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Il friariello: l’antica origine della pietanza più amata dai napoletani

La cucina è espressione di cultura: nel caso del friariello, di una cultura popolare capace di trasformare gli scarti delle pietanze più raffinate in un prelibato ingrediente alla portata di tutti.
A cura di Federica D'Alfonso
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Le strade di Napoli in una stampa del 1852.
Le strade di Napoli in una stampa del 1852.
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Fritti in padella con aglio e peperoncino o come contorno di gustosi piatti di carne, i friarielli sono una pietanza immancabile sulla tavola di migliaia di napoletani. Il loro inconfondibile sapore viene da lontano, dai tempi degli angioini, portando con sé tradizioni e usanze radicate nell’anima più popolare della città.

Conosciuti ed utilizzati anche al di fuori dei confini campani (una variante molto gustosa del tipico broccolo partenopeo è presente addirittura nella cucina cinese), i friarielli sono uno degli ingredienti più semplici e allo stesso tempo ricercati della tradizione culinaria meridionale. Il loro nome ha origini incerte, anch’esse radicate nella storia più antica di Napoli: secondo alcuni il loro inconfondibile appellativo deriverebbe dallo spagnolo “frio grelos”, che designa i tipici broccoli invernali, mentre secondo altri dall’usanza di “friggerli” in padella con olio e aglio.

Qualunque sia il motivo del loro nome, una cosa è certa: è solo ed esclusivamente nel territorio campano che si deve cercare se si vuole conoscere ed apprezzare questo alimento. Anticamente era la collina del Vomero ad essere terreno privilegiato di coltivazione, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “o’ colle d’ ‘e friariell”. Oggi sono diffusi soprattutto nella zona a nord-est di Napoli, fra Aversa e Sant’Antimo, nelle province di Avellino e Benevento e nella piana del Sele.

Le “zandraglie” e la storia del friariello

Come molti piatti della tradizione più tipicamente popolare, anche i friarielli hanno un’origine umile, legata alla lunga storia di dominazioni che si sono succedute sul territorio. A partire dal VX secolo, quando Alfonso il Magnanimo sposta la capitale dell’Impero da Barcellona a Napoli e la città diviene gradualmente una delle più popolose d’Occidente, le necessità primarie della popolazione più povera si modificano, portando all’esigenza di trovare nuovi modi per sopravvivere.

Ed è qui che la storia del friariello si intreccia con quella delle “zandraglie”: un termine dispregiativo utilizzato dai nobili spagnoli per definire le donne del volgo. Ma la funzione di queste donne era molto precisa ed importante: esse si recavano presso le cucine dei nobili dove i cuochi regalavano loro gli avanzi di cibo e gli scarti dei ricchi piatti dei banchetti. Si racconta che al tempo in cui nel Maschio Angioino risiedeva ancora il re, a particolari ore del giorno e della notte dai balconi si alzasse un grido: “Les entrailles!”, riferito alle interiora di animali che venivano puntualmente scartate dai cuochi di lusso e buttate giù per i poveri.

In questo modo il friariello arriverà sulle tavole del popolo napoletano: come piatto povero, considerato dai ricchi commensali di scarto ma essenziale per sfamare le numerosissime famiglie dei quartieri popolari. I ricchi cuochi francesi che affollavano la capitale del regno non conoscevano le proprietà nutritive del friariello né potevano immaginare quanto questo potesse essere gustoso se cucinato nel modo giusto.

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