Tribunale federale negli Usa blocca i dazi di Trump, sono illegali: cosa succede ora

La Corte del commercio internazionale, un tribunale federale degli Stati Uniti con sede a New York, ha bloccato i dazi imposti negli ultimi mesi da Donald Trump nei confronti di altri Paesi. Il motivo è che il presidente aveva approfittato di una legge che gli permetteva di agire senza passare per il Congresso, ma che va applicata solo in casi di emergenza. La decisione è arrivata dopo numerose cause legali che accusavano Trump di aver abusato dei propri poteri, legando tutta la politica commerciale degli Stati Uniti alle sue volontà del momento.
Perché il tribunale ha bloccato i dazi di Trump
Secondo il tribunale, gli atti legali con cui il presidente ha imposto dazi nei confronti di buona parte del mondo "vanno oltre qualsiasi autorità riconosciuta al presidente" dalla legge d'emergenza in questione, che risale al 1977. "La corte non decide sulla saggezza o sull'efficacia dell'uso dei dazi come strumento di contrattazione da parte del presidente. Quell'utilizzo non è ammesso non perché sia poco saggio o inefficace, ma perché la legge non lo permette", si legge nella motivazione della decisione.
La sentenza è arrivata all'unanimità nonostante uno dei tre giudici che compongono il tribunale, Timothy Reif, sia stato nominato proprio da Trump. Gli altri due sono Gary Katzmann, nominato da Obama, e Jane Restani, nominata da Reagan.
La legge in questione è l'International emergency economic powers act, è stata varata nel 1977 per permettere al presidente di gestire con più libertà il commercio quando viene dichiarata un'emergenza nazionale in risposta a una minaccia straordinaria esterna nei confronti degli Stati Uniti.
L'intento della legge era, più che altro, limitare i poteri del presidente in una situazione d'emergenza, dato che le precedenti norme sul tema gli assicuravano un'autorità quasi illimitata. Trump l'ha applicata ampiamente da quando è in carica: solo quest'anno, nei circa quattro mesi in cui è stato in carica, ha dichiarato cinque emergenze nazionali, la maggior parte proprio come base per imporre dei dazi.
In sostanza, il presidente ha affermato che il deficit nazionale – cioè il fatto che gli Stati Uniti comprino più beni dal resto del mondo di quelli che vendono – fosse pari a un'emergenza e una minaccia per il Paese. Ma i giudici non hanno concordato, anche perché il deficit esiste da circa cinquant'anni e non può certo essere considerato un evento straordinario.
Cosa succede adesso
L'amministrazione statunitense ha già fatto ricorso. La Casa Bianca, come ci si poteva aspettare, ha replicato attaccando il tribunale: "Non spetta a giudici non eletti decidere che gestire un'emergenza nazionale", ha detto il portavoce Kush Desai. Il capo dello staff, Stephen Miller, ha scritto sui social che "il colpo di Stato giudiziario è fuori controllo".
La legge statunitense prevede che contro le decisioni della Corte del commercio internazionale si possa fare ricorso fino ad arrivare alla Corte suprema. Qui, va ricordato, sei giudici su nove sono conservatori, di cui tre nominati direttamente da Trump. L'obiettivo dell'amministrazione quindi potrebbe essere di arrivare fino all'ultimo grado di giudizio contando di ottenere la ragione.
Il procedimento legale avrà degli sviluppi nelle prossime settimane, e se la decisione dovesse essere confermata sarà un enorme passo indietro per l'amministrazione di Donald Trump. Proprio sulle tariffe il tycoon ha puntato – pur con scarsi risultati, finora – per provare a ridefinire i rapporti commerciali a vantaggio degli Usa e portare più imprese a trasferirsi negli Stati Uniti.
Seguendo le procedure ordinarie, ogni imposizione di tariffe dovrebbe avere l'approvazione del Congresso. Cosa che li renderebbe uno strumento più lento e meno soggetto alle continue variazioni imposte da Trump negli ultimi mesi. Il blocco legale sui dazi probabilmente fermerà anche tutte le trattative che erano in corso con vari Paesi.
L'addio di Elon Musk alla Casa Bianca
Nel frattempo, per Trump è arrivata anche un'altra notizia negativa: Elon Musk lascerà definitivamente il suo ruolo all'interno del governo. Nelle ultime settimane il suo distacco dalla politica era diventato sempre più evidente, forse anche a seguito delle difficoltà economiche che avevano colpito Tesla. Fatto sta che nella serata di ieri il miliardario sudafricano ha annunciato l'addio al ruolo di consigliere ufficiale di Trump.
Il compito principale di Musk è stato quello di guidare il dipartimento Doge, che avrebbe avuto il compito di tagliare la spesa pubblica. Nel corso dei suoi mesi di lavoro l'imprenditore ha costantemente abbassato il suo obiettivo di taglio, portandolo da 2mila miliardi a 150 miliardi di dollari, e più di una volta si è scontrato con altri esponenti dell'amministrazione. I tagli e i licenziamenti imposti dal suo dipartimento hanno comunque causato danni a numerosi rami della macchina pubblica, e quasi cancellato intere agenzie, portando in molti casi anche a cause legali.
Solo ieri, l'emittente Cbs aveva pubblicato un'anticipazione di una sua intervista a Musk in cui il miliardario criticava la legge di bilancio proposta dai repubblicani e sponsorizzata da Trump, che prevede tagli alle tasse per i ricchi, tagli alla spesa pubblica (soprattutto per i più poveri) e norme sull'immigrazione. Il problema, per Musk, è che la legge aumenterebbe di molto il debito pubblico, "minando alla base" il lavoro di Doge.