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Fiom, la verità su Pomigliano: dalla Fiat discriminazioni contro il sindacato [REPORTAGE]

Dopo il referendum di Pomigliano del 2010, gli iscritti della Fiom sono stati discriminati. Nessuno di loro è stato assunto nella nuova società che produce il nuovo modello di Panda, ma dall’interno dello stabilimento di G.B. Vico arrivano grida di aiuto: turni massacranti, umiliazioni e ricatti costanti. Ecco la denuncia del sindacato.
A cura di Alessio Viscardi
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Il referendum di Pomigliano del giugno 2010 segna un punto di non ritorno per la tutela del lavoro in Italia. La Fiom ricorda che si trattava di decidere se continuare a tenere lo stabilimento aperto e lavorare, oppure rivendicare i diritti fondamentali dei lavoratori. A poco meno di due anni da quella data, gli effetti sono che allo stabilimento di Giambattista Vico sono giunti i milioni necessari a riprendere la produzione del nuovo modello della Panda e quasi duemila lavoratori sono stati riassorbii nella Newco con un nuovo contratto. Stranamente, tra essi non figura nessun iscritto Fiom e, mentre dal primo gennaio di quest'anno il modello Pomigliano viene esteso a tutti gli stabilimenti dell'autogruppo, il sindacato più rappresentativo degli operai Fiat denuncia di essere buttato fuori di forza dalle fabbriche.

Sergio Marchionne presenta la nuova Fiat Panda

Discriminazioni, ostracismo e violazioni contrattuali vere e proprie contro la Fiom, ma anche clima di intimidazione e ricatto verso tutti i lavoratori. Questo, secondo i delegati dei metalmeccanici Cgil, è il risultato del referendum di Pomigliano: ritmi di lavoro logoranti, alienazione sulla linea di montaggio e sottomissione ai superiori. "Ci arrivano segnalazioni di alcune catene di montaggio dove i ritmi sono tanto serrati da causare lo svenimento di almeno un lavoratore al giorno" ci confida Ciro D'Alessio, delegato Fiom in cassintegrazione a Pomigliano. "Questo modello è già stato applicato a Melfi -spiega ai microfoni di fanpage.it Maurizio Mascoli, segretario regionale della Fiom Campania- Oggi lì ci sono il 50% dei lavoratori con ridotte capacità lavorative".

1 minuto e dieci secondi per assemblare un'intera auto. Questi i calcoli di Antonio Di Luca, il volto della protesta della Fiom di Pomigliano. "Nemmeno il tempo per informare una margherita" ama ripetere per rendere l'idea di quanto serrati siano i ritmi di lavoro. "Il taglio di dieci minuti di pausa è tremendo. Abbiamo soltanto tre pause da dieci minuti ora, nemmeno il tempo di andare al bagno che bisogna tornare al lavoro" ci confidano.

"Gli operai Fiom sono lasciati in cassintegrazione" denuncia anche Francesco Percuoco, ex-rsu Fiat di Pomigliano. "Essere in cassintegrazione – ci racconta Stafano Birotti – significa non avere i soldi per arrivare alla fine del mese, fare la spesa nei discount e risparmiare su tutto". Ciro D'Alessio ha lavorato per l'ultima volta a settembre dell'anno scorso, in cassintegrazione da quattro anni, ma da quanto la Newco ha ricominciato a riassumere gli operai per la costruzione della nuova Panda anche lui è stato lasciato a casa. "I lavoratori ci scrivono che la Fiato consiglia di strappare la tessera della Fiom. Chi si è cancellato dal sindacato, è stato successivamente riassunto a Pomigliano" denuncia Percuoco. "Questo è ancor più grave perché le discriminazioni ci sono anche contro i lavoratori a limitate capacità lavorative che sulle catene di montaggio di Pomigliano hanno consumato la propria salute" ci confida Birotti.

"La Fiat è stata condannata per comportamento anti-sindacale" ribadisce Di Luca "Lo scorso settembre, il giudice Ciocchetti di Torino ha giudicato illegale il comportamento della società nei confronti dei lavoratori della Fiom a Pomigliano". Un dipendente in cassintegrazione ha denunciato la propria situazione nella recente puntata di Presadiretta su Raitre: recatasi dagli assistenti sociali della Fiat a Pomigliano, perché madre sola di tre bambini piccoli, si è sentita dire che se voleva lavorare doveva lasciare la Fiom.

"Corsi di formazione finanziati dalla cassintegrazione per mascherare lavoro non retribuito sulla catena di montaggio" denunciano D'Alessio e Percuoco. Ci sono storie ancora più incredibili: bagni chiusi a chiave per non far lasciare la postazione agli operai durante il turno, infortuni non denunciati per paura di essere licenziati e umiliazioni come la cosiddetta "messa nell'acquario", una sorta di espiazione pubblica a cui viene sottoposto un operaio che ha commesso degli errori durante la giornata lavorative, davanti a colleghi e dirigenti chiamati a decidere la sua punizione. Il tutto, in stanze vetrate simili a un "acquario".

La produzione della nuova Panda permetterà di riassorbire tutti i lavoratori di Pomigliano? Gli iscritti Fiom sono scettici: i dati Fiat confermano una capacità produttiva di oltre mille auto al giorno, secondo Antonio Di Luca rimarranno oltre 600 dipendenti senza lavoro finita la cassintegrazione. "Un solo modello di vettura non può bastare, sono necessari investimenti e innovazione" questo chiedono i rappresentanti della Fiom. Francesca Re David, responsabile organizzativa del sindacato, ricorda che "Marchionne ha dovuto firmare un accordo di duecento pagine direttamente con il presidente Obama negli Stati Uniti. In Italia, invece, nessuno gli ha chiesto di firmare nulla, né di prendere alcun impegno". "Io non lo faccio per me, ho già messo in conto che non rientrerò più in quella fabbrica" ci confida amaramente Raffaele Manzo, ex-operaio ora in cassintegrazione. Altrettanto amaramente, Ciro D'Alessio si sfoga: "La democrazia, in Italia, non può fermarsi ai cancelli della fabbrica Fiat. Il nostro paese, come recita la Costituzione, è una repubblica democratica fondata sul lavoro". Eppure, dal referendum del 2010, questo diritto sembra assumere sempre più i contorni del privilegio.

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