Il rapporto di Mediterranea sulla Cisgiordania: “In Masafer Yatta pulizia etnica, 7 eventi violenti al giorno”

La regione di Masafer Yatta, in Cisgiordania, nei territorio palestinesi, è diventata famosa in tutto il mondo dopo la vittoria agli oscar del documentario "No other land" di Basel Arda e del giornalista israeliano Yuval Abraham. È una delle regioni più calde, dove i coloni e l'esercito israeliano quotidianamente provano a cacciare i palestinesi dai loro villaggi, con violenze, demolizioni, occupazione delle terre, costruzione di avamposti illegali, allargamento di quelle stesse colonie già definite illegali dal diritto internazionale. L'associazione italiana Mediterranea Saving Humans dall'inizio dell'anno è attiva nella regione con osservatori internazionali, con l'obiettivo di redigere un rapporto sulle violenze compiute contro la popolazione civile palestinese.
Rapporto che verrà pubblicato oggi: si tratta del primo dossier ufficiale mai realizzato che documenta le violazioni dei diritti umani in questa regione in questi primi 6 mesi di progetto. I numeri sono davvero impressionanti. Da gennaio a maggio gli attivisti di Mediterranea Saving Humans hanno documentato 838 violazioni ai danni dei palestinesi in 29 villaggi della regione, con una media di quasi 7 eventi violenti ogni giorno. "Una strategia deliberata e centralizzata di pulizia etnica ai danni dei palestinesi" come si legge nel rapporto che ha classificato le demolizioni, gli arresti arbitrari, le aggressioni violente fatte sia a colpi di spranga che armi in pugno. Il rapporto, che vede la nota giuridica del professor Luigi Daniele dell'Università di Nottingham, ha documentato anche la complicità e il coordinamento tra le azioni violente compiute dai coloni e le forze armate israeliane.
"Così si caccia un popolo dalla propria terra"
Il rapporto di Mediterranea Saving Humans si intitola "Occupare una terra per cacciarne un popolo". La prima fase di monitoraggio hanno visto la presenza fissa in Masafer Yatta degli attivisti italiani che hanno documentato attraverso la compilazione di schede apposite, raccolta di video e foto, e l'ascolto dei testimoni oculari degli eventi, un numero impressionante di violazioni dei diritti umani. Sono 409 le invasioni di proprietà privata registrate, 51 le demolizioni di case palestinesi, 63 le intimidazioni anche con uso di armi, 32 gli incendi o danneggiamenti di auto palestinesi o di altri beni, 80 gli arresti arbitrari ai cittadini palestinesi, 30 quelli a danno degli attivisti internazionali, 12 nuovi avamposti illegali costruiti o ampliati dai coloni, 39 le aggressioni con bastoni ai danni dei civili palestinesi, 11 le aggressioni con armi da fuoco ad opera dei coloni israeliani.
Sono numeri impressionanti se rapportati al periodo di registrazione degli episodi che va dal 23 gennaio al 31 maggio, appena 129 giorni. I video delle azioni violente sono stati realizzati e catalogati dagli attivisti italiani, che hanno costruito un vero e proprio database composto sia da materiali multimediali che dalle schede per ogni singolo evento. Il 49% di tutti gli eventi si è concentrato in 4 villaggi, che rappresentano con evidenza la zona rossa più esposta agli attacchi di esercito e coloni, e cioè i villaggi di Susya, Tuwani, Um Dhorit e Khallet Athaba. Durante le azioni violente ad opera dei coloni, gli attivisti di Mediterranea Saving Humans, che operano anche una interposizione non violenta insieme agli altri italiani di Operazione Colomba, hanno documentato anche l'esito delle richieste di intervento alle forze dell'ordine, che è molto interessante, perché per il 34% dei casi le forze dell'ordine non intervengono affatto, per il 37% dei casi intervengono contro i palestinesi, che sono oggetto delle violenze dei coloni, infine solo nel 27% dei casi interrompono le azioni violente dei coloni israeliani. In sostanza nel 71% dei casi le forze dell'ordine o non intervengono o agiscono contro le vittime, ovvero i palestinesi. Un segnale di complicità molto evidente.

Le storie: il villaggio in cui sono rimaste solo 2 case
Non solo numeri, ma anche tante testimonianze prese sul campo dagli attivisti italiani, che all'interno del rapporto semestrale hanno raccolto anche dei casi di specie particolarmente rilevanti che spiegano bene, in maniera paradigmatica, la strategia di pulizia etnica messa in campo dalle forze armate e dai coloni israeliani. Le demolizioni sono uno degli strumenti di pulizia etnica più diffusi in Cisgiordania e soprattutto nella Masafer Yatta. Delle 51 demolizioni registrate tra gennaio e maggio, molte si sono concentrare nel villaggio di Khallet Athaba, dove sono rimaste in piedi solo 2 case. Gli ultimi edifici vengono difesi dall'aggressione dei coloni, che occupano materialmente le aree delle macerie delle case abbattute, solo grazie alla presenza degli attivisti internazionali e quelli palestinesi. Senza la presenza di osservatori internazionali il villaggio sarebbe già stato cancellato.
Importante anche la storia di Sheik Saeed Al Amor, un anziano palestinese del villaggio di Ar Rakeez, colpito con i fucili dai coloni, solo perché si stava prendendo cura del proprio pezzo di terra accanto alla sua casa. Nel caso del ferimento dell'anziano palestinese, i coloni hanno usato dei proiettili a grappolo, un'arma di guerra pericolosissima. È stato impossibile salvare la gamba di Sheik Saeed, che è stata amputata.
Il villaggio di Tuba si trova all'interno della zona militare 918, un'area usata dall'esercito israeliano per l'addestramento delle truppe, dichiarata interdetta nonostante al suo interno sorgano diversi villaggi palestinesi. In buona sostanza ai palestinesi è impedito muoversi, mentre per gli attivisti internazionali ed i giornalisti, è vietato l'accesso. Proprio a Tuba, dove si sono registrate complessivamente 26 azioni violente, c'è stata una particolare targhettizzazione degli attivisti internazionali, presi di mira dall'esercito israeliano. Qui nel mese di gennaio venne arrestata l'ex europarlamentare italiana Luisa Morgantini, insieme ad un giornalista del Sole 24 ore e ad attivisti europei ed americani.

"Le istituzioni devono agire con sanzioni contro Israele"
Uno dei coordinatori delle attività di Mediterranea Saving Humans in Palestina è Damiano Censi, a cui abbiamo chiesto il dato politico del primo rapporto semestrale sulla Masafer Yatta. "Noi abbiamo svolto una attività di osservazione diretta e continuativa, queste non sono azioni svolte nell'ambito di una guerra, ma sono azioni contro civili che hanno dei diritti riconosciuti dallo stesso Stato di Israele" spiega a Fanpage.it. "Queste azioni non hanno alcuna giustificazione, si svolgono rispondendo ad una evidente catena di comando senza la quale non si potrebbe agire in maniera così coordinata contro i palestinesi. È la prima volta che in Cisgiordania si riesce ad avere un quadro di insieme così importante. La finalizzazione di queste azioni è la pulizia etnica, è quella di espellere tutte le persone dalla Masafer Yatta, così come da tutta la Cisgiordania" sottolinea Censi.
Il rapporto di Mediterranea sarà presentato oggi al Senato, con la presenza di diversi deputati dell'opposizione, Peppe De Cristofaro di Avs, Arturo Scotto e Rachele Scarpa del Pd e Dario Carotenuto del Movimento 5 Stelle. "Il nostro rapporto, che avrà una versione finale a fine anno, è finalizzato innanzitutto alla denuncia pubblica – spiega Censi -. Lo presenteremo in Senato, al parlamento italiano, ma poi lo presenteremo anche al parlamento europeo, ovvero a quegli organi che possono emettere delle sanzioni economiche e politiche contro Israele, avendo anche la responsabilità di accordi in essere come il memorandum Italia – Israele. Inoltre il nostro rapporto e tutta la documentazione, con prove e testimonianze, è stata già messa a disposizione della relatrice Onu per i diritti umani in Palestina, Francesca Albanese, e abbiamo aperto un canale con la Corte penale internazionale per consegnare tutto il materiale raccolto per poterlo utilizzare nelle inchieste attualmente attive sulle violazioni del diritto internazionale a danno dei palestinesi".
Proprio le azioni penali contro Israele sono al centro del lavoro svolto dall'associazione italiana, sia per il metodo di raccolta delle testimonianze e dei materiali, sia per la mole di dati accumulati già in questi primi sei mesi. All'interno del rapporto è presente anche una nota giuridica di Luigi Daniele, docente italiano dell'Università di Nottingham, specializzato proprio nelle violazioni dei diritti umani in Palestina. "Ho letto molti rapporti sulle gravi e sistematiche violazioni del diritto internazionale nei territori palestinesi occupati in questi anni. Quello di Mediterranea è contraddistinto dai più alti standard di accuratezza e rigore rintracciabili nel panorama di questo tipo di lavori nel mondo" spiega a Fanpage.it il docente. "Inoltre, è il primo con un focus specifico sull'area di Mosafer Yatta, vera e propria cifra, e culmine, degli sforzi di pulizia etnica della Palestina. Tutta la politica che prende sul serio le implicazioni sovranazionali dello stato di diritto dovrebbe leggerlo e trarne le dovute conseguenze".