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Gaza, 173 morti. L’Onu: “L’80 per cento sono civili”

Ieri l’appello del Papa per la fine delle violenze. Oggi a Tel Aviv riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi arabi. Attesa anche Federica Mogherini.
A cura di Biagio Chiariello
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UPDATE: Un alto ufficiale dell'esercito israeliano ha dichiarato ad Haaretz: "Hamas è sempre più vicino ad accettare il cessate il fuoco. Sia Hamas che la Jihad islamica avranno interesse a chiudere la partita e mettere fine alle operazioni militari". L'agenzia Nena News riporta che – secondo l'intelligence di Tel Aviv – l’esercito avrebbe colpito il 50 per cento dei luoghi di fabbricazione dei missili (inclusi quelli a gittata superiore a 80 km) nella Striscia di Gaza. Hamas, tuttavia, ha dichiarato di accettare il "cessate il fuoco" solo a tre condizioni:

– l’apertura del valico di Rafah e degli altri valichi di frontiera per l’importazione e l’esportazione;

– il rilascio di tutti i palestinesi arrestati da Israele nei rastrellamenti dell’ultimo mese in Cisgiordania in seguito alla scomparsa dei tre coloni israeliani;

– nessuna intromissione israeliana in un governo palestinese.

UPDATE: Le Nazioni Unite hanno stimato che oltre l'80% delle 173 vittime dei bombardamenti di Israele sulla Striscia di Gaza sono civili e non guerriglieri di Hamas. Di questo 80%, un quarto sono bambini (almeno 36). I feriti sono più di 1.200, i due terzi dei quali donne e minori. Le case distrutte sono oltre 940, 400mila persone sono senza elettricità e 17mila i rifugiati interni. 

Settimo giorno dell’operazione ‘Barriera protettiva’ lanciata da Israele per fermare il lancio di razzi da parte di Hamas e degli altri gruppi palestinesi e che ha provato finora 172 morti e almeno 1.130 feriti. I nuovi raid hanno colpito in particolare alcune installazioni delle brigate Ezzedine al-Qassam, il braccio armato dell’organizzazione terroristica araba, senza provocare vittime. Un altro razzo lanciato dalla Siria è finito sulle alture del Golan, senza fare vittime; l’esercito israeliano ha risposto con colpi di artiglieria contro postazioni delle forze regolari siriane. Ieri, in vista di una possibile offensiva di terra da parte di Israele, circa 17.000 persone hanno lasciato le proprie abitazioni nel nord della Striscia di Gaza, trovando rifugio presso le sedi delle Nazioni Unite.

La diplomazia affinché cessino i combattimenti in Medio Oriente

Sempre ieri c’è stato un appello del Papa affinché cessino le violenze. Oggi a Tel Aviv – dove ieri sono caduti altri missili lanciati da Hamas – è prevista una riunione dei ministri degli Esteri dei paesi arabi e la visita del tedesco Steinmeier. Anche il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini è in partenza per il Medio Oriente. Va comunque detto che dai prossimi giorni Gerusalemme e Ramallah (in Cisgiordania) diventeranno la prima linea degli sforzi di mediazione internazionale per la fine delle ostilità tra Israele e Palestina. Nel frattempo il segretario di stato John Kerry ha comunicato al premier Benyamin Netanyahu che gli Usa sono pronti "a facilitare una cessazione delle ostilità" e a favorire "un ritorno all'accordo di cessate il fuoco del 2012”, assicurando al contempo "il suo impegno con i leader della regione per fermare il lancio di razzi" contro Israele. Sulla questione è intervenuto anche il premier Matteo Renzi rimarcando che occorre “fermare gli estremisti” per avvicinare una soluzione che assicuri “la sicurezza d’Israele” e “il diritto alla patria del popolo palestinese”.

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