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Feste, vacanze e ville in cambio di delibere. E Formigoni è indagato

Il governatore della Lombardia accusato di corruzione aggravata. Lui però non si dimette e sbeffeggia i giornalisti in conferenza stampa. L’opposizione chiede le dimissioni, ma la Lega non lo molla perché le conviene.
A cura di Biagio Chiariello
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la Lega non lo molla

Vacanze ai Caraibi, feste in villa, biglietti aerei, spese di ristoranti e alberghi, passaggi su yacht lussuosi e pure uno "sconto" per l'acquisto di una villa in Sardegna. Tutti conti saldati dal faccendiere-amico-mediatore Pierangelo Daccò per la cifra di  la cifra di 8,5 milioni di euro. E' questo il prezzo della corruzione per Formigoni, secondo l'ipotesi della Procura di Milano, in cambio della garanzia di una  quindicina di delibere a favore della Fondazione Maugeri per un valore di 200 milioni di euro. Al Presidente della Regione è contestato dunque il reato di corruzione, con l'aggravante dei reati transnazionali (denaro transitato su conti svizzeri), in concorso con Daccò e l'ex assessore regionale Dc alla Sanità Antonio Simone, attualmente in carcere nell'inchiesta sulla sanità lombarda, e con Umberto Maugeri e Costantino Passerino. Non è stato ipotizzato il finanziamento illecito ai partiti.

La reazione di Formigoni non si è fatta attendere: «Tutto qua» ha detto in conferenza stampa. «Ho letto le carte e poi le ho rilette – ha affermato davanti ai giornalisti, quasi sbeffeggiandoli – siete dei degnissimi gazzettieri della Procura della Repubblica di Milano. Non ho nulla da temere». Nega tutto, dunque, il Presidente e sopratutto non si dimette «perchè i fatti che mi vengono contestati sono falsi dall'inizio alla fine». Eppure le carte dei magistrati milanesi sembrano parlar chiaro: Dacco e Simone sono definiti i «bancomat» del Pirellone, che finanziavano per farsi sbloccare quelle pratiche incagliate. Un'attività illegale per la quale, secondo l'accusa, avrebbero ottenuto 80 milioni di euro. E «una parte di questi fondi – si legge nel rapporto definitivo consegnato nei giorni scorsi dalla finanza alla Procura – è stata utilizzata per l’acquisto, il mantenimento e il trasferimento di beni di lusso e per alimentare il vasto portafoglio di benefit di cui, negli anni, hanno beneficiato Roberto Formigoni e il suo entourage». 

Formigoni dovrà spiegare tutto ciò davanti alla Procura di Milano il prossimo 28 luglio per spiegare quelle misteriose «utilità» di cui ha beneficiato «fino al novembre 2011». Le reazioni sul suo invito a comparire sono comunque diverse. Il coro di voci dall'opposizione è unanime: dimissioni. «Ormai è alla fine, il velo si è squarciato. Il suo tempo è finito» afferma, in un’intervista a Repubblica, il consigliere regionale lombardo del Pd Giuseppe Civati. «Di dimissioni obbligate» scrive invece Gad Lerner  nel suo editoriale su Repubblica. Mentre dall'altra parte della barricata c'è la Lega, le cui reazioni erano più che prevedibili «Non c'è nessuna novità", ha detto il vicepresidente della Regione Andrea Gibelli che si spende in difesa di Formigoni. Non poteva essere altrimenti, dal momento che il Carroccio sa bene che se vuole rimanere sugli scranni del Consiglio Regionale non può sfiduciare il "celeste". Si va avanti, dunque, fino alle prossime elezioni. Poi si vedrà, se conviene, schierarsi ancora dalla parte del Presidente.

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