi sono finalmente riusciti a confermare la dieta di questi enormi rettili estinti, con qualche sorpresa interessante.

Tutto ha avuto inizio nel 2017, quando gli scienziati dell’Australian Age of Dinosaurs Museum di Winton (Queensland) hanno riportato alla luce i resti di "Judy", un sauropode della specie Diamantinasaurus matildae. Questo dinosauro, appartenente al gruppo dei titanosauriformi, si rivelò particolarmente interessante non solo per essere il sauropode più completo mai rinvenuto in Australia, ma anche per essere il primo con pelle fossilizzata.

Judy. Credit: Travis Tischler
Judy. Credit: Travis Tischler

È proprio sotto lo strato di pelle che i ricercatori fecero una scoperta ancora più sorprendente: trovarono un grande blocco di roccia all’altezza dell’addome che non poteva essere altro che una cololite, ovvero — come già indicato — i resti fossilizzati dell’ultimo pasto dell’animale, presente nell’intestino e dunque non ancora espulso. Come spiegato in un articolo su The Conversation dal dottor Stephan Poropat, ricercatore associato presso la Facoltà di Scienze della Terra e dei Pianeti dell’Università Curtin e tra gli esperti che hanno estratto Judy, lo “strano strato di roccia” nella regione addominale del dinosauro “aveva una superficie di circa due metri quadrati e uno spessore medio di dieci centimetri”, ma soprattutto era “pieno di piante fossili”.

Gli scienziati hanno potuto analizzare accuratamente il contenuto di questa cololite utilizzando due tecniche diverse — ai raggi X presso l’Australian Synchrotron di Melbourne e il CSIRO di Perth, e con neutroni presso l’Australian Nuclear Science and Technology Organisation di Sydney — facendo alcune scoperte molto interessanti. Innanzitutto, sono state identificate brattee (o ipsofilli) di conifere, ovvero foglie modificate che in genere si trovano alla base di fiori e infiorescenze; poi sono emersi resti di foglie di piante angiosperme e corpi fruttiferi di felci.

La pelle fossilizzata di Judy. Credit: Stephen Poropat et al. / Current Biology
La pelle fossilizzata di Judy. Credit: Stephen Poropat et al. / Current Biology

Insomma, l’ultimo pasto di Judy fu completamente vegetale, confermando le teorie più accreditate sull’alimentazione dei sauropodi. Ma non solo: i ricercatori hanno trovato i resti fossilizzati di queste piante quasi completamente integri. Ciò significa che i sauropodi non masticavano molto il cibo — come mostra l’iconica scena di Jurassic Park — ma ingurgitavano quanto prelevato quasi interamente. Come spiegato dal dottor Poropat, “la maggior parte del lavoro digestivo era svolto dalla loro flora intestinale”.

Credit: he Conversation
Credit: he Conversation

Quando perse la vita, Judy era ancora in accrescimento, e la sua dieta era probabilmente variabile, comprendendo sia le basse angiosperme che le alte conifere. Ricordiamo che il sauropode Diamantinasaurus matildae, risalente al Cretaceo medio (tra i 101 e i 94 milioni di anni fa), aveva una lunghezza stimata di 16 metri, un’altezza di 4 metri al garrese e un peso compreso tra le 25 e le 30 tonnellate. Non era il sauropode più grande, considerando che Argentinosaurus probabilmente arrivava a 40 metri di lunghezza, mentre Diplodocus a 33 metri. Alcuni frammenti del sauropode Bruhathkayosaurus suggeriscono che quest’animale potesse addirittura arrivare a 50 metri, anche se non ci sono conferme.

Ciò che è certo è che ora sappiamo davvero come mangiavano i sauropodi. “Questo cololite di Diamantinasaurus fornisce la prima prova diretta ed empirica di erbivoria nei sauropodi, dimostrando un’alimentazione generalista, un brucamento da basso ad alto livello e una minima elaborazione orale del cibo”, hanno concluso Poropat e colleghi. I dettagli dell'affascinante ricerca “Fossilized gut contents elucidate the feeding habits of sauropod dinosaurs” sono stati pubblicati su Current Biology.

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