La storia della bimba nata a Gaza con un tumore raro: l’evacuazione è l’unica salvezza, ma serve l’ok di Israele

Una neonata che già rischia la vita. Si tratta di una piccola venuta al mondo qualche giorno fa all'ospedale Al-Shifa di Gaza City con un teratoma sacro-coccigeo, tumore raro che colpisce prevalentemente i neonati, soprattutto le femmine.
È necessario asportarlo completamente con un'operazione chirurgica in maniera tempestiva, perché è posizionato in un punto critico, cioè la base della colonna vertebrale. Questo caso poi è ancora più complicato, come ha spiegato a Fanpage.it Mariangela Pira, giornalista di SkyTg24 che ha deciso di mettersi in prima linea per cercare di evacuare la bambina in Italia.
Anche se nel post originario del giornalista Mosab Abu Toha si parla di lei al femminile, per via del tumore la neonata non ha il sistema riproduttivo "quindi in realtà non si capisce che sesso abbia, avrebbe bisogno di un centro altamente specializzato", spiega Pira.
Ma gli ospedali nella Striscia versano in condizioni critiche, l'unica salvezza per questa bambina sarebbe l'evacuazione. Come ha raccontato a Fanpage.it in tre giorni Pira è riuscita a mettersi in contatto con Vincenzo Nigro, portavoce del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che si è subito adoperato per seguire il caso. Lunedì quindi la bambina verrà portata con un volo in Italia per ricevere le cure necessarie, sempre che Israele dia il suo assenso finale, che è necessario per completare l'evacuazione.
"Ma la procedura standard avrebbe richiesto un mese", racconta la giornalista. Tempi troppo lunghi per casi medici gravi, di cui gli ospedali di Gaza non riescono più a farsi carico. Mancano infatti la strumentazione, il carburante, l'acqua pulita. Ma soprattutto, sono troppi i casi da trattare.
Quando Pira ha sentito il medico dell'ospedale Al-Shifa dove è nata la bambina, lui stesso non ricordava la neonata e ha dovuto controllare se fosse effettivamente lì, perché come lei tantissimi altri versavano in condizioni disastrose.
"Per me quella foto era terribile, per lui ormai la normalità", racconta la giornalista. Sono in molti i bambini da evacuare, ed è difficilissimo farlo perché i passaggi sono tanti e complicati.
Innanzitutto, l'ospedale deve segnalare di non poter fare più nulla per un paziente. A quel punto, il Ministero della Salute di Gaza dovrebbe dare il suo assenso per l'evacuazione, contattando l'Oms. Quest'ultima si rapporta poi con i paesi europei, dove i pazienti da evacuare o vengono distribuiti secondo un sistema di quote o vengono accolti su base volontaria.
Anche se tutto questo va in porto, Israele potrebbe bloccare l'evacuazione. "Il paese si prende infatti due settimane di tempo per analizzare se la famiglia del paziente in questione sia o meno collisa con Hamas", spiega ancora Pira che poi aggiunge "si tratta di una procedura complicatissima, è per questo che c'è bisogno di persone che non rimangano indifferenti davanti a tutto questo".
Già a giugno, l'Italia aveva accolto con un meccanismo simile Adam, l'unico figlio sopravvissuto della dottoressa Alaa al-Najjar, che aveva perso gli altri 9 a causa di un bombardamento israeliano sulla casa della famiglia, mentre lei era a lavoro. Ai tempi il ministro degli Esteri Tajani aveva attenzionato il caso della donna e la Farnesina si era attivata per portare il bambino nel nostro paese. La speranza di Pira è che l'evacuazione sia portata a buon fine anche stavolta nel caso della neonata.