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Guerra in Ucraina

Ucraina, il patriarca di Mosca ha detto che la guerra di Putin è giusta perché combatte le lobby gay

Il patriarca ortodosso di Mosca Kirill ha detto che la guerra di Putin nasce dalla resistenza del Donbass contro i valori occidentali propugnati dal potere mondiale, rappresentati dal gay pride.
A cura di Annalisa Cangemi
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"Se l'umanità riconosce che il peccato non è una violazione della legge di Dio, se l'umanità concorda sul fatto che il peccato è una delle opzioni per il comportamento umano, allora la civiltà umana finirà lì". E le parate gay "sono progettate per dimostrare che il peccato è una delle variazioni del comportamento umano". In un sermone-shock pronunciato ieri, nella Domenica del Perdono, il patriarca di Mosca Kirill, molto vicino al presidente russo Putin, ha detto che la guerra in Ucraina è comprensibile, visto che "per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass", "dove c'è un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale".

Per Kirill "oggi esiste un test per la lealtà" a questo potere mondiale: "Sapete cos'è questo test? È molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay". 

Il Moscow Times ha riportato le dichiarazioni del patriarca della Chiesa ortodossa: l'obiettivo di Putin sarebbe quello di colpire lo stile di vita e la cultura degenerata dei paesi occidentali, che minaccia i veri valori. L'invasione iniziata il 24 febbraio, con quello che ne consegue nell'ambito delle relazioni internazionali, non ha solo un significato politico: "Si tratta della salvezza umana, di dove andrà a finire l'umanità".

Kirill ha dovuto fare i conti con centinaia di preti della sua Chiesa contrari all'intervento contro Kiev. La sua Chiesa è già in difficoltà, visto che il patriarcato di Mosca ha recentemente subito lo scisma deciso dalla chiesa ucraina. "Le parate gay", ha replicato il religioso ieri con il suo sermone, "hanno lo scopo di dimostrare che il peccato fa parte del comportamento umano" e che l'ospitarle rappresenta una sorta di "prova di lealtà" fornita dai governi occidentali. Un atteggiamento invece "sostanzialmente rifiutato" dalle autoproclamatesi repubbliche indipendentiste del Donbass.

"Non condanniamo nessuno, non invitiamo nessuno a salire sulla croce – ha aggiunto -, ci diciamo solo: saremo fedeli alla parola di Dio, saremo fedeli alla sua legge, saremo fedeli alla legge dell'amore e giustizia, e se vediamo violazioni di questa legge, non sopporteremo mai coloro che distruggono questa legge, offuscando il confine tra santità e peccato, e ancor più con coloro che promuovono il peccato come esempio o come uno dei modelli di comportamento umano".

"Oggi i nostri fratelli nel Donbass, gli ortodossi, stanno indubbiamente soffrendo, e noi non possiamo che stare con loro, soprattutto nella preghiera", ha concluso Kirill. Allo stesso tempo, "dobbiamo pregare affinché la pace giunga al più presto, che il sangue dei nostri fratelli e sorelle si fermi, che il Signore inclini la sua misericordia verso la terra sofferente del Donbass, che ha portato questo segno triste per otto anni, generato dal peccato e dall'odio umani".

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