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Guerra in Ucraina

“Quando finiranno i negoziati avremo già vinto la guerra in Ucraina”: intervista al consigliere del Cremlino

Dmitry Suslov, politologo vicino ai vertici russi, spiega che Mosca tratta “solo per non umiliare Trump” e non ha alcuna fretta. Possibili compromessi su territori, asset congelati e sicurezza post-bellica. Intransigenza su altri punti chiave.
Intervista a Dmitry Suslov
Consigliere di politica estera tra i più ascoltati dal Cremlino
A cura di Riccardo Amati
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"I negoziati saranno molto lunghi, e quando finiranno avremo già vinto la guerra. Succederà nella primavera-estate del prossimo anno". L’opinione di Dmitry Suslov nasce da briefing ai vertici della leadership russa. Corrisponde alle convinzioni del Cremlino. Nell’intervista con Fanpage.it il politologo rivela che su questioni cruciali come i territori, gli asset russi “congelati” in Occidente e il sistema di sicurezza per il dopoguerra, la Russia è disponibile a compromessi. Ma su molto altro le posizioni degli invasori non sono negoziabili. Anche l’entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea dovrà essere “condizionata”, afferma Suslov.

Del fatto che si sia lontani dalla fase finale delle trattative sembrano convinti anche a Kyiv. “Non abbiamo risposte sull’andamento dei negoziati e su quali siano i punti su cui si deve discutere ulteriormente”, ha detto a Fanpage.it un funzionario ucraino vicino a Volodymyr Zelensky. “Speriamo di poter avere presto le idee più chiare, forse tra una decina di giorni”.

Ma se nei palazzi della Bankova si spera di fermare la guerra il prima possibile a condizioni compatibili con la dignità e la sovranità dell’Ucraina, nella cittadella moscovita si pensa che la pace possa aspettare, perché “La Russia ha già vinto”. Si ritiene che ogni trattativa debba partire da questo presupposto. E l’unico motivo per trattare è rafforzare le relazioni con l’America trumpiana.

Dmitry Suslov, docente e dirigente all’università HSE di Mosca, consigliere di politica estera tra i più ascoltati dal Cremlino.

Dmitry Suslov
Dmitry Suslov

Professore, come vanno i negoziati? Che si pensa al Cremlino dopo la conferenza di Ginevra e le discussioni tra Usa, Ucraina ed Europa? 

Siamo solo all’inizio di un processo molto lungo. Un esito positivo non è garantito. Le differenze sono ancora molte: non solo tra la posizione russa e quella ucraina ed europea, ma anche tra la posizione russa e il documento originale in 28 punti dell’amministrazione Trump. Il documento intermedio uscito da Ginevra però potrebbe essere ancora meno accettabile, per noi. Vedremo cosa produrrà la visita di Witkoff a Mosca. Il fatto stesso che Trump lo mandi in Russia indica che il presidente americano è serio. E anche le fughe di notizie negli Stati Uniti sulla telefonata tra Witkoff e Ushakov lasciano pensare che “una luce in fondo al tunnel” possa esserci.

Cosa vuol dire, Dmitry? 

Indicano che negli Usa il “partito della guerra” contrario a un accordo su basi accettabili per la Russia, è alle corde. Teme il compromesso. D’altra parte, il documento originale dell’amministrazione Trump fu immediatamente fatto filtrare dagli ucraini. Chi fa trapelare certe cose lo fa per distruggere, non per aiutare.

Sì, Fanpage.it ha la conferma che è stato un deputato ucraino a pubblicare per primo sui social il “piano in 28 punti”. Ma nessuno se n’era accorto. Il caso è invece esploso con lo scoop del giornale online Axios. E a parlare con Axios era stato Kirill Dmitriev. Forse anche in Russia ci sono divergenze nella élite al potere e giochi sporchi?

Mosca vuole il dialogo con gli Stati Uniti, vuol convincere Washington a costringere l’Ucraina ad accettare le sue condizioni. Non vedo alcun conflitto interno alla leadership russa. L’élite è consolidata.

La Russia ha uno scenario chiaro sui nuovi punti concordati tra Usa e Ucraina?

Non c’è un accordo definitivo tra USA e Ucraina sulla nuova versione del documento. Sappiamo che include modifiche sostanziali, ma un negoziato Usa–Russia vero e proprio non è ancora iniziato.

Gli europei hanno inserito tra i punti una sorta di Articolo 5” per lUcraina. Simile alla norma che impegna i Paesi NATO alla difesa collettiva. Lo accettereste?

Perché no? L’Articolo 5 della NATO non è automatico: prevede consultazioni immediate e misure che possono arrivare all’uso della forza, ma non lo garantiscono. Se è così anche per l’Ucraina, va bene. Consultazioni immediate per Kiev un meccanismo che comporti il ritorno automatico di sanzioni automatiche e altre misure, aiuti militari potenziali — per noi tutto ciò non sarebbe un problema.

Questa è una novità. Sta dicendo che se la Russia non pretende potere di veto sul sistema per garantire la sicurezza dell’Ucraina? È il punto su cui saltò il negoziato di Istanbul nel 2022. E il vostro ministro degli Esteri ha appena detto che la posizione da allora non è cambiata…

Ufficialmente non lo è. Lavrov l’ha ribadito. Ma la Russia potrebbe mostrare flessibilità: potremmo accettare un meccanismo di garanzia senza la nostra partecipazione e il nostro veto, se otteniamo ciò che consideriamo prioritario: riduzione reale dell’esercito ucraino ai livelli di pace, divieto verificabile sulle armi a lunga gittata, limiti alla cooperazione militare con NATO ed Europa, esclusione dell’Ucraina dalla difesa comune europea. In questo caso potremmo accettare la logica dello snapback: se la Russia invadesse di nuovo l’Ucraina, tutte le misure contro di noi ritornerebbero automaticamente attive. Anche le forniture militari pesanti a Kiev.

Su questo aspetto sarebbe quindi possibile un accordo. Cos’è che non è negoziabile, invece? 

Primo: la dimensione delle forze armate ucraine. I 600mila effettivi del documento originale e, ovviamente, gli 800mila dell’alternativa europea sono inaccettabili. Significherebbe mantenere forze armate da tempo di guerra. Pronte a nuovo conflitto.

Secondo punto per noi inaccettabile: le armi a lunga gittata. Un piano di pace senza il divieto per l’Ucraina di possedere missili a lunga gittata è un non-starter.

E sistemi di difesa aerea occidentali per l’Ucraina? Come i Patriot americani o il nostro SAMP/T “Mamba”?

Nessun problema, per quelli. E potremmo anche accettare una grande forza di difesa territoriale.

I beni russi congelati: la Russia potrebbe negoziarne luso?

Sì, ma solo in cambio di concessioni occidentali, soprattutto della revoca delle sanzioni. A Mosca nessuno crede seriamente che quei soldi torneranno indietro. Sono persi.

E se l’Ue decidesse di usare i fondi russi unilateralmente, senza un accordo?

Allora la Russia farebbe di tutto per convincere Cina, Arabia Saudita, Emirati, Qatar e altri a ritirare i loro fondi da Euroclear (la società internazionale di clearing e settlement per titoli finanziari attiva in 90 Paesi e con sede a Bruxelles, ndr) dimostrando che l’Europa è diventata finanziariamente tossica.

Cos’altro chiedereste, in cambio dell’utilizzo dei vostri fondi?

Insisteremmo sull’esclusione dell’Ucraina dalla dimensione militare dell’Ue. L’articolo 47 del Trattato di Lisbona (l’articolo che riguarda la politica di sicurezza e difesa comune dell’Unione, ndr), i programmi di procurement della difesa non devono essere estesi a Kiev. Si può discutere di una “integrazione parziale” dell’Ucraina nell’UE. Solo parziale.

La questione dei territori. Gli europei vorrebbero che Kyiv mantenesse il controllo sulle “città fortezza” nella oblast di Donetsk. Negoziabile?

I territori non sono l’aspetto più cruciale. Ma il Donbass è importante politicamente. Abbiamo già fatto concessioni: non chiediamo più la ritirata degli ucraini dalle aree che ancora controllano a Kherson e Zaporozhye (versione russa del toponimo ucraino Zaporizhzhia, ndr).

Putin è disposto a ritirarsi da altre regioni?

Sì, è possibile discutere ritiri da zone come Dnipro, Kharkiv, Sumy. Potremmo ritirarci anche da Kupiansk, dove si sta combattendo duramente in queste ore. Non dalla centrale nucleare di Zaporozhye: quella è russa. Come il Donbass. Non concederemo di più. Perché stiamo vincendo. Vinceremo la guerra, domani o tra un anno.

Ma è normale che la Russia faccia compromessi, se vuole un accordo diplomatico. O no?

Un accordo tra vincitore e vinto non può mai essere “reciproco”.

Questo significa intendere la diplomazia come pura espressione della forza militare. Al di là di ogni considerazione: se ritenete che la vittoria russa sia inevitabile, perché dite di voler negoziare?

Solo perché non vogliamo umiliare Trump. Un accordo di pace con gli Stati Uniti ci darebbe più di una vittoria puramente militare. Vincendo solo sul campo, pagheremmo un prezzo alto: dovremmo confrontarci con la guerriglia, con territori difficili da controllare, con il continuare delle sanzioni. Un accordo con Trump invece garantirebbe la demilitarizzazione dell’Ucraina, la fine di ogni conflitto nell’area. E migliori relazioni con gli Usa. Con vantaggi per la nostra economia, che sta fermandosi. E per la stabilità strategica. Senza contare che un accordo Usa–Russia su basi favorevoli a Mosca umilierebbe anche le élite europee, che hanno sostenuto Kiev senza avere gli strumenti per cambiare la situazione.

Siete proprio sicuri che un “accordo di pace” che smembri l’Ucraina porti stabilità? Dalla spartizione della Polonia nel XIII secolo al breakup della Jugoslavia trent’anni fa, passando per la divisione dell’Irlanda e per quella tra India e Pakistan, gli spezzatini hanno sempre portato guai e violenza.

Sappiamo bene che — anche se ci sarà un accordo di pace — gli ucraini ci odieranno per generazioni, e che potrà esserci resistenza armata. Chiunque governerà il Paese dopo Zelensky sarà antirusso. E sappiamo che — anche se ci accordassimo con gli Usa — ci sarà una guerra fredda di decenni con l’Europa. E molto più combattuta che non quella della seconda metà del secolo scorso.

Non sembra un bel risultato. Ultima cosa: ma perché la Russia, al contrario dell’Ucraina, proprio non vuole un cessate il fuoco. Poi, si potrebbe trattare. Senza le bombe sulle città ucraine, senza quelle sulle vostre raffinerie, senza i ragazzi di entrambi i Paesi a morire in linea. Sarebbe meno difficile ragionare intorno a un tavolo, no?

Non vogliamo il cessate il fuoco perché stiamo vincendo la guerra. Perché dovremmo fermarci quando l’Ucraina è vicina al collasso. Ed è proprio questo che rende possibile un negoziato, in parallelo alle operazioni militari. Per Kiev sarà sempre più urgente fermare il conflitto prima di perdere altri territori e di essere definitivamente in ginocchio.

Quindi, avrà meno pretese. È questo il vostro calcolo?

La nostra posizione negoziale è fondata sul fatto che siamo i vincitori. Una vera trattativa sulla proposta Usa non è nemmeno iniziata, per ora. Le discussioni procederanno lentamente.

Quando pensa che si arriverà a una conclusione?

Ci vorrà molto tempo. Intanto, avremo sconfitto l’Ucraina sul campo. Credo che le due cose, la fine delle trattative la fine di Kiev, avverranno contemporaneamente. Tra la primavera e l’estate del prossimo anno.

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