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Guerra in Ucraina

L’europarlamentare Bartolo a Fanpage.it: “Armi in Ucraina dall’Europa? Non potevamo lasciarli soli”

“Spero si possa arrivare a una soluzione della guerra in Ucraina con il dialogo, con i negoziati”, spiega Pietro Bartolo in un’intervista a Fanpage.it. Il medico di Lampedusa, europarlamentare dal 2019 ed esponente di Demos, è preoccupato per le persone, i profughi, i bambini: “Oggi l’Europa ha aperto loro le porte, speriamo sia l’inizio di un cambiamento politico”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Il medico di Lampedusa, ormai da diversi anni calato nel ruolo di parlamentare europeo ed esponente di Demos, ha in mente solo una priorità mentre viene intervistato da Fanpage.it: la pace in Ucraina. Pietro Bartolo spiega il suo punto di vista sulla guerra scatenata dalla Russia, sulle scelte di Putin e soprattutto su quello che deve fare l'Unione europea. Per l'europarlamentare è fondamentale la reazione dei Paesi Ue sui migranti, nettamente diversa rispetto al passato anche più recente. E può rappresentare l'inizio di un cambiamento.

La guerra in Ucraina continua e diventa più violenta di ora in ora, cosa vuole, secondo lei, Putin?

Nessuno può sapere cos'ha nella testa. La sua intenzione è quella di riunire l’impero russo, o almeno questo emerge da ciò che ha detto nelle sue conferenze. Magari si è perso settant'anni di storia, perché le cose sono cambiate. In guerra ci sono solo sofferenze, morti, bambini che soffrono. La guerra non ha senso, c'è gente che scappa dalle bombe e si va a nascondere nei sotterranei. Abbiamo visto lo strazio delle famiglie, la paura, bisogna scongiurarla totalmente. Spero che ancora ci siano possibilità di dialogo, che ci sia la possibilità di trovare, attraverso negoziati, la fine di questa guerra così brutale.

Ieri ci sono stati i primi negoziati, che significato gli dà?

È ovvio che ora qualcuno deve cedere su qualcosa, perché se andiamo allo scontro perdiamo tutti. È venuto fuori qualche spiraglio. Io mi auguro con tutto il cuore che si possa arrivare a un compromesso, a una soluzione. Perché tutto questo farà male al mondo intero, sia attraverso la guerra che attraverso le sanzioni che non colpiscono soltanto Putin, ma anche tutto il resto del mondo. Credo che il buon senso, la mediazione e i negoziati siano i principi delle risoluzioni dei problemi. La soluzione non sono certo le armi.

Però di armi ne stanno arrivando tantissime in Ucraina, inviate da tutto il mondo e anche dall'Unione europea…

Non potevamo lasciare sola l’Ucraina, che è un Paese democratico che sta vivendo una situazione terribile. Fornire le armi è un deterrente, dobbiamo far capire a Putin il motivo per cui oggi si sta parlando in Europa di difesa comune. Spero che ci si arrivi, ma non perché sono per la guerra oppure per l’aggressione. Sappiamo bene che avere una difesa è anche un deterrente. Per la seconda volta nella storia, dopo la pandemia di Covid, l’Europa parla con una voce sola. Questo è un segno di maturità, di coordinamento, di interessi comuni, perciò vorrei che la stessa voce unica parlasse anche ai migranti, a quelli che invece vengono discriminati.

Su questo l'Unione europea ha fatto una scelta importante, aprendo le frontiere a chiunque arrivi dall'Ucraina, no?

Sì, l'Europa ha aperto le braccia ai profughi ucraini e ne sono felice, che tutti abbiano dato disponibilità ad accogliere. Però lo stesso dovrebbe accadere nei confronti degli altri profughi che da anni sono nelle foreste a soffrire, a morire, che vengono cacciati via, respinti in malo modo come sappiamo. Non è possibile che si possa pensare che ci siano dei profughi di serie A e profughi di serie B. Quelli che attraversano la rotta balcanica e si trovano nella foresta tra la Polonia e la Bielorussia sono delle persone che vengono dalla guerra: vengono dalla Siria, dall’Afghanistan, sono anni che sono in continua sofferenza.

Lei è anche stato in quelle zone di confine, dove le autorità polacche si comportano in un modo e gli abitanti in un altro…

Il popolo polacco è un grande popolo, di grande sensibilità, e ho avuto modo di conoscerli personalmente. Sì, sono stato al confine tra la Bielorussia e la Polonia proprio in occasione dei respingimenti. Così come sono stato in Croazia e in Grecia, ma anche in Turchia. Una cosa sono le scelte dei governi, un'altra gli atteggiamenti delle persone. Oggi questi Paesi hanno aperto il cuore, può darsi che sia il seme del cambiamento.

Tra chi soffre di più durante una guerra ci sono sempre i bambini. In queste ore arrivano notizie di morti di tutte le età in Ucraina…

Sì, a soffrire di più sono sempre le persone innocenti, i bambini che muoiono in Ucraina, i bambini che muoiono sotto le bombe, i bambini che muoiono nel Mediterraneo ce li siamo dimenticati. Quanti ne ho visti. Sono innocenti, non nemici da combattere. Sono delle persone, degli esseri umani che dovremmo imparare a rispettare, ad accogliere, ad aiutare.

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