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Guerra in Ucraina

Perché la battaglia di Pokrovsk è così importante nella guerra tra Russia e Ucraina

Pokrovsk, crocevia strategico nel Donbass, è al centro di una battaglia cruciale: la sua conquista sarebbe la più grande vittoria russa da Avdiivka del 2024. Per Kiev è vitale per mantenere le linee di rifornimento, per Mosca un obiettivo militare e simbolico di enorme valore.
Intervista a Marco Di Liddo
Direttore del CESI (Centro Studi Internazionali)
A cura di Davide Falcioni
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Soldati ucraini a Pokrovsk
Soldati ucraini a Pokrovsk
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Nel cuore del Donbass, la città di Pokrovsk è diventata il nuovo epicentro della guerra in Ucraina. Da settimane, infatti, le forze russe e ucraine si fronteggiano in una battaglia feroce che molti analisti considerano tra le più decisive degli ultimi mesi. Per Mosca prendere il controllo di Pokrovsk rappresenterebbe la più importante conquista territoriale dal febbraio 2024, quando riuscì – dopo una delle campagne più sanguinose del conflitto – a impadronirsi di Avdiivka, ormai ridotta a una landa desolata e distrutta.

Situata a circa quaranta chilometri a nord-ovest di Donetsk City, Pokrovsk è molto più di un semplice nome sulla mappa: è un punto nevralgico della logistica militare ucraina, un crocevia ferroviario e stradale che collega il fronte orientale con il resto del Paese. La sua perdita costringerebbe Kiev a riorganizzare l’intera linea difensiva nel Donbass e a riposizionare le proprie truppe per evitare che i russi aprano un nuovo corridoio verso l’interno. Per Mosca, invece, la conquista della città avrebbe un duplice valore: strategico, perché consoliderebbe il controllo sull’oblast di Donetsk, e simbolico, perché permetterebbe al Cremlino di mostrare all’opinione pubblica interna che la guerra "sta andando bene".

È in questo contesto che si inserisce la battaglia per Pokrovsk – una battaglia che, pur non promettendo di cambiare da sola le sorti del conflitto, rischia di ridisegnare ancora una volta la geografia del fronte orientale. Fanpage.it ne ha parlato con Marco Di Liddo, direttore del CESI (Centro Studi Internazionali).

Pokrovsk è stata definita "la porta d’accesso a Donetsk". Perché questa città è così importante, sia per la Russia sia per l’Ucraina?

È una definizione che condivido solo in parte. Bisogna considerare che gran parte dell’oblast di Donetsk è già sotto controllo russo. Quindi, da un punto di vista strategico, Pokrovsk non rappresenta tanto la "porta" per Donetsk, quanto piuttosto la porta verso l’entroterra ucraino, il cuore del Paese. La città ha due elementi fondamentali di valore. Il primo è logistico: Pokrovsk è un importante hub ferroviario, cruciale per la distribuzione di truppe e rifornimenti lungo la linea di difesa ucraina in quella regione. Il secondo elemento riguarda la sua funzione militare: fa parte della cintura di fortificazioni del Donbass. Se questa città venisse conquistata, tutta la linea difensiva andrebbe riorganizzata, con il rischio di un arretramento delle forze ucraine per evitare che i russi creino un cuneo pericoloso capace di aprire la strada verso ovest.

La situazione sul campo secondo una mappa di DeepState. L’area rosa è quella occupata dai russi.
La situazione sul campo secondo una mappa di DeepState. L’area rosa è quella occupata dai russi.

Quindi, se Pokrovsk dovesse cadere, c’è il rischio concreto che i russi avanzino più in profondità nel Donbass?

Il rischio esiste, ma bisogna evitare visioni apocalittiche. Non sarebbe la "rottura di una diga": gli ucraini sono perfettamente consapevoli della possibilità di perdere temporaneamente il controllo della città e si stanno già riorganizzando. Lo Stato Maggiore di Kiev ha certamente predisposto piani di contingenza: nel caso in cui Pokrovsk cadesse, verrebbe immediatamente allestita una nuova linea di difesa non troppo lontana, per contenere l’avanzata russa. Tuttavia, va detto che se la città dovesse finire in mani russe, Mosca potrebbe comunque guadagnare terreno e migliorare la propria posizione tattica, con qualche chilometro in più di controllo diretto e, soprattutto, un vantaggio logistico nella regione.

In molti si chiedono se la caduta di Pokrovsk sarebbe un punto di svolta nella guerra o soltanto un episodio tattico tutto sommato limitato.

Non la definirei un punto di svolta, ma certamente una conquista significativa per la Russia. Sarebbe importante sia dal punto di vista militare, per consolidare la loro presenza nel Donbass, sia da quello politico e simbolico, perché Mosca ha bisogno di successi da raccontare. Tuttavia, l’eventuale caduta della città non cambierebbe l’inerzia generale del conflitto. L’equilibrio militare sul fronte resta legato a molti altri fattori: alla disponibilità di munizioni, alla capacità di addestramento e rotazione delle truppe, alla tenuta del fronte interno ucraino e al sostegno occidentale. Pokrovsk sarebbe una vittoria, ma non "la" vittoria.

Una vista di Pokrovsk dall’alto
Una vista di Pokrovsk dall’alto

Il presidente Zelensky ha recentemente parlato di un rapporto di forze di uno a otto, un soldato ucraino per otto russi. Che cosa significa, in termini concreti?

È una proporzione impressionante. Le regole generali della guerra dicono che un attaccante deve avere un rapporto di almeno 3 a 1 per sperare di superare la difesa del nemico. Qui parliamo di un rapporto più che doppio: 8 a 1. Questo dato ci dice due cose. Primo, l’intensità dell’offensiva russa, che è enorme. Secondo, e forse ancora più importante, la resilienza ucraina. Perché se, nonostante questa superiorità numerica, Mosca non riesce a ottenere uno sfondamento decisivo, vuol dire che le forze ucraine combattono con un’efficacia e una determinazione molto elevate. È il segno sia delle difficoltà operative dell’esercito russo sia della straordinaria capacità difensiva di Kiev.

Se la Russia dovesse conquistare Pokrovsk, come pensa che Putin potrebbe sfruttare questa vittoria sul piano propagandistico?

Dal punto di vista propagandistico, sarebbe un’occasione d’oro per il Cremlino. Ogni conquista territoriale può essere trasformata in un racconto eroico dalla macchina della comunicazione di Stato. Putin potrebbe presentare Pokrovsk come la prova che l'"operazione militare speciale" procede con successo, rafforzando il consenso interno e cercando di minare il morale ucraino e quello degli alleati occidentali.

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E sul piano negoziale cambierebbe qualcosa?

Da quel punto di vita l’impatto sarebbe più limitato. Putin ha già fissato le sue richieste: il riconoscimento dell’annessione dei cinque oblast e il pieno controllo di Donetsk. Con la presa di Pokrovsk, le sue rivendicazioni su Donetsk sarebbero più corroborate da fatti sul terreno, ma non cambierebbero la posizione dell’Ucraina e dei suoi sostenitori. Il negoziato resta bloccato: da un lato, Mosca non intende ridimensionare le proprie pretese; dall’altro, Kiev non vuole cedere territorio senza garanzie di sicurezza paragonabili all’Articolo 5 della NATO. Siamo, insomma, ancora molto lontani da una soluzione politica.

In vista dell’inverno, come pensa che cambierà la dinamica della guerra?

L’arrivo dell’inverno avrà un impatto notevole. Il peggioramento delle condizioni climatiche limiterà la mobilità delle truppe, già scarsa soprattutto per i mezzi pesanti russi. In questo senso, il freddo e il fango potrebbero avvantaggiare gli ucraini, che combattono difensivamente e possono sfruttare meglio il terreno.

Ci sono però due fattori incerti. Il primo riguarda l’uso dei droni, che è diventato centrale in questo conflitto. Con il maltempo, diventa più difficile impiegarli efficacemente, e questo potrebbe rallentare le operazioni di entrambe le parti. Il secondo fattore è la guerra alle infrastrutture: russi e ucraini continueranno a colpire obiettivi energetici e logistici. Mosca cercherà di sfruttare i rigori dell’inverno per mettere sotto pressione la popolazione ucraina, mentre Kiev tenterà di colpire il settore energetico russo, nel tentativo di indebolire l’export e, di conseguenza, la capacità del Cremlino di finanziare la sua macchina bellica.

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