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Passeggero non timbra biglietto, capotreno lo fa scendere: condannato per violenza privata

Andrea Favaretto, 51 anni, nato a Treviso, aveva fatto scendere un nigeriano convinto che fosse senza biglietto: il giudice lo ha condannato a 20 giorni e ha proposto un’indagine per abuso d’ufficio. Tuttavia i contorni della vicenda sono ancora da chiarire.
A cura di Biagio Chiariello
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Aveva fatto scendere un passeggero irregolare dal treno, portando le sue borse e gli altri effetti sul binario. Per questo motivo Andrea Favaretto, 51 anni, nato a Treviso e residente a Selvazzano, è stato condannato per violenza privata. Il giudice ha stabilito che dovrà farsi 20 giorni di reclusione, più le spese. L’incidente sarebbe avvenuto il 12 novembre del 2014 alla stazione bellunese di Santa Giustina. Il controllore sorprende un passeggero nigeriano, A. F. A. – convinto che non abbia il biglietto – che all'epoca era residente a Cadoneghe (Padova), ma che ora non vive più in Italia, perché sarebbe stato espulso. Favaretto si avvicina allo straniero e gli chiede il biglietto. L’altro gli dice di attendere perché è occupato al telefono. Il capotreno, che era stato avvertito da un collega del "passeggero senza biglietto" insiste, ma nulla.

Come da regolamento, il ferroviere, quando il treno si ferma in stazione fa scendere il passeggero e gli prende le valigie e gliele appoggia sul binario. Successivamente il passeggero avrebbe esibito un tagliando che riportava un'ora posteriore alla data di partenza del treno, particolare che ha fatto sospettare che il titolo di viaggio fosse stato alterato. Secondo l’accusa, il controllore avrebbe poi gridato al viaggiatore: “se sali, ti denuncio”. Gesti e parole che lo fanno finire nei guai per violenza privata e abuso d'ufficio. Il controllore presenta una denuncia sostenendo di essere stato anche picchiato e colpito alle gambe. Infatti ci sarà anche un processo per lesioni a carico del nigeriano, ma l’uomo, come detto, non risulta più in Italia. Ora il giudice, non solo ha condannato Favaretto per violenza privata, ma ha anche trasmesso gli atti alla procura affinché valuti la possibilità di procedere, appunto, pure per abuso d’ufficio.

"Mi sono beccato calci e sberle per aver fatto rispettare le regole e sono stato pure condannato. È meglio che non ci pensi" ha raccontato oggi Favaretto al Corriere della Sera. Il capotreno ricorda quel giorno: "Il collega del regionale precedente mi aveva avvertito che in stazione c’erano dei nigeriani che aveva fatto scendere. Quando l’ho visto a bordo gli ho chiesto il biglietto. Una, due volte, ma lui era sempre al cellulare e non mi dava retta. Ho così pensato di prendere il suo borsone e portarlo a terra, in modo che scendesse anche lui". Una mossa che ha portato allo scontro verbale, e poi fisico con il 42enne nigeriano: "Mi ha seguito arrabbiato e mi ha preso a calci e sberle facendomi cadere gli occhiali. Io ho chiamato i carabinieri per poi risalire sul treno che doveva ripartire. Oh, io non sono razzista, faccio il mio lavoro e cerco di farlo bene con tutti, italiani o stranieri che siano" spiega Favaretto.

La condanna dei giudici è arrivata perché il ferroviere "ha ritenuto di avere a che fare con un viaggiatore sprovvisto di legittimo titolo di viaggio", scrivono i magistrati, evidenziando come il nigeriano un biglietto ce l’aveva. Favaretto ha ammesso che le parole di troppo ("Se sali, ti denuncio") sono state "una reazione istintiva dovuta alla concitazione del momento. Temevo che risalendo potesse aggredirmi un’altra volta. Quanto al biglietto, non era regolare: l’ha timbrato prima che arrivassero i carabinieri. L’ora impressa è infatti successiva a quella dell’arrivo in stazione". E conclude: "Io ho la coscienza a posto. Adesso la devo lasciare perché sono in servizio e il treno sta partendo…"

Dopo la condanna, il governatore del Veneto Luca Zaia ha espresso "piena e totale solidarietà al capotreno coinvolto in una vicenda incomprensibile per la gente comune, e a tutti i lavoratori delle Ferrovie dello Stato, costretti a fronteggiare sempre più difficoltà per il solo fatto di compiere il loro dovere. Fatta questa doverosa premessa invito tutti, a cominciare dal legislatore, a chiedersi quali siano le cause reali che portano a certe situazioni". E prosegue: "Il fatto che il viaggiatore in questione sia straniero o italiano, bianco o di colore – aggiunge Zaia – non ha alcuna rilevanza. Ha rilevanza che di fatto viaggiava senza aver pagato od obliterato correttamente il biglietto. La vera questione da affrontare sono le leggi colabrodo vigenti in questo Paese, che in una intera legislatura il Parlamento non ha saputo modificare nella direzione della difesa della legalità invece che di un malinteso garantismo per chi non rispetta le regole del vivere civile".

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