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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

“Moriremo guardando l’uno il corpo dell’altro”: la testimonianza da Gaza ridotta alla fame

“Stiamo morendo di fame. Ogni giorno mi trascino lontano da mia moglie e dalle mie figlie, ho paura che la fame mi spinga a mangiare il poco cibo che c’è e che voglio mangino loro. Le lascio sole la mattina e poi ritorno la sera per accertarmi che stiano bene”, ci scrive Mohamed Alamarin da Gaza City.
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“Stiamo morendo di fame, non riesco più a stare in piedi, se la situazione rimane così moriremo guardando l’uno il corpo vuoto dell’altro”, ci scrive Mohamed Alamarin da Gaza City.

“Vorrei scrivere di più ma non riesco a concentrarmi, ho troppa fame”, continua, “stiamo morendo. Stiamo morendo di fame. Ogni giorno mi trascino lontano da mia moglie e dalle mie figlie, ho paura che la fame mi spinga a mangiare il poco cibo che c’è e che voglio lo mangino loro. Le lascio sole la mattina e poi ritorno la sera per accertarmi che stiano bene”.

Da tre giorni a Gaza non entra più assolutamente niente. La Gaza Humanitarian Foundation (GHF) continua quelle che Israele si ostina a chiamare distribuzioni alimentari ma che di fatto sono un mattatoio di civili (solo ieri altre 67 persone sono state uccise dai cecchini israeliani mentre erano in fila nei punti di distribuzione di GHF, nell’ultimo mese 500), con la poca farina ancora a disposizione senza sapere – però – fino a quando potrà continuare.

“La situazione qui è assolutamente catastrofica. La poca farina che c’è ha raggiunto i 200 shekel (ndr. circa 51 euro) nei mercati. Ma un chilo di farina non è sufficiente per una famiglia”, spiega Hamza Alattar, 22 anni, studente di medicina e volontario all’Ospedale Indonesiani di Gaza, oggi rimasto solo con la sorellina di dieci anni dopo che i genitori e i fratelli sono stati uccisi da un bombardamento israeliano lo scorso maggio. "Questo è un incubo”, continua il giovane.

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Secondo quanto dichiarato ieri da Anas al-Sharif, corrispondente di Al-Jazeera a Gaza, l’85% della popolazione di Gaza è entrato nel quinto stadio della malnutrizione – la fase più critica e pericolosa, che spesso è irreversibile anche se il cibo dovesse essere nuovamente disponibile in futuro.

Già lo scorso maggio il portavoce dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) aveva dichiarato che "Gaza è il posto più affamato del mondo. È l'unica area demarcata, un Paese o un territorio definito all'interno di un Paese, dove l'intera popolazione è a rischio di fame. Il 100% della popolazione è a rischio di fame".

Oggi il ministero della Sanità di Gaza prevede che se nell'enclave non entra immediatamente del cibo, saranno migliaia le persone a morire di fame nei prossimi giorni.

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Razan Abu Zaher è già morta, aveva 4 anni e un corpo scheletrico. Era una delle migliaia di bambini che dal 7 ottobre 2023 affrontano quella che i genitori hanno definito "una morte lenta e continua” a causa della malnutrizione. Negli ultimi 21 mesi almeno 76 bambini sono morti per la malnutrizione frutto delle restrizioni imposte da Israele su aiuti, cibo e latte artificiale. I medici di Gaza affermano che le limitate forniture di latte artificiale, compreso quello specializzato per i neonati prematuri, sono finite. Più di 580 bambini nati pretermine negli ospedali di Gaza moriranno a breve se dentro la Striscia non entrerà immediatamente latte artificiale e latte specializzato per neonati prematuri.

E mentre i bambini di Gaza in ginocchio mangiano la sabbia, altri 19 palestinesi sono morti di fame nelle ultime 24 ore.  “Non c’è niente nei supermercati, anche se avessimo i soldi gli scaffali sono tutti vuoti”, continua Mohamed.

"Abbiamo molta molta fame, ma la cosa più straziante – conclude – è che per la fame le persone hanno iniziato ad ammazzarsi a vicenda”.

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