L’ONU dice che la Striscia di Gaza è “il luogo più affamato della terra” a causa del blocco di Israele

Gaza è attualmente "il luogo più affamato al mondo", l'unico in cui l’intera popolazione rischia la carestia. A denunciarlo Jens Laerke, portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), nel corso di una conferenza stampa tenuta oggi a Ginevra: Laerke ha sottolineato che le operazioni di consegna di aiuti umanitari, pur pronte a partire, sono bloccate da gravi limitazioni imposte da Israele. Le consegne, ha detto, sono state messe "in una camicia di forza operativa" che la rende una delle operazioni umanitarie "più ostacolate, non solo nel mondo di oggi, ma nella storia recente". E pensare che pochi giorni fa il premier Netanyahu ha dichiarato che a Gaza "non c'è fame" ma che, al contrario, i palestinesi "stanno ingrassando".
Da quando, dieci giorni fa, è stato riaperto il valico di Kerem Shalom tra Israele e Gaza, sono stati autorizzati quasi 900 camion di aiuti. Tuttavia, meno di 600 sono stati scaricati nella Striscia e ancor meno sono stati effettivamente distribuiti alla popolazione, a causa di rotte "congestionate e insicure" imposte dalle autorità israeliane e di ritardi nei permessi.
Una distribuzione di cibo goccia a goccia
"Il cibo viene consegnato goccia a goccia in un'area sull'orlo della fame catastrofica", ha dichiarato Laerke, descrivendo la situazione come un’iniezione di aiuti assolutamente insufficiente. Molti camion sono stati presi d’assalto da persone disperate lungo il percorso, che lottano per nutrire le proprie famiglie. "È una reazione di sopravvivenza da parte di persone disperate. Non le biasimo neanche per un secondo per aver preso degli aiuti che sostanzialmente sono già loro, ma non sono distribuiti nel modo che avremmo voluto", ha spiegato.

Aiuti pagati, ma bloccati
Secondo Laerke, l’ONU e i partner hanno "decine di migliaia di pallet di cibo e aiuti salvavita" pronti a entrare a Gaza, ma il blocco burocratico e operativo imposto da Tel Aviv impedisce la loro consegna. "Gli aiuti sono stati sdoganati e approvati, ma non possono ancora essere distribuiti", ha spiegato.
Nel frattempo, un nuovo sistema di distribuzione, sostenuto da Stati Uniti e Israele e gestito da una fondazione privata, la Gaza Humanitarian Foundation, ha iniziato ad operare indipendentemente dall’ONU. Martedì almeno 47 palestinesi sono rimasti feriti da colpi di arma da fuoco mentre cercavano di accedere agli aiuti in uno dei centri di distribuzione nel sud di Gaza.
Jonathan Whittall, capo dell’OCHA nei Territori Palestinesi Occupati, ha definito questa iniziativa una "scarsità ingegnerizzata", che concentra la distribuzione in quattro centri sorvegliati da contractor di sicurezza privati, accessibili solo a chi può raggiungerli."“Questo sistema non funziona, viola il principio di imparzialità e crea caos", ha detto Laerke.
Appello per la riapertura totale dei valichi
La comunità umanitaria chiede la riapertura di tutti i punti di ingresso verso Gaza, inclusi quelli da Giordania ed Egitto, per consentire la consegna diretta degli aiuti alle famiglie. Oggi oltre l’80% della Striscia è in zone militarizzate o soggetta a evacuazioni forzate. Dall’interruzione del cessate il fuoco a marzo, quasi 635mila persone sono state nuovamente sfollate.
La crisi alimentare a Gaza è un’emergenza umanitaria senza precedenti, e la comunità internazionale è chiamata ad agire con urgenza per evitare una catastrofe.