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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Missili Tomahawk all’Ucraina, gli esperti: “Braccio di ferro fra USA e Russia, ma il rischio è un’escalation”

“Con i missili, sotto tiro intere flotte”, spiega a Fanpage.it l’analista William Alberque. Ma il loro uso “richiede piattaforme di lancio e intelligence americane”, aggiunge Pavel Podvig di Russian Forces. Sarebbe una escalation nella partecipazione Usa al conflitto. Mentre da Mosca l’ex colonnello Khodarenok avverte: “Stavolta la risposta russa sarà davvero nucleare”.
A cura di Riccardo Amati
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“Sono missili vecchiotti”, secondo Vladimir Putin. Sul palco del Club Valdai, equivalente russo del World Economic Forum di Davos, ha parlato come un vecchio patriarca onnisciente delle cose del mondo. Sui missili Tomahawk si è impappinato e ha strascicato le parole. Ma il messaggio è stato chiaro: “Sono armi potenti e rappresentano una minaccia anche se non cambierebbero i rapporti di forza sul campo. Di certo, una fornitura di Tomahawk all’Ucraina precluderebbe il miglioramento delle nostre relazioni con gli Usa”.

Il BGM-109 Tomahawk, prodotto in diverse versioni, è un missile da crociera subsonico a lungo raggio capace di colpire con precisione bersagli a oltre 1.600 km di distanza. Può essere armato con testate convenzionali o nucleari. È stato ampiamente utilizzato in operazioni militari fin dal 1983.

Mentre scriviamo, Donald Trump sta decidendo se dare i Tomahawks a Kiev. Vuol prima sapere “come verrano utilizzati”. Dalla sua decisione può dipendere un aumento delle capacità di resistenza dell’Ucraina, o un’escalation incontrollabile. In gioco, la svolta pragmatica voluta dal presidente Usa all’inizio del mandato nei confronti della Russia. Atteggiamento che non è servito a porre fine a una guerra costata la vita o ferite invalidanti a oltre 1,6 milioni fra militari e civili di ambo le parti. Ma che qualche speranza di poter arrivare a trattative di pace l’aveva pur accesa.

Quali sono i limiti nell'utilizzo dei missili Tomahwk dall'Ucraina

“L’unica piattaforma di lancio da terra per i Tomahawk è il sistema Typhon, di cui gli stessi Stati Uniti hanno disponibilità limitata”, dice a Fanpage.it, il direttore di Russian Forces Pavel Podvig. L’esperto di armamenti e vettori nucleari si dice “perplesso”: i missili in questione sono impiegati soprattutto da navi, sottomarini e aerei appositamente attrezzati, mezzi che Kiev non possiede. Quindi, gli americani dovrebbero fornire anche le rampe Typhon, il personale capace di farle funzionare e i dati di intelligence per guidare i missili. Impegno che va parecchio al di là di un sostegno esterno all’Ucraina e potrebbe significare una rottura definitiva col Cremlino. Davvero Trump vuole un cambio di direzione di 180 gradi, nei confronti dell’ “amico” Putin? Per non tagliare i ponti, potrebbe spedire a Volodymyr Zelensky solo Tomahawk con una gittata limitata a 300 miglia (circa 482 chilometri). Le restrizioni del Missile Control Technology Regime (MTCR), accordo internazionale informale di cui sia Usa che Ucraina fanno parte, prevedono proprio quel limite.

"Gli ucraini avrebbero sotto tiro tutte le navi da guerra russe"

“È probabile che sarà questa la scelta”, prevede l’analista del Pacific Forum William Alberque, trent’anni di carriera tra governo Usa e Nato nel controllo degli armamenti. “Ma Trump troverà ostacoli all’interno della sua stessa amministrazione”, spiega a Fanpage.it: “Molti advisor tecnici del presidente si oppongono al limite delle 300 miglia, perché Mosca sta fornendo all’alleata Bielorussia missili Iskander con testata nucleare, in flagrante violazione dell’MTCR”. E la Russia non ne fa mistero, anzi.

Le testate nucleari per i Tomahawk, invece, “sono state da tempo smantellate”, fa presente Pavel Podvig. Ma anche se non sono una minaccia nucleare, i nuovi missili fanno paura. Le testate convenzionali contengono oltre 450 chili di esplosivo. I vettori volano alla velocità di un aereo di linea ma a bassa quota, meno di 200 metri. I sistemi di difesa basati su radar possono rilevare i Tomahawk a una distanza di circa 16–17 chilometri. Però devono essere neutralizzati subito, di solito con due missili terra-aria. La finestra di ingaggio è estremamente ridotta. Difficile intercettarli e abbatterli, insomma. I russi avrebbero molto da temere dalla versione che può colpire a 1.600 chilometri di distanza: “Dal loro territorio gli ucraini avrebbero sotto tiro tutte le navi da guerra russe nel Mar Nero e nel Mare di Azov. E anche la flotta del Caspio sarebbe esposta”, argomenta Alberque. Inoltre, sarebbe alla portata il distretto militare meridionale delle forze armate nemiche, il distretto della stessa Mosca e gran parte di quello di San Pietroburgo”.

I missili Tomahawk verrebbero impiegati contro "obiettivi importanti"

Anche se venisse fornita a Kiev solo la versione che rispetta il limite MTCR delle 300 miglia, i Tomahawk sarebbero una pessima notizia per le unità navali russe nei mari tra Europa e Asia, nonché per le basi militari, gli hub logistici e le installazioni energetiche all’interno del raggio di azione dei missili. “Le basi militari e le infrastrutture energetiche finora irraggiungibili verrebbero subito prese di mira”, afferma Podvig. Gli attacchi di droni stanno già colpendo raffinerie e depositi di carburante, e ora potrebbero far danni anche a quelli più distanti, finora ritenuti dai russi al sicuro e in grado di sopperire. Alberque è drastico: “Se facessi parte dello Stato maggiore delle forze armate russe, mi affretterei ad organizzare il trasferimento di tutti gli asset critici che al momento si trovano nel raggio di 300 miglia dalle linee ucraine”. E da Mosca Mikhail Khodarenok, ex colonnello dello Stato maggiore dell’armata di Putin, concorda: data la portata, la precisione e la testata da 450 chili, i Tomahawk verrebbero impiegati contro “obiettivi importanti”, con distruzioni significative — ha scritto in una sua analisi. Né in Occidente né in Russia gli esperti considerano l’eventuale arrivo dei Tomahawk un “game changer”. Ma le opinioni sulla loro capacità distruttiva coincidono.

Cosa potrebbe succedere se Trump decidesse di inviare i Tomahawk all'Ucraina

Di fronte alla nuova arma dell’Ucraina, secondo Khodarenok la Russia dovrebbe reagire prima colpendo in tutti i modi possibili i più alti nodi di comando di Kiev, perché riterrebbe la leadership nemica responsabile di minacce dirette contro il Cremlino. Se ciò non bastasse a far ritirare i Tomahawk, si passerebbe poi a un “colpo dimostrativo” che potrebbe essere nucleare, lanciando su un’area disabitata un’ordigno in grado di provare la capacità e la precisione russa nell’utilizzo di un’arma molto potente. La dottrina nucleare di Mosca lo prevede, se l’esistenza dello Stato è in pericolo. Anche nel caso che sia attaccato con armi convenzionali. Per la “dimostrazione”, l’ex colonnello consiglia il Mar Nero. In modo che da Odessa, da Nikolaev e dall’Europa gli osservatori capiscano bene il messaggio. Ma davvero potrebbe finire così? “Non succederà”, risponde William Alberque. “Una simile opzione sarebbe considerata solo nel caso, molto improbabile, di un attacco ucraino a un deposito di testate nucleari o all’NC3I (Nuclear Command, Control, Communications, and Intelligence: il centro di comando delle forze nucleari, ndr)”. Piuttosto — ritiene Alberque —, la risposta sarebbe una minaccia di escalation, accompagnata dall’utilizzo di missili balistici a raggio intermedio (IRBM) come l’Oreshnik.

L’escalation possibile

Siccome oltre alle piattaforme Typhon e agli specialisti del sistema di lancio, gli americani insieme ai Tomahawk dovrebbero dare a Kiev anche tutti dati di intelligence per farli funzionare, si tratterebbe di una “escalation nella partecipazione statunitense alla guerra”, ha scritto Khodarenok. Aggiungendo che ciò rimuoverebbe qualsiasi vincolo residuo per la leadership militare e politica russa riguardo all’uso di “armi speciali” nella zona di conflitto. L’analisi dell’ex colonnello russo, talvolta critico dei modi in cui il Cremlino conduce la guerra, rispecchiano le consuete minacce con cui Mosca ha accompagnato le proprie richieste a Washington di non dare agli ucraini gli ATACAMS, e ora i Tomahawk. Le linee rosse sono state più volte superate e le minacce non si sono concretizzate. I Tomahawk, in particolare se nella versione da 1.600 chilometri, possono però adesso cambiare il modello finora ripetuto. E comunque comportare l’azzeramento del processo di normalizzazione dei rapporti col Cremlino inaugurato con la presidenza Trump. Proprio come ha detto Putin al Club Valdai, a Sochi. Si dissolverebbe così ogni residua aspettativa di un nuovo tentativo di mediazione degli americani sull’Ucraina. Non che i precedenti siano stati proficui. Ma la pace avrebbe una possibilità in meno. E già ne ha molto poche.

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