Palestina, stanno per finire anche i farmaci per curare i bambini malati di tumore: “Presto non avremo nulla”

"Nell'area dell'ospedale dove lavoriamo ci sono giorni che sparano direttamente sulle persone, altri giorni dove la situazione è più o meno tranquilla. Ma qui mancano i farmaci per curare i bambini malati di tumore". A Fanpage.it Damiano Rizzi, presidente della Ong Soleterre e psiconcologo, racconta quello che sta succedendo all'ospedale di Beit Jala Governmental Hospital in Cisgiordania, a circa 10 chilometri da Gerusalemme e in parte annessa a Israele.
Si tratta dell'ultima struttura pubblica sanitaria rimasta per la cura del cancro infantile: ogni anno qui vengono curati 120 bambini. Ma "ancora un mese e mezzo e saremo senza medicinali per curare questi bambini". Senza contare che qui i "bambini crescono in un contesto segnato da guerra, occupazione, sfollamenti, carenze croniche di risorse e frequenti violazioni dei diritti fondamentali".

Importantissimo è anche il supporto psicologico perché nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania solo il 15 per cento dei bambini soffrono di sintomi legati alla guerra e quindi allo stress post traumatico. Abbiamo parlato della situazione con Rizzi.
Perché non c'è più rifornimento di farmaci oncologici per i piccoli pazienti?
Il Ministero della Salute palestinese – che è quello che paga gli stipendi ai medici, agli infermieri e compra i medicinali – non ha più soldi. Soleterre sta lavorando nell'ultimo e unico ospedale pubblico rimasto in Palestina per la cura del cancro infantile e delle patologie pediatriche croniche: il Beit Jala Governmental Hospital in Cisgiordania. I farmaci li compriamo con fondi privati e ne abbiamo a disposizione solo per un altro mese e mezzo. Negli altri due ospedali della regione con un reparto di oncologia pediatrica, ovvero l'Istishari Arab Hospital di Ramallah e l'Al Najah University Hospital a Nablus sono finiti da tempo i farmaci chemioterapici. Quindi, da pochi giorni abbiamo iniziato anche a curare alcuni bambini di Ramallah: li cureremmo tutti, ma tra poco non avremo più farmaci a sufficienza.
Se non intervenite voi in forma privata, il Ministero non è in grado di risolvere il problema della mancanza di farmaci per i bambini oncologici in breve tempo?
No. Bisogna tenere in considerazione che è in corso anche una grave crisi economica.
Se una famiglia con un bambino malato oncologico avesse disponibilità economica a comprare un farmaco, il medicinale sarebbe reperibile?
No, perché sono dei farmaci a uso ospedaliero. Noi per comprarli facciamo un bando di gara rivolto alle multinazionali del settore, esattamente come avviene anche in Italia. I produttori sono identici e per alcuni farmaci c'è solo un'azienda al mondo che li produce. Il fatto che non ci siano soldi e farmaci rende impossibile anche il mercato nero. Eppure tra bambini e adulti parliamo di 10mila pazienti. La gravità è che abbiamo farmaci a disposizione ancora solo per un altro mese e mezzo. Per questo stiamo cercando di raccogliere fondi.
E le famiglie non hanno neanche la possibilità di spostarsi e di andare in un altro ospedale a chilometri di distanza….
Esatto. Queste famiglie non hanno neanche i soldi per fare un esame medico, figuriamoci un viaggio del genere. E poi ci sono altri tipi di problemi: per raggiungere altri ospedali può essere che devi passare per tre posti di blocco. Per esempio per fare 25 chilometri da Hebron a Betlemme, bisogna attraversare quattro o cinque checkpoint militari. Poter uscire dal territorio quindi è un'impresa. Senza contare che a livello psicologico un paziente oncologico è meglio se sta nel suo ambiente di riferimento, con la loro famiglia e amici. Noi nel nostro ospedale salviamo gran parte dei bambini, ma dobbiamo avere i farmaci.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità per quanto riguarda i farmaci non viene in vostro aiuto?
In 23 anni che lavoro nell'oncologia pediatrica non ho mai visto un aiuto diretto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per aiutare una azienda ospedaliera a comprare farmaci. Inoltre, sono 3 anni che i medici non vengono pagati in Palestina: ci sono infermieri che dormono dentro gli ospedali perché non hanno soldi. Inoltre ora stiamo parlando di 10mila pazienti e di farmaci di diversi tipi. Certo è che non spetta a noi parlare con l'Organizzazione Mondiale della Sanità ma all'autorità palestinese.
Come si sente la guerra nella vostra zona?
Nell'area dove stiamo lavorando noi va a momenti: ci sono giorni che sparano direttamente sulle persone, altri giorni invece la situazione è più o meno tranquilla. Le aree invece di Turkana e Jenin sembrano Gaza all'inizio degli attacchi.