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Guerra in Ucraina

Ucraina, allarme Unicef a Fanpage: “7 milioni di bambini vittime della guerra, rischiano traumi e malattie”

Andrea Iacomini (Unicef Italia) a Fanpage.it sulla guerra in Ucraina: “Bambini e bambine vittime prime del conflitto dopo l’invasione della Russia, a rischio in 7 milioni. Oltre 780 scuole demolite solo nell’Est del Paese. Il Covid, inoltre, non è finito, servono vaccini. L’Europa non li abbandoni ma predisponga un piano di accoglienza diffuso”.
A cura di Ida Artiaco
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"Non sento la parola bambini e bambine da quando è iniziata questa crisi, e invece sono le vittime prime di tutto questo conflitto". A parlare è Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, che a Fanpage.it ha fatto il punto della situazione della guerra in Ucraina dopo l'invasione della Russia, puntando i riflettori sui più piccoli, circa 7 milioni di under 18 che stanno scappando dal conflitto insieme ai propri genitori e che rischiano di ritrovarsi protagonisti di una diaspora enorme, senza contare i gravi traumi psicologici che una crisi del genere può lasciare.

Quale è attualmente la situazione in Ucraina dal punto di vista umanitario?

"La situazione è degenerata in pochissimi tempo. Solo due giorni fa avevamo stimato che c'erano 500mila bambini nell'Ucraina Orientale che avevano urgente bisogno di assistenza umanitaria e che erano figli di questo conflitto che nel Donbass dura da ormai 8 anni e che ha portato gravissimi danni, non solo perché questa è una zona dove manca di tutto, dai servizi igienici all'acqua potabile, ma anche perché i bambini hanno subito traumi. Sono circa 430mila i minori che soffrono di cicatrici dovute al conflitto. Ma sono bastate 48 ore per cambiare completamente il punto di vista".

Di che numeri parliamo?

"Oggi noi ci troviamo di fronte ad un allarme che riguarda 7 milioni di bambini ucraini che in questo momento rischiano non solo traumi psicologici da guerra ma che vedono anche la loro vita in pericolo. Bambini che sono stati costretti, e lo abbiamo visto in queste ore, a trovare riparo nei rifugi anti aerei e sotto le metro, abbiamo rivisto i trolley come durante la Seconda Guerra in Afghanistan, pronti a seguire i genitori per nascondersi. Abbiamo rivisto bambini piangere per i raid aerei e salutare i propri papà ai confini. Ecco, tutto questo non dovrebbe accadere, invece sta succedendo a pochi chilometri da casa nostra e il prezzo è altissimo. Pensate che solo nel Donbass sono state distrutte e demolite 780 scuole, di cui una poco fa, per altro con due insegnanti morti".

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Quale l'appello che fate al mondo Occidentale?

"Prima di tutto, facciamo un appello affinché le scuole, che dovrebbero essere luoghi di apprendimento, e gli ospedali non siano target di questo attacco e che i bambini e le bambine vengano lasciati in pace. È poi inevitabile cominciare a riflettere su quanti di loro si stanno mettendo in cammino per raggiungere i paesi limitrofi. L'Unhcr ha dato dei numeri ma ci sono stime secondo cui la diaspora sarà enorme. Se pensiamo che soltanto 100mila si calcolava fossero in fuga verso la Russia nella parte orientale, immaginiamo che da quest'altro lato verso la Polonia e la Germania il numero sarà ancora più grande. Quindi il nostro invito all'Europa è quello di non abbandonare questi minori ma di predisporre un piano di accoglienza diffuso che in qualche modo cerchi di ovviare a quella che sarà una vera e propria diaspora sulla falsariga di quello che è avvenuto in Siria.

Parliamo non più di poche centinaia di migliaia di persone nella zona orientale ma di milioni soprattutto di donne e bambini che si sposteranno, perché in questa fase molti uomini sono chiamati al fronte e quindi difficilmente lasceranno i confini. È uno scenario inimmaginabile, che noi vediamo invece da anni in teatri di guerra, ma che purtroppo ora è a pochi chilometri da casa nostra e siamo particolarmente turbati. Ecco perché abbiamo ripetuto alle parti in conflitto di tenere in conto la condizione di bambini e bambine in questa fase, una generazione che resterà segnata per sempre dai rumori delle bombe e degli aerei".

C'è la guerra, ma c'è anche l'emergenza sanitaria. Come conciliare tutto questo? 

"Ovviamente il Covid non è finito. Già nelle scorse settimane noi siamo intervenuti per aiutare la popolazione locale con il nostro programma Covax portando dosi di vaccino, soprattutto nella zona Orientale dove c'era una grande necessità, aggiungendo a ciò anche iniziative igienico-sanitarie che potessero ovviare a tutti i tipi di infezione, non solo a quella da Coronavirus. In questo modo si aggiunge male al male. Ci stiamo attivando anche per portare acqua potabile in queste zone, perché gli aerei stanno bombardando anche le infrastrutture idriche. E mancanza di acqua potabile vuol dire malattie. Non possiamo permetterlo".

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Di cosa hanno bisogno questi bambini adesso?

"Noi stiamo attivando raccolta fondi per l'Ucraina che fa parte di un pacchetto che comprende beni di prima necessità oltre a sostegno psicologico e vaccinazioni, perché come dicevo molti rischiano malattie, non solo il Covid. Chi ci vuole aiutare può farlo. Ma sapremo meglio nelle prossime ore le necessità specifiche".

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