La rivolta Gen-Z incendia il Nepal: “Vogliamo giustizia, non corruzione. Dove finiscono le tasse che paghiamo?”

La rabbia della generazione Z è esplosa a Kathmandu (Nepal). “Noi ragazzi nepalesi ci siamo stancati della corruzione. Vogliamo sapere dove finiscono le tasse che paghiamo e chiediamo che il primo ministro venga eletto direttamente dai cittadini”, racconta Pabindra Shrestha, giovane fotografo che è sceso in piazza per vedere la protesta contro i “Nepo Kids” (il nome con cui i manifestanti hanno additato sui social network i figli di politici e ministri nepalesi, accusati di avere troppi privilegi rispetto al popolo).
A far scattare i disordini il divieto di accesso alle piattaforme social: una mossa che, per i manifestanti, serviva solo a nascondere le critiche al governo. “L’8 settembre eravamo in migliaia. La polizia ha reagito con la forza. Ci sono stati venti morti e trecento feriti”.
La rabbia è esplosa e il giorno dopo decine di migliaia di ragazzi hanno dato il via alla “rivolta Gen-Z”, marciando verso la piazza del parlamento. Bandiere in mano e pugni alzati al cielo. Lo slogan gridato a gran voce: “Giovani contro la corruzione”.

Ieri il cielo di Kathmandu era nero per il fumo del parlamento in fiamme. Le strade sembravano un campo di battaglia: mattoni a terra, cartucce di lacrimogeni sparse ovunque, muri sbrecciati. Oggi, invece, è calato il silenzio. L’esercito ha preso il controllo della città e imposto il coprifuoco.
Due giorni di caos hanno visto la capitale nepalese nell’epicentro delle proteste antigovernative più violente degli ultimi vent’anni. Un’ondata di rabbia che ha travolto le istituzioni e costretto il primo ministro K.P. Sharma Oli alle dimissioni.

"Era come un film. Non riuscivo a credere che fosse realtà", ricorda Pabindra a Fanpage.it. "La folla ha sfondato i cancelli, poi ho visto le fiamme salire dal palazzo. Una nube nera ha avvolto tutto, e intorno sventolavano le bandiere nepalesi". Poco dopo è arrivata la notizia: il primo ministro si è dimesso, travolto dalla ferocia delle piazze. "Sembrava la vittoria. Poi però è degenerato tutto".
Una scintilla che ha creato un incendio indomabile. Una protesta troppo veloce che ha portato a una spirale di violenza priva di qualsiasi controllo: banche date alle fiamme, college devastati, prigionieri liberati dalle carceri, tra loro anche Rabi Lamichhane, ex primo ministro incarcerato nel 2024 per accuse di riciclaggio di denaro e criminalità organizzata, ancora in attesa di giudizio. E ancora. Le case dei politici date alle fiamme: in una di queste è morta Rajyalaxmi Chitrakar, moglie dell’ex premier Jhala Nath Khanal. Ministri e deputati evacuati in elicottero dalla capitale.

“Non era questo il piano della Gen-Z. Noi volevamo giustizia, non odio e distruzione. Tutto questo è stato alimentato da infiltrati esterni”, ribadisce Pabindra.
A condividere la sua posizione è anche l’alpinista Nirmal Purja, celebre per il record di velocità sulle quattordici vette oltre gli ottomila metri: "È inaccettabile che qualcuno stia approfittando della situazione per incendiare beni nazionali e colpire attività commerciali. Dobbiamo proteggere il nostro Paese".
La notte di Kathmandu si trascorsa tra moto che sfrecciavano con armi rubate alla polizia, giovani che sventolavano scudi presi ai reparti antisommossa, negozi saccheggiati. Solo l’intervento dell’esercito, poco prima delle dieci di sera, ha riportato un’apparente calma.

Oggi la città è vuota. Il coprifuoco durerà almeno fino all’11 settembre, ma le autorità valutano nuove misure. "Ogni atto criminale compiuto sotto il nome di protesta sarà trattato come reato punibile. Le forze di sicurezza agiranno con fermezza", ha dichiarato l’esercito in una nota.
"Finalmente il nostro esercito ha preso provvedimenti e ora è nostro dovere seguirne gli ordini. Il prossimo passo è scegliere un leader, e dovremo farlo con attenzione, perché un errore potrebbe costarci caro per anni", afferma Pabindra, che come molti altri invoca la via della diplomazia. Ma gli analisti avvertono: nuove proteste in presenza dell’esercito rischierebbero di scatenare un’ondata di caos ancora più grande.