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Nicola Di Santo, l’italiano che rischia la pena di morte in Indonesia: “In carcere botte e torture”

Appello dell’avvocata Alessandra Ballerini per riportare in Italia Nicola Di Stefano, cuoco italiano arrestato a Bali con l’accusa di aver rapinato il suo socio in affari: “In carcere viene torturato e minacciato, rischia la pena di morte”
A cura di Chiara Ammendola
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Nicola di Santo
Nicola di Santo

In carcere in Indonesia da più di sei mesi con l'accusa di aver rapinato il suo socio in affari. Ora l'avvocata Alessandra Ballerini ha deciso di raccontare la storia dell'italiano Nicola Di Santo che rischia la pena di morte e per il quale ha chiesto l’intervento del Governo italiano: “Nicola dorme sul pavimento, ha spesso la febbre, ha perso 12 chili ed è in condizioni di salute assolutamente precarie”, spiega la legale che ha preso in carico la vicenda e che chiede per lui un processo in Italia così come riporta laRepubblica. Il caso è stato sollevato dal senatore Gregorio De Falco che ha presentato un’interrogazione parlamentare urgente.

Per comprendere il tutto però bisogna fare un salto indietro al marzo 2020 quando Nicola Di Santo, dopo aver trascorso due anni in Australia come cuoco, decide di andare in Indonesia per una vacanza. L'arrivo della pandemia cambia i suoi piani e lo costringe a restare a Bali per un tempo molto più lungo. Qui conosce un italiano che sull'isola vive da anni e con il quale decide di investire in una serie di business che comprendono una catena di ristoranti oltre che il mondo delle criptovalute, ambito nel quale il suo socio sembra essere un esperto.

Passa un anno e qualcosa va storto: i rapporti tra i due soci si incrinano e così Di Santo decide di tornare in Italia. Prima di partire però viene arrestato. L'accusa, così come riescono ad apprendere i genitori da lontano e attraverso una telefonata che arriva dopo giorni di silenzio, è di aver rapinato proprio il suo socio che lo ha denunciato facendo scattare l'arresto. Non lo avrebbe fatto lui in prima persona ma avrebbe pagato due uomini russi per farlo. Inizia a questo punto il lungo calvario per Di Santo che viene rinchiuso in carcere dove la polizia lo minaccia e picchia in continuazione, arrivando a spegnergli le sigarette sul corpo. Tutto documentato, come riferisce l'avvocata Ballerini che racconta anche dell'incontro che i diplomatici italiani hanno avuto lo scorso 16 novembre in prigione proprio con il giovane.

Le torture vanno avanti, dice Di Santo, solo per farlo confessare, ma lui continua a proclamarsi innocente. Il suo caso viene affidato a degli avvocati del posto che chiedono alla famiglia di Nicola migliaia di euro, prima per sostenere le spese legali (quasi 13mila euro) e poi per una cauzione (circa 60mila euro). Il cuoco italiano però dal carcere non esce, anzi la sua situazione psicofisica si aggrava, così come racconta il legale che ora rappresenta la famiglia. “La cella misura tredici passi da un muro all’altro, non c’è una sedia, né un tavolo e i detenuti come sciacquone per il wc devono usare un secchio. Nicola mangia due ciotole di riso al giorno. Esce dalla cella solo per andare alle udienze del processo in tribunale. Gli è vietato telefonare e ricevere visite, comprese quelle degli avvocati e dei dottori, al contrario degli altri detenuti che hanno accesso anche al telefono di servizio”.

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