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Turchia, studenti protestano contro il nuovo rettore di Erdogan: “Picchiati dalla polizia”

Continuano le proteste degli studenti turchi contro la nomina del rettore fiduciario presso la prestigiosa Università Boğaziçi, a Istanbul (Turchia). Dal 4 gennaio 2021, la polizia ha represso le manifestazioni pacifiche dilagate in tutto il Paese attraverso la violenza. Gli studenti sono stati arrestati in massa, molti di loro prelevati nelle loro case e condotti di forza in questura. “Non ci hanno permesso nemmeno di vedere un avvocato, ci hanno picchiati e insultati, hanno violato il nostro diritto fondamentale di unirci e manifestare” afferma Hasan, studente 23enne presso l’Università Gelişim di Istanbul. E affonda: “Vogliono mettere la gioventù in manette, ma noi non ci arrenderemo”.
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Continua in Turchia l'ondata di violenza da parte della polizia nei confronti degli studenti scesi in piazza a protestare contro il regime di Erdogan. Una serie di arresti e repressioni iniziata il 4 gennaio 2021, quando il Presidente turco ha nominato un nuovo rettore fiduciario presso la prestigiosa università del Bosforo. Di fronte a questa scelta unilaterale, gli studenti insieme a diversi insegnanti si sono uniti in una serie di manifestazioni pacifiche nelle principali piazze e strade di Istanbul. E' infatti consuetudine che all'interno delle università il rettore venga scelto fra una rosa di papabili indicata dallo staff accademico. Quest'ultimo non ha invece avuto alcuna voce in capitolo nell'elezione di Melih Bulu, politico vicino al partito Erdogan. Secondo la direttrice del bureau di Istanbul di Human Rights Watch, Emma Sinclair-Webb, si tratta di una decisione volta a controllare il mondo universitario e limitare la libertà di espressione di cui la Boğaziçi è ancora un baluardo.

Centinaia di giovani di età compresa tra i 20 e 28 anni sono stati arrestati direttamente nelle loro case. "La polizia ha fatto irruzione all'alba in tenuta anti sommossa, ci ha ammanettati come se fossimo dei criminali e ci ha portati in commissariato", racconta Havin, studente LGBTQ arrestato due volte dall'inizio delle proteste. "La polizia ci carica come se fossimo dei terroristi armati, utilizzando una violenza sproporzionata rispetto alla situazione. Siamo stati picchiati in testa e sul corpo, ammanettati, schiaffeggiati e insultati", rincara Hasan, anche lui imprigionato per aver preso parte a delle manifestazioni a Istanbul.

Entrambi i testimoni riportano gravi violazioni della legge e dei diritti umani da parte delle forze dell'ordine, che oltre ad aver picchiato degli studenti universitari avrebbero anche impedito loro di consultare degli avvocati. "Non è la prima volta che la polizia utilizza la forza per sedare delle manifestazioni pacifiche contro il regime di Erdogan – commenta ancora Emma Sinclair-Webb da Istanbul – tuttavia questa repressione è significativa perché racchiude in sé diversi aspetti del regime di Erdogan, come la repressione della libertà di espressione e di associazione, la violenza poliziesca, ma anche una retorica illiberale e fortemente anti-LGBTQ".

In effetti, agli studenti appartenenti alla comunità Queer sono stati riservati trattamenti particolarmente brutali. Havin ci ha raccontato di avere subito, oltre alle violenze fisiche cui sono stati soggetti anche centinaia di altri suoi compagni, molestie sessuali sia verbali che fisiche mentre si trovava in detenzione preventiva la prima volta. "Quando sono stato arrestato la seconda volta, poi, hanno cercato di avvelenarci lanciando una bomboletta di gas lacrimogeno dentro alla vettura in cui ci trovavamo noi studenti. Ci impedivano di uscire, molti di noi si sono sentiti male".

Durante le prime settimane di proteste, si sono riscontrati disordini in 81 diverse province della Turchia. Attualmente le repressioni si stanno concentrando principalmente a Istanbul, dove gli arresti degli studenti continuano anche in queste ore. "Le nostre università sono in pericolo e noi continueremo a difenderle, insieme alla libertà di espressione e di associazione. Il regime di Erdogan sta cercando di mettere la gioventù in manette, ma non lo permetteremo", conclude Hasan.

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