Mohamed, che cucinava pizze per i bimbi di Gaza: “Costretti a scappare dalle bombe, qui violenza inumana”

Non c’è più niente a Gaza, Israele ha annientato tutto, negando persino la possibilità di sperare nell’unica fonte di libertà: il mare. La settimana scorsa il fotografo gazawi Ahmed Sh Abu Ajwa aveva pubblicato le immagini di un gruppo di bambini che giocavano tra le onde e il relitto di un peschereccio bombardato. Nonostante tutto giocavano, nonostante tutto a Gaza c’era ancora il mare, unica fonte di gioia per i bambini e di sollievo dal caldo infernale per gli adulti. Sabato l’Idf, in un post su X, ha negato ai gazawi persino quello: "Vi ricordiamo che sono state imposte rigide restrizioni di sicurezza nella zona marittima adiacente alla Striscia e l'ingresso in mare è proibito – ha dichiarato l’esercito israeliano nell’avvertimento – le IDF risponderanno a qualsiasi violazione di queste restrizioni. Esortiamo pescatori, bagnanti e subacquei ad astenersi dall'entrare in mare. Entrare in acqua lungo la Striscia vi esporrà a gravi pericoli".
Nello stesso giorno sono stati uccisi almeno 110 palestinesi, di cui 34 persone che sono state sparate dai cecchini mentre erano in fila nell’unico punto di distribuzione degli aiuti ancora funzionante nella Striscia. Domenica, invece, almeno 52 persone sono state uccise a Gaza City, e altre 10 di cui 6 bambini e un volontario della Gazzella Onlus, nel sito di distribuzione idrica nella zona centrale di Gaza creato dalla stessa associazione italiana. Ieri Israele ha ucciso almeno altre 72 persone, secondo quanto riferito ad Al Jazeera da fonti ospedaliere, tra loro decine sono state ammazzate mentre erano in fila per la farina.

“Qui non c’è più cibo né acqua potabile. I bombardamenti continuano, e l’esercito israeliano si avvicina ogni giorno di più. Anche le cosiddette ‘zone umanitarie’ sono colpite da una violenza inumana". A parlare è Mohamed Alamarin, il pizzaiolo di Gaza di cui aveva scritto Fanpage.it lo scorso giugno. “Sono stato costretto a chiudere la pizzeria e a scappare, le bombe venivano lanciate vicinissime, avevo paura che a breve saremmo stati colpiti anche noi. La pizzeria è a mezz'ora da me, ma non posso avvicinarmi a causa dell'intensità dei bombardamenti”, racconta.
Adesso è bloccato nel quartiere di Al-Zaytoun, nella zona est di Gaza City, dove i carri armati israeliani si trovano ormai a meno di un chilometro dalle abitazioni. Ci scrive mentre è rifugiato tra quello che resta della sua casa, con la moglie e le figlie piccole, nascosto dai colpi di artiglieria pesante e i bombardamenti sempre più vicini. In un video che ha mandato a Fanpage.it, la finestra di casa sua trema a causa di un missile caduto a pochi metri da dove si trovano. “Non sappiamo dove andare. I proiettili arrivano da vicino, cadono frammenti di razzi ovunque. I droni quadricotteri non abbandonano mai l’area e sparano su chiunque si muova. I carri armati sono a meno di un chilometro da noi”.
Mohamed, come tanti altri palestinesi a Gaza, adesso ha un unico obiettivo: mettere in salvo la sua famiglia. Ha fatto richiesta il 19 marzo 2024 per un visto in Italia, il paese dove era già stato nel 2023, ma la Farnesina non ha ancora dato nessuna risposta né a lui né alle altre centinaia di persone che attendono di essere evacuate nel nostro paese. “Ho un contratto di lavoro in Italia e un posto dove vivere. Tutti i miei documenti sono in regola, è tutto pronto. Ma non mi rilasciano il visto. Mi dicono che stanno lavorando sulle pratiche delle famiglie divise tra l’Italia e Gaza, ma io cosa dovrei fare? Aspettare che sia troppo tardi?”, continua l’uomo.
Riusciamo a parlarci solo per pochi minuti: “Non posso tenere il telefono sempre acceso, sono troppo vicino alle postazioni israeliane, è molto pericoloso usare internet”, ci spiega prima di lanciare un ultimo appello: “Voglio solo uscire da questo genocidio con la mia famiglia. Il pericolo è ovunque. Ma fuori da Gaza, nessuno ci ascolta”.