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Quali sono i tre ostacoli alla pace tra Russia e Ucraina: l’analisi dell’ex diplomatico russo

Intervista all’ex diplomatico di Mosca Boris Bondarev. Il tour europeo di Zelensky era mirato a “evitare una pace americana” a spese dell’ Ucraina. Ma ogni trattativa con Putin “sarebbe ingannevole”. Mentre l’inviato di Xi Jinping “non è andato a Kyiv e a Mosca per cercare una soluzione politica alla guerra”.
A cura di Riccardo Amati
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Il leader ucraino “teme che l’Occidente prepari una pace ‘separata’ a spese di Kyiv”, ogni negoziato con Putin sarebbe solo “illusorio” e la Cina, che di negoziati potrebbe imporne uno vero, “non è interessata al cessate il fuoco”: una soluzione politica per il conflitto ucraino appare improbabile, secondo l’ex diplomatico russo Boris Bondarev. La soluzione militare, d’altra parte, resta lontana: anche se l’annunciata controffensiva di Kyiv si rivelasse vittoriosa “difficilmente sarebbe decisiva”. La guerra, insomma, durerà a lungo. A meno di una crisi del regime di Mosca: “La Storia insegna che le cose in Russia possono cambiare molto in fretta”.

Boris Bondarev, ex consigliere diplomatico russo

Boris Bondarev, ex consigliere diplomatico russo

Bondarev era un consigliere diplomatico della missione russa presso la sede Onu di Ginevra. Nel maggio del 2022 rassegnò le dimissioni per protesta contro l’invasione. Definendola “un crimine contro il popolo ucraino e contro la stessa Russia”, perpetrato da un regime interessato solo “a rimanere al potere per sempre”. Da allora vive in un luogo segreto per ragioni di sicurezza. Fanpage.it lo ha raggiunto in videoconferenza.

Dottor Bondarev, la priorità per Zelensky sembrava la tanto annunciata controffensiva. In realtà ha lanciato un’offensiva diplomatica. Per assicurarsi sostegno politico e ulteriori invii di armi e dall’Europa. Perché adesso?

Ha agito in vista del summit Nato che si terrà in luglio a Vilnius, in Lituania. Zelensky teme divisioni nell’alleanza Nato e ha voluto preparare il terreno con gli alleati europei. Ci sono notizie secondo cui parte dell’amministrazione Usa vorrebbe spingere Kyiv a trattative di pace, dopo il summit. E se la controffensiva ucraina non raggiungesse tutti gli obbiettivi prefissati, un’ipotesi del genere risulterebbe molto controproducente.

Però se la controffensiva fosse vittoriosa le cose cambierebbero, no?

La controffensiva sarà solo un operazione militare. Non potrà essere il capitolo definitivo della guerra.

E quindi?

Se qualche alleato occidentale facesse presente che dopo aver aiutato l’Ucraina per quasi due anni i risultati sul campo restano non risolutivi, e che Putin non ha subito una vera disfatta, potrebbe concludere che Zelensky non è in grado di sconfiggere il nemico. I politici pensano al breve termine, alle elezioni in vista. Se non vedono risultati immediati o quasi, perdono la voglia di investire. Zelensky è preoccupato della possibilità che i suoi alleati lo spingano a negoziare con Putin la cessione di parti del territorio ucraino. Perché, diciamolo, siamo tutti stanchi di questo conflitto. Ed è proprio il vero obbiettivo di Putin: stancare l’Occidente al punto di fargli rivedere la politica di sostegno a Kyiv.

Ma l’Europa non sembra mostrare segni di questa “stanchezza” Il tour del presidente ucraino è stato un successo. Forse non ha ottenuto proprio tutto ciò che voleva, in termini di armamenti. Ma quasi.

Resta cruciale la posizione degli Usa, però. Hanno ribadito che continueranno ad assistere l’Ucraina. Ma che succederebbe se Trump dovesse tornare alla Casa Bianca? E comunque in vista delle elezioni si moltiplicano indiscrezioni del tipo di quelle riprese recentemente da un articolo del Washington Post: nella capitale americana c’è chi vorrebbe trattare con Putin subito.

È più o meno quello che vorrebbero tanti pacifisti veri e presunti anche dalle nostre parti.

Ma ogni trattativa con Putin sarebbe solo illusoria. L’amministrazione statunitense prima delle presidenziali potrebbe cercare di raggiungere un accordo col leader del Cremlino. Ma che accordo sarebbe? Putin non sarà certo disponibile a un ritiro completo. Non diventerà un leader pacifico all’improvviso. Sarebbe solo una soluzione di breve termine che non eliminerebbe le cause del conflitto. Il peggio potrebbe scatenarsi di nuovo.

Cosa vogliono davvero gli Usa? Quale sarebbe l’esito ideale di questa guerra, per Washington?

Non mi pare che ci sia una visione precisa del dopoguerra. Non credo che l’Ucraina potrà entrare nella Nato in un prossimo futuro. Ammettiamo pure che Kyiv vinca il conflitto, che le aziende americane ricostruiscano e riarmino il Paese e che questo diventi il braccio armato dell’Occidente contro i “barbari” di Mosca. Resterebbe aperto il problema dei rapporti con la Russia. Si dovrebbe forse far finta che l’aggressione non ci sia mai stata? Che Putin non sia un criminale di guerra con tanto di mandato di cattura internazionale?

C’è chi ritiene che in caso di disfatta non ci sarebbe più la Russia come la conosciamo. Che si innescherebbe un processo defederativo, uno “spezzatino” del Paese. Lei come la vede?

Oh, la Russia ci sarà ancora. Non si smembrerà, non andrà in pezzi.

E con Putin al comando?

Così stando le cose, sì. In sintesi: se l’amministrazione Usa ora trattasse con Putin otterrebbe forse vantaggi di politica interna immediati ma lascerebbe aperti problemi enormi in politica estera. No, la sola vera soluzione di questo conflitto è nella caduta del regime russo. A meno che non si possa trattare con Putin da una posizione di forza. Senza offrirgli proprio niente. Obbligandolo ad accettare ogni condizione perché non ha altra via d’uscita. Ma non credo che siamo ancora a questo punto. Putin continua a pensare di poter schiacciare gli avversari.

Chi potrebbe trattare con Putin da una posizione di forza anche subito, senza aspettare ipotetici rivolgimenti militari, è la Cina. “Xi Jinping è l’unico che può convincere Putin a ritirarsi sui confini del 23 febbraio 2022”, ci ripetono fonti diplomatiche moscovite. L’inviato speciale Li Hui è in missione a Kyiv e Mosca. Un tentativo serio di arrivare alla pace?

No, se i cinesi avessero voluto porre fine a questa guerra avrebbero potuto fare molto di più e l’avrebbero fermata davvero. Tanto per cominciare, potevano condannarla apertamente. Cosa che non hanno mai fatto. Avrebbero inoltre potuto chiudere le porte al commercio con la Russia. E senza la Cina al suo fianco Putin avrebbe perso la guerra in pochi mesi. E poi bisogna anche tenere presente chi è questo inviato cinese: l’ex ambasciatore a Mosca. Vi ha lavorato per anni. Conosce bene le sue controparti russe. Per niente quelle ucraine. È ragionevole pensare che abbia maggior simpatia per Mosca che per Kyiv.

Qual’è allora l’obbiettivo della Cina?

Non è interessata a un cessate il fuoco. Vuole che il conflitto continui. Perché attrae l’attenzione e le forze degli Usa sull’Ucraina. Finché continua così, Washington ha minori risorse per occuparsi della competizione strategica con Pechino. Alla Cina questa guerra serve. Per distrarre il mondo dalla Cina stessa. Che intanto sta usando Putin. Compra materie prime dalla Russia a prezzi stracciati. La utilizza come scudo sull’arena internazionale, per esempio in sede Onu, come ha sempre fatto da molti anni a questa parte. Per la Cina questa guerra comporta vantaggi anche di immagine: può presentarsi al mondo come uno Stato leader dei “non allineati” e che vuole la pace. Ma non è davvero così.

E non è che Putin potrebbe intanto ridimensionare i suoi obbiettivi e chiederlo lui, un cessate il fuoco? In modo indipendente da ipotetiche pressioni cinesi, voglio dire. Si colgono segnali di stanchezza se non di esaurimento, a Mosca. Iconica in tal senso la parata del 9 maggio senza carri armati o quasi. O è solo wishful thinking, una pia illusione?

Tra la popolazione russa e il regime di Putin c’è un enorme e profondo divario. I russi vivono la loro vita e Putin nei suoi palazzi fa tutto quel che gli pare. La popolazione forse è esausta. O almeno stanca. È stanca da sempre, però. È abituata a essere esausta. Ad essere maltrattata dalle autorità. È un modo di vivere. Per la maggioranza dei russi. Soprattutto per i molti che si trovano sulla soglia della povertà. Se gli viene detto di stringere la cinghia perché siamo in guerra con l’intero Occidente, che vuoi che rispondano? Sono abituati a dir di sì.

Un retaggio dei tempi dell’Urss.

C’è una popolare storiella russa che spiega il concetto: un alcolizzato torna a casa e racconta alla famiglia che è stato licenziato. Il figlioletto gli chiede: “Papà allora adesso che ci saranno meno soldi e berrai di meno”. E lui risponde: “No figliolo. Tu mangerai di meno”.

I sondaggi però dicono che molte persone vorrebbero la fine di questa guerra.

Ma la maggior parte dei russi fa finta che non ci sia, questa guerra. O preferisce credere alla propaganda, secondo cui il conflitto l’ha voluto l’Occidente e la Russia sta combattendo il nazismo ucraino. È la cosa più semplice da credere. Meglio non farsi problemi e andare avanti con la propria vita. I russi non vogliono farsi coinvolgere. Preferiscono fuggire dalla realtà.

Paradossalmente, il regime vorrebbe mobilitare le persone intorno alla bandiera. Ma per vent’anni ha detto alla gente di non immischiarsi nelle cose della politica. Ha indottrinato i russi all’apatia. Però le cose possono cambiare in fretta, in Russia. Lo dimostra la Storia. Nicola II era osannato fino a poche settimane prima di esser spodestato.

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