In carcere per 38 anni da innocente, la storia di Peter Sullivan: “Costretto a confessare con la tortura”

Dopo aver trascorso quasi quarant’anni in carcere per un omicidio che non ha mai commesso oggi, a 68 anni, l'inglese Peter Sullivan ha raccontato per la prima volta come – secondo lui – fu spinto con la forza a confessare l’uccisione di Diane Sindall nel 1986.
Sullivan venne fermato poche settimane dopo il brutale omicidio della giovane fioraia ventunenne. Durante i primi interrogatori, racconta alla BBC, gli fu negata l’assistenza legale e non ebbe alcun supporto nonostante le sue difficoltà cognitive.
In un'intervista rilasciata all'emittente britannica l'uomo ha riferito di interrogatori estenuanti, pressioni psicologiche e due episodi di violenza in cella. "Mi coprivano con una coperta e mi colpivano con i manganelli. Volevano che ripetessi ciò che desideravano sentirsi dire". Gli agenti, ha aggiunto, avrebbero minacciato ulteriori accuse se non avesse firmato la confessione.
Quell'ammissione di colpa alla fine arrivò e, insieme a prove forensi oggi ritenute poco affidabili, fu sufficiente a convincere la giuria. Nel 1987 Sullivan venne condannato all’ergastolo con un minimo di 16 anni da scontare dietro le sbarre. Continuò però a dichiararsi innocente, scelta che rese più difficile l’ottenimento della libertà condizionata. In carcere affrontò violenze e minacce, soprattutto perché considerato un assassino a sfondo sessuale.
Durante gli anni in prigione Sullivan ha perso entrambi i genitori. Non gli fu neanche permesso di partecipare al funerale della madre che, poco prima di morire, gli chiese di continuare a lottare per essere scagionato. Quella promessa è diventata il filo conduttore della sua battaglia per la verità.
La determinazione di Sulivan, ma anche l’avanzamento delle tecniche genetiche, hanno cambiato tutto. Nuovi test hanno escluso in modo decisivo la colpevolezza dell'uomo, portando la Corte d’Appello a cancellare la condanna nel maggio 2025. Il 68enne britannico ora chiede le scuse da parte della polizia, convinto di essere stato scelto come colpevole ideale per le sue difficoltà cognitive. Sul fronte economico, invece, attende l’indennizzo previsto per le condanne ingiuste, con un massimo previsto di 1,3 milioni di sterline. Ma il denaro, come ha detto anche la sua avvocata, non gli restituirà ciò che gli è stato tolto: "Non esiste una cifra che possa compensare 38 anni di vita".