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Cambiamenti climatici

In Brasile percepiti 62°, il climatologo: “Presto anche da noi ondate di calore estreme. Prepariamoci”

Giulio Betti, climatologo del CNR: “Non siamo ancora in grado di stabilire quali picchi di temperatura percepita si possano raggiungere in Europa, né se possano essere simili ai 62 gradi di Rio De Janeiro. Certamente però si tratterà di picchi assolutamente considerevoli”.
Intervista a Giulio Betti
Climatologo presso il Consorzio LaMMA (Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale) e l’Istituto di Bioeconomia del CNR di Firenze.
A cura di Davide Falcioni
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Una fornace a cielo aperto. Così appariva Rio De Janeiro domenica scorsa quando Alerta Rio, il sistema di allerta meteo della metropoli brasiliana, ha rilevato un dato record di temperatura percepita: alle 9 e 55 nel quartiere di Guaratiba, situato nella parte occidentale della città, sono stati registrati 62,3 gradi. Secondo la definizione inclusa nel rapporto dell'amministrazione comunale "la sensazione termica è un indice di calore calcolato in base ai dati di temperatura e umidità relativa. Più alte sono la temperatura e l'umidità relativa, maggiore è la sensazione di calore in quella regione".

Il Brasile sta attraversando un'intensa ondata di caldo soffocante e i meteorologi prevedono che continuerà almeno fino ad oggi, giorno in cui inizia l'autunno nell'emisfero australe. Ma le ondate di calore non sono una prerogativa brasiliana: a causa del cambiamento climatico, infatti, questi fenomeni estremi sono destinati ad aumentare per frequenza ed intensità anche alle nostre latitudini, come accaduto già la scorsa estate, la più calda della storia (finora). Ma cosa accade al corpo umano in condizioni di caldo e umidità estreme? Come ci si può proteggere? E soprattutto, è possibile che anche in Italia si raggiungano picchi di temperatura percepita superiori ai 60 gradi? Fanpage.it l'ha chiesto a Giulio Betti, climatologo presso il Consorzio LaMMA (Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale) e l’Istituto di Bioeconomia del CNR di Firenze.

Giulio Betti
Giulio Betti

Domenica scorsa in Brasile sono state registrate temperature record: quella percepita è stata di oltre 62 gradi. È un evento "normale" o è una delle conseguenze del cambiamento climatico?

Le ondate di calore sono, in assoluto, l'evento metereologico estremo più influenzato dal cambiamento climatico. Nessun luogo del pianeta, sia sulla superficie di mari e oceani che sulle terre emerse, è immune da un aumento statisticamente importante del numero, della frequenza e dell'intensità delle ondate di calore. Naturalmente non è possibile dire se un singolo evento di questo tipo sia influenzato direttamente dal cambiamento climatico, tuttavia non ci sono più dubbi rispetto al fatto che il trend di questi fenomeni estremi sia in netta crescita. Il numero delle ondate di calore è in significativo aumento in tutto il mondo, a tutte le latitudini.

Cosa si intende per "temperatura percepita"?

Quella che è stata rilevata in Brasile è una temperatura "percepita", ovvero un indice di disagio termico che viene utilizzato anche a livello sanitario per analizzare le conseguenze sulla salute delle ondate di calore. Tale indice si ricava misurando la temperatura dell'aria all'ombra e il tasso di umidità: il risultato è un indice chiamato Umidex o Thi.

E perché è così importante questo dato? Cosa accade al corpo umano in presenza di ondate di calore?

Il corpo umano si difende dagli eccessi di calore attraverso la sudorazione: emettiamo liquidi che evaporano a contatto con l'aria esterna raffreddando conseguentemente la superficie del nostro corpo e consentendo di mantenere costante anche la temperatura interna. Per far sì che questo meccanismo di termoregolazione sia efficace, però, è necessario che l'aria esterna sia abbastanza secca e consenta al sudore di evaporare. Se – oltre alla temperatura – anche l'umidità dell'aria è troppo elevata il sudore non evapora e subentrano i colpi di calore, eventi che possono avere conseguenze gravissime. Non a caso in Europa ogni estate si registra un picco della mortalità, soprattutto tra i soggetti più fragili. Quello che è accaduto a Rio è stato esattamente questo: una combinazione tra una temperatura esterna di 39,6° e un tasso di umidità del 78%. Con questi livelli non c'è sistema di termoregolazione che possa reggere né tra gli uomini, né tra gli animali.

Anche alle nostre latitudini si rischiano ondate di calore di questo tipo, con temperature percepite paragonabili a quella di Rio De Janeiro di domenica scorsa?

Rio De Janeiro sorge generalmente in una fascia molto calda ed umida, ed è estremamente improbabile che lì ci sia aria secca, mentre alle nostre latitudini c'è una maggiore alternanza tra ondate di calore secche e umide. È chiaro, tuttavia, che l'Italia e il resto d'Europa sono circondate da Oceano Atlantico e Mar Mediterraneo, ai quali si sommano laghi e fiumi. Fonti di umidità sono quindi costantemente presenti. In queste condizioni il rischio di ondate di calore estreme anche alle nostre latitudini è assolutamente concreto. Anzi, direi scontato. Non siamo ancora in grado di stabilire quali picchi di temperatura percepita si possano raggiungere in Europa, né se possano essere simili ai 62 gradi di Rio De Janeiro. Certamente però si tratterà di picchi assolutamente considerevoli.

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Perché questi fenomeni hanno un maggiore impatto nelle grandi città? E quanto contribuiscono cemento e asfalto ad amplificare il caldo?

Qui il tema è più complesso di quanto sembri. Le città raggiungono picchi di temperatura massima dell'aria paragonabili alle campagne, e addirittura in alcuni casi inferiori per via dell'alternanza di ombra e luce proiettata dalle case. Insomma, non è del tutto vero che in estate, nelle ore di punta, fa più caldo nelle città piuttosto che nelle aree extraurbane. Il problema però subentra la notte: se è vero che in campagna di giorno si possono registrare picchi termici elevatissimi è altrettanto vero che di notte superfici come i terreni agricoli rilasciano calore, permettendo di abbassare le temperature in modo significativo. Nelle città l'escursione termica tra giorno e notte invece è molto minore perché superfici come asfalto e muri continuano a restituire calore.

Dopo il picco di 62 gradi a Rio De Janeiro alcuni giornali brasiliani polemizzano con la decisione, presa in passato, di abbattere milioni di alberi per fare spazio a nuove strade, edifici, parcheggi… Ri-naturalizzare i grandi centri urbani può contribuire a ridurre l'impatto delle ondate di calore?

Avere alberi nelle città è semplicemente fondamentale. Esistono ormai studi consolidati che dimostrano come in un viale alberato di una città la temperatura possa essere inferiore anche di 10 gradi rispetto alle zone "scoperte". Gli alberi hanno due funzioni apparentemente banali, ma determinanti: ombreggiano, impedendo al sole di colpire direttamente le superfici; in più evapotraspirando abbassano ulteriormente la temperatura circostante. Un'alberatura razionale delle città è una dei pilastri delle strategie di mitigazione delle conseguenze del cambiamento climatico. Piantare milioni di alberi nelle città, facendolo in maniera intelligente, è semplicemente fondamentale per continuare a vivere anche nei mesi estivi nelle nostre aree urbane.

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