Israele, Netanyahu apre ai palestinesi: “Voglio una soluzione a due stati”

Dopo aver esplicitamente detto no ad uno Stato palestinese durante la campagna elettorale, il neo presidente israeliano, Benyamin Netanyahu, fa un passo indietro e apre ai palestinesi anche se a determinate condizioni. In un’intervista all’emittente statunitense Msnbc dopo la vittoria alle elezioni, il Premier israeliano infatti ha spiegato di volere "una soluzione con due Stati pacifica e sostenibile", sottolineando però che "per questo le circostanze devono cambiare". Netanyahu ancora una volta attribuisce la colpa di tutto ai palestinesi. "Io non ho cambiato politica, non ho mai ritrattato il mio discorso all’università Bar-Ilan di sei anni fa in cui feci appello per uno Stato palestinese demilitarizzato che riconoscesse lo Stato ebraico, ciò che è cambiata è la realtà", ha affermato infatti il premier israeliano, sottolineando che "Abu Mazen, il leader palestinese, rifiuta di riconoscere lo stato ebraico" e si è alleato con Hamas, che "invoca la distruzione dello stato ebraico".
"Gli Usa non hanno un alleato più grande di Israele"
"Noi vogliamo che questo cambi, così che si possa realizzare una visione di pace sostenibile" ha continuato Netanyahu, spiegando però che ora "ogni territorio che viene lasciato libero in Medio Oriente viene conquistato da forze islamiche". Nell’intervista Netanyahu ha anche respinto le accuse di razzismo seguite alle sue dichiarazioni contro gli arabi. Le parole di apertura di Netanyahu arrivano dopo le numerose critiche ricevute dalla Casa Bianca che aveva anche avanzato l'ipotesi di consentire il passaggio di una risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu a favore di uno Stato palestinese, evitando di esercitare il suo diritto di veto. "Gli Usa non hanno un alleato più grande di Israele e Israele non ha un alleato più grande degli Stati Uniti" ha assicurato Netanyahu, aggiungendo: "Ci sono davvero tanti settori in cui dobbiamo lavorare assieme. Possiamo avere delle differenze, ma ci sono davvero tante cose che ci uniscono. Abbiamo una situazione in Medio Oriente che è molto pericolosa e questo rappresenta una sfida comune".