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Guerra in Ucraina

Lo scrittore russo Sorokin a Fanpage.it: “Non pensavo che Putin fosse così folle”

“La Russia di oggi è il Medioevo”, dice a Fanpage.it il grande scrittore russo. “E l’Europa rischia di diventarlo”. “Lo zar? Un teppista senza alcuna ideologia”.
A cura di Riccardo Amati
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“Il concetto di assurdo non basta a descrivere la Russia di oggi: semmai serve quello di grottesco. Ma un grottesco al quadrato”. Lo scrittore “assurdista” Vladimir Sorokin ha la voce gentile e usa il linguaggio postmoderno, l’umorismo surreale e le immagini terrificanti che pervadono la sua produzione letteraria. È uno dei più grandi autori russi contemporanei, probabilmente il più popolare. “La Russia di Putin è il Medioevo e la sua guerra contro l’Ucraina è la guerra degli zombie contro il futuro”, afferma. “Se vincesse Mosca, il Medioevo potrebbe conquistare l’Europa”.

Nel suo romanzo più famoso, “La giornata di un oprichnik”, Sorokin immaginava la Russia del 2027 con a capo uno zar, strettamente alleata alla Cina e con un muro a dividerla dall’Occidente. Un Paese moderno e al contempo medievale, in mano ai pretoriani del sovrano, gli oprichniki — le famigerate guardie di Ivan il Terribile. Una distopia che, almeno in parte, sta diventando realtà. Speriamo che l’autore non sia stato preveggente anche nel suo ultimo libro, “Doktor Garin”, di prossima pubblicazione in Italia. Vi si racconta di un futuro in cui il mondo è in stato di guerra permanente, con attacchi nucleari a cadenza regolare. Mentre in un ospedale psichiatrico di lusso negli Altai vivono i pazienti Boris, Angela, Emmanuel, Silvio e…Vladimir. Che sa dire soltanto “non sono io”.

Sorokin ha 66 anni, non è mai stato un attivista politico ma nemmeno è mai andato d’accordo col Cremlino. Nel 2002 un gruppo giovanile pro-Putin gettò copie dei suoi libri in un enorme Wc di cartapesta davanti al teatro Bolshoi a Mosca. Poi lo scrittore fu formalmente accusato di pornografia per una scena erotica tra i cloni di Stalin e Khrushchev nel suo romanzo “Goluboe Salo” (Lardo blu). L’invasione dell’Ucraina è stata l’ultima goccia.

Fanpage.it ha raggiunto lo scrittore al telefono nell’appartamento che da tempo possiede a Berlino, dove è arrivato dalla Russia due giorni prima dell’inizio della guerra. “Ma non mi aspettavo l’attacco, non facevo Putin così folle”, spiega. Al momento non ha intenzione di tornare in patria.

Quanto c’è della Russia di Putin in “La giornata di un oprichnik”?

La realtà è sempre più dura della finzione letteraria. E la realtà russa, poi, esagera. Ma la natura del potere descritto nel libro è la stessa: è un potere medievale. La Russia di Putin è il nuovo Medioevo. E adesso questo Medioevo ha varcato il confine e ha iniziato un’espansione aggressiva verso l’Europa. In molti si sono stupiti della violenza delle forze militari di Mosca. Io no. Soldati, ufficiali e generali si identificano completamente con i guerrieri medievali.

La sua scrittura spesso trasuda violenza. Perché?

Sono nato e cresciuto in un Paese fondato sulla violenza. La violenza è la metafisica della vita russa. Fin da piccolo mi sono chiesto perché i russi non possano farne a meno.

E si è dato una risposta? 

Il nostro Stato nasce nel XVI secolo con Ivan il Terribile. Un sovrano crudele e paranoico che ha stabilito un principio tuttora vigente: il potere agisce come un invasore, un violento occupante dell’enorme territorio della Russia.

Nel libro, segreti inconfessabili uniscono gli oprichniki allo zar e tra di loro. Crede che esista qualcosa del genere, nell’entourage del presidente? 

Hanno un solo segreto, Putin e i suoi: si son giurati di mantenere il loro potere. Ad ogni costo. Sono pronti a tutto, per farlo.

In un altro suo romanzo, “Telluria”, immagina l’Europa divisa in piccoli stati medievali. Crede che sia un rischio reale? 

Questa guerra si sta trasformando in un conflitto contro l’intera civiltà occidentale. È una guerra tra passato e futuro. Putin, con il suo nuovo Medioevo, sta combattendo dalla parte del passato. L’ Ucraina e l’Europa combattono per il futuro. La Russia non può e non deve vincere.

In Italia e altrove in Europa, però, in molti danno ragione a Putin. L’anti-americanismo è diffuso. Si fanno appelli a uno stop degli aiuti militari all’Ucraina. I politici sovranisti ci vanno a nozze. Lo scenario di “Telluria” non sembra poi così fantasioso.

Se gli europei non aiuteranno l’Ucraina a vincere, allora le idee del nuovo Medioevo russo verranno iniettate nel corpo dell’Europa unita e come un acido inizieranno a distruggerlo. Anzi, più che di un acido si tratterebbe di veleno da cadavere. Perché la guerra di Putin è la guerra degli zombie. E per l’appunto il simbolo dell’”operazione speciale” di Putin è la lettera Z: sono gli zombie riemersi dal passato, a combattere contro gli ucraini.

Che Russia si immagina, dopo questa guerra? 

La Russia è un Paese imprevedibile e il conflitto aggiunge ulteriore incertezza. Ma ho la sensazione che il regime di Putin sia entrato nella fase finale. Penso che il suo sviluppo abbia raggiunto il limite. E che questa guerra sarà la sua fine.

E potrebbe essere una fine apocalittica? Nel mondo del suo ultimo libro, “Doktor Garin”, la guerra nucleare è diventata la normalità. Putin, messo alle strette, potrebbe usare l’atomica?

In teoria sì, perché in tutti questi 20 anni ha coltivato e fatto crescere il ricatto nucleare. In pratica, non ne sono sicuro. Perché Putin ha l’etica del teppista da strada, che dice a tutti di avere un coltello in tasca e minaccia di usarlo ma difficilmente lo farà. Altrimenti lo avrebbe fatto subito e senza dire una sola parola.

Qual’è l’ideologia di Putin? A volte sembra uno zar “liquido”, che risponde alle paure createsi in Russia nei caotici anni immediatamente successivi alla dissoluzione dell’Urss, più che seguire una sua dottrina o una vera strategia politica.

Indubbiamente al Cremlino sono neo-imperialisti e vogliono la rinascita dell’impero russo. Però la politica di Putin è eclettica. Lui non segue un’ideologia. Ha molti modelli: gli zar ma anche Stalin, Brezhnev, Andropov. Da ognuno coglie una sfumatura diversa. La base su cui fa affidamento, tuttavia, resta la piramide del potere russo così come fu creata nel Medioevo: una struttura al cui vertice è il sovrano protetto dalle sue guardie armate. E in basso non ci sono cittadini ma sudditi.

E secondo lei questa “piramide” del potere è sempre rimasta la stessa? Non è una forzatura, la sua? Siamo nel Ventunesimo secolo, anche in Russia. A Mosca non mi sento certo nel Medioevo.

Nel corso dei secoli son cambiate le facciate ma non la struttura. Sotto Stalin la facciata era di cemento. Con Putin è di plastica e di materiali moderni.

Perché per Putin è così importante l’Ucraina? Sembra proprio ossessionato.

Putin odia l’Ucraina e gli ucraini in modo patologico, perché hanno scelto un percorso democratico di sviluppo. Il futuro invece del passato. E in Ucraina tutti parlano russo. È un modello in scala ridotta della Russia. Ma non autoritario. Ai russi potrebbe venir voglia di copiarlo. L’esistenza del “modello ucraino” provoca paura e odio, in Putin.

La maggior parte dei russi la pensa come il presidente, secondo i sondaggi.

Per 20 anni il reattore nucleare della propaganda ha funzionato a pieno regime irradiando la popolazione con slogan neo-imperialisti. L’80 per cento degli irradiati ha subito mutazioni: ha il cervello deformato dalla propaganda.

Il sociologo Lev Gudkov sostiene che il cosiddetto “Homo Sovieticus”, cinico e conformista perché deve sopravvivere in un ambiente totalitario, non si è mai estinto e prospera nella Russia di Putin. Ha ragione?

Lo definirei piuttosto “uomo post-sovietico”. Ma si è risvegliato. Yeltsin commise un grave errore a non seppellire il cadavere dell’Urss, al contrario di quel che fecero Germania e Italia con nazismo e fascismo. Noi ci siamo limitati ad abbandonare il passato sul terreno, pensando che il cadavere marcisse da solo. Invece si è alzato, si è trasformato in uno zombie e ora vaga non solo per la Russia ma anche oltre confine, spaventando l’Europa.

Quest’anno usciranno edizioni in lingua inglese dei suoi romanzi, “Telluria” e “Serdtsa Chetyrekh” (I loro quattro cuori), per la traduzione del giovane talento Max Lawton, secondo cui lavorare con lei — mi ha detto — “è come suonare jazz con Miles Davis”. Poi ci saranno oltre al “Doktor Garin” in italiano, altri sei titoli in inglese nei prossimi tre anni, sempre con Lawton. Lei sta andando per la maggiore. Lavora a qualcosa di nuovo?

Non ancora. Quando è in corso una guerra, la letteratura di solito tace. La guerra è più forte di tutto. I grandi romanzi sulla guerra son stati scritti dopo. Ora è solo il momento di rattristarsi. E preoccuparsi.

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