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Inondazioni Pakistan: il dramma delle donne incinte senza medicine e cure mediche

La crisi umanitaria in Pakistan affligge soprattutto i bambini e le donne. E ancor di più le donne incinte, tra mancanza di cure adeguate e difficoltà ad accedere alle strutture sanitarie.
A cura di Lorenzo Bonuomo
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Fonte: LaPresse
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Rubina Mallah è una donna incinta di Sewah, una delle tante città del Pakistan sommerse dalle inondazioni che imperversano nel Paese da settimane. La donna ha dovuto intraprendere una pericolosa traversata di circa tre ore a bordo di una barca, per solcare le acque di un fiume in piena, raggiungere la clinica più vicina alla loro casa (completamente allagata) e dare alla luce il loro bambino: Mohammed. Suo marito lo ha chiamato "il viaggio della disperazione".

In Pakistan, i flussi d'acqua distruggono tutto: case, scuole, ponti, strade, strutture sanitarie, raccolti. I dati del governo parlano di 33 milioni di persone colpite dalla catastrofe e circa un terzo della superficie del Paese sommerso dall'acqua. Immensi torrenti di fango, che finiscono anche per contaminare l'acqua potabile e trasmettere malattie.

Sono le donne e i bambini, le fasce della popolazione pakistana a pagare il prezzo più alto della crisi umanitaria che sta affliggendo il Paese. Save The Children stima che migliaia di bambini non potranno tornare in classe quest'anno, mentre sono almeno 650mila, secondo il Fondo delle Nazioni Unite per le popolazioni in stato di crisi (UNFPA), le donne incinte che al momento non hanno accesso a strutture sanitarie e all'assistenza medica necessaria per partorire in sicurezza. Tra queste, almeno 40mila dovrebbero concludere la gravidanza solo nel mese di settembre.

Tra loro c'è Ameeran, 29enne della provincia del Sindh, una tra le zone del Paese più colpite dal disastro. Qui, le Nazioni Unite hanno allestito decine e decine di campi di soccorso per fornire riparo agli sfollati. Ma i disagi non mancano: "Non siamo abituati a mangiare cibo così grasso e speziato. Mi gonfia lo stomaco e provoca acidità – ha raccontato la donna all'emittente tedesca Detusche Welle – cerco di evitarlo, ma non ho altra scelta per nutrirmi".

Anche Mansha, 40 primavere alle spalle, ha trovato rifugio in uno dei campi umanitari allestiti dall'Onu nel Sindh, dove le persone e il bestiame vivono a stretto contatto senza servizi igienici adeguati. Masha è in attesa del quarto figlio. La donna dice di non riuscire a dormire durante la notte, perché costretta a condividere lo spazio con diversi uomini sconosciuti. "Mi fa sentire a disagio", racconta.

L'UNFPA dichiara di aver allestito centri sanitari inviato almeno 23 "squadre mobili" di ostetriche e ginecologi nelle aree colpite dalle inondazioni. Operatori sanitari che avrebbero "assistito a circa 1.500 nascite, curato 300 donne colpite da aborti spontanei e indirizzato quasi 200 madri agli ospedali per il taglio cesareo".

Ma anche qui, i problemi sono dietro l'angolo: una buona parte delle donne assistite – stando a quanto emerso – avrebbe opposto resistenza a farsi visitare da un medico uomo. Il motivo è di carattere culturale: nella parte conservatrice della società pakistana, infatti, è considerato un fatto inappropriato per una donna consultare un medico maschio, soprattutto per problemi di natura ginecologica.

Fonte: LaPresse
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"Il dipartimento sanitario del Sindh sta escogitando un meccanismo per far fronte alla distruzione delle strutture sanitarie. La prossima settimana verrà messo a disposizione delle autorità un budget speciale di 800 milioni di rupie (3,65 milioni di dollari o 3,67 milioni di euro)", ha affermato Muhammad Juman, direttore generale dei servizi sanitari del Sindh. Le Nazioni Unite, inoltre, hanno chiesto aiuti per altri 160 milioni di dollari per aiutare le vittime delle inondazioni, ma i funzionari pakistani affermano che il costo dei danni è di gran lunga superiore a quello.

Il segretario aggiunto delle Nazioni Unite, Asako Okai, lo scorso 24 marzo ha affermato sul blog ospitato dal sito del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNPD) che quando si verifica un disastro, donne e bambini hanno una probabilità 14 volte maggiore di morire rispetto agli uomini. Secondo UN Women, inoltre, almeno il 70% delle donne subisce varie forme di discriminazione di genere nelle situazioni di crisi umanitaria.

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