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Guerra in Ucraina

L’oppositrice russa Julija Galjamina: “Putin è appeso a un filo, la sua fine è vicina”

Julija Galjamina, deputata moscovita oppositrice del regime russo: “Vladimir Putin è appeso a un filo. La sua fine è vicina. Non ha partner internazionali. L’esercito è allo sfascio e le risorse stanno per finire”.
A cura di Davide Falcioni
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Immagine da Wikimedia.
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"La fine di Putin è vicina". A dirsene convinta, in un'intervista rilasciata a Repubblica, Julija Galjamina, deputata moscovita arrestata lo scorso anno per disobbedienza alle disposizioni della polizia: le manette scattarono durante un congresso che doveva costruire alleanze elettorali per contrastare il partito di Putin, Russia Unita, ma la donna oggi è in libertà vigilata e ha deciso di continuare a fare politica soprattutto al fianco dei movimenti femministi del suo Paese.

"Vladimir Putin è appeso a un filo", dice. "La sua fine è vicina. Non ha partner internazionali. L’esercito è allo sfascio e le risorse stanno per finire. Non ci sarà nessuna rivoluzione, sia chiaro, ma se mai Putin si trovasse ad affrontare un tentato colpo di Stato, difficilmente la popolazione scenderà in piazza per sostenerlo". Julija Galjamina è dunque convinta che la guerra sta lentamente logorando il consenso intorno al capo del Cremlino e che il clima che si vive in Russia sia di costante paura.

"La repressione – spiega – è aumentata a livelli mai visti. Gran parte dell’Intelligencija ha lasciato il Paese. In un certo senso, è un’opportunità. Si aprono spazi di società civile per nuovi movimenti". Tuttavia, "l’operazione militare speciale è diventata routine, anche nei media. Una certa percentuale capisce quello che fa lo Stato e lo appoggia, ma c’è anche una parte che magari dice di sostenerlo, ma è disinteressata. Invece chi è contrario, è emotivamente coinvolto".

Contro il regime di Putin – conclude Galjamina – "si sarebbe dovuto intervenire anni fa, ma lo stesso Occidente non capiva. Nel 2012 a Bruxelles incontrai eurodeputati che difendevano le autorità russe anche dopo l’aggressione in Georgia del 2008. Si sarebbero dovute adottare sanzioni, ma non fu fatto nulla".

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