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Autismo, scienziati fanno regredire i sintomi in test di laboratorio: speranze per nuove terapie

Ricercatori della prestigiosa Università di Stanford (Stati Uniti) sono riusciti a far regredire i sintomi dei disturbi dello spettro autistico in modelli murini. Identificata un’area del cervello come possibile bersaglio terapeutico per nuovi trattamenti.
A cura di Andrea Centini
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I ricercatori sono stati in grado di invertire i sintomi dei disturbi dello spettro autistico in test di laboratorio: fra quelli fatti regredire figurano i comportamenti ripetitivi; la maggiore sensibilità agli stimoli; l'isolamento sociale; l'iperattività motoria e la suscettibilità alle crisi epilettiche. Tale risultato è stato ottenuto in particolari modelli murini (topi) geneticamente modificati, che presentano una sintomatologia affine a quella dell'autismo nelle persone.

Tra gli aspetti più significativi della nuova ricerca vi è il fatto che è stato trovato uno stretto legame con i meccanismi biologici che innescano l'epilessia e la condizione del neurosviluppo. Non a caso, la regressione dei sintomi è stata ottenuta proprio grazie a un farmaco antiepilettico sperimentale noto come Z944. Lo stesso risultato è stato raggiunto attraverso un trattamento genetico chiamato “neuromodulazione basata su DREADD”, progettato per modificare i neuroni e renderli sensibili a determinati farmaci. In entrambi i casi è stato identificato il coinvolgimento di una specifica regione del cervello nota come nucleo reticolare del talamo, che potrebbe dunque diventare un prezioso bersaglio per future terapie.

A far regredire i sintomi dell'autismo in modelli murini OGM è stato un team di ricerca statunitense della Facoltà di Medicina della prestigiosa Università di Stanford. I ricercatori, coordinati dai professori John Huguenard e con Sung-Soo Jang del Dipartimento di Neurologia e Scienze Neurologiche presso l'ateneo californiano, sono giunti a questo risultato dopo aver sottoposto ad alcuni esperimenti dei topi knockout per il gene Cntnap2. Questi topi geneticamente modificati presentano una sintomatologia simile a quella dei disturbi dello spettro autistico, come la maggiore suscettibilità alle convulsioni, una divergente attività motoria e i comportamenti ripetitivi.

Precedenti studi avevano osservato che anomalie della regione talamocorticale risultavano coinvolte nello sviluppo dei suddetti sintomi, tuttavia i meccanismi di innesco non erano chiari. Per questo motivo il professor Huguenard e colleghi si sono concentrati sul nucleo reticolare del talamo, un'area del cervello che gioca un ruolo fondamentale nello scambio di informazioni tra talamo e corteccia cerebrale. Questa regione è basata principalmente su neuroni GABAergici (inibitori) ed è coinvolta anche nell'attenzione e in specifiche fasi del sonno. Attraverso specifiche analisi elettrofisiologiche i ricercatori hanno osservato che l'iperattività dei neuroni del nucleo reticolare del talamo era strettamente associata ai comportamenti legati ai disturbi dello spettro autistico.

Poiché questa regione del cervello è coinvolta anche nell'epilessia e le persone con autismo hanno il 30 percento delle probabilità in più della popolazione generale di soffrire di crisi epilettiche, i ricercatori hanno tentato due strade diverse per “inibire” i suoi neuroni: il sopracitato farmaco sperimentale antiepilettico e una peculiare terapia genetica. Come indicato, in entrambi i casi sono riusciti a far regredire i sintomi dell'autismo nei modelli murini, rendendo il nucleo reticolare del talamo un bersaglio interessante per nuove terapie. Recentemente è stato determinato che anche il modo di camminare può essere un sintomo di autismo. I dettagli della nuova ricerca “Reticular thalamic hyperexcitability drives autism spectrum disorder behaviors in the Cntnap2 model of autism” sono stati pubblicati su ScienceAdvances.

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