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Guerra in Ucraina

Il Generale Bertolini sulla Crimea: “Se Kiev tentasse di riprenderla sarebbe la terza guerra mondiale”

L’intervista di Fanpage.it al generale Marco Bertolini: “Se l’Ucraina tentasse di riprendere la Crimea, supportata dagli Usa, sarebbe effettivamente la terza guerra mondiale. Nel caso succedesse è chiaro che ci dobbiamo aspettare di tutto”.
Intervista a Marco Bertolini
generale italiano in ausiliaria ed ex comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore.
A cura di Ida Artiaco
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"Se l'Ucraina tentasse di riprendere la Crimea, supportata dagli Usa, sarebbe effettivamente la terza guerra mondiale. La Russia non può assolutamente perdere la Penisola. Se ciò accadesse, sarebbe per Mosca una perdita terribile".

A parlare è Marco Bertolini, generale italiano in ausiliaria ed ex comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore, che a Fanpage.it ha spiegato a cosa potrebbe portare un ipotetico scontro tra Russia e Ucraina in Crimea, dopo le indiscrezioni lanciate ieri dal New York Times.

Secondo il quotidiano americano, infatti, gli Stati Uniti starebbero rivedendo le proprie posizioni sullo scenario di una riconquista ucraina della Crimea. Questo sembra emergere anche dalle parole allusive del portavoce del dipartimento di Stato, Ned Price: "La Crimea è Ucraina. Ovviamente non stiamo prendendo decisioni mirate per conto dei nostri partner ucraini. Queste decisioni spettano a loro".

Generale Bertolini, è possibile che lo scontro tra Russia e Ucraina si sposti effettivamente in Crimea?

"Tutto è possibile, dipende da quello che si è disposti a spendere. Certamente, con queste affermazioni, gli Usa alimentano un irredentismo ucraino che non verrebbe soddisfatto neppure dal già improbabile ritiro dal Donbass, vista la forza economica e militare che gli Usa possono assicurare, dando corpo sempre di più all’incubo di una terza guerra mondiale o di una guerra infinita tra Ucraina e Russia. Perché la Russia non può assolutamente perdere la Crimea, che oltre ad essere una terra abitata soprattutto da russi, contiene le basi di Sebastopoli e Sinferopoli che sono essenziali".

Perché?

"La Russia ha una postura militare essenzialmente difensiva con flotte e comandi militari solo sul proprio territorio. In particolare delle sue 5 flotte una, per l'appunto, è nel Mar Nero a Sebastopoli, una nel mar baltico a Kaliningrad, una a Severomorsk sul Mar Glaciale Artico, una a Vladivostok e un'altra ad Astrakan nel mar Caspio, che è un mare chiuso.

Ma il rischio è che anche il mar Baltico diventi un mare chiuso nel momento in cui anche Finlandia e Svezia entrino della Nato, così come il Mar Nero se ne perdesse il controllo. Insomma, la perdita di Sebastopoli sarebbe terribile per Mosca che verrebbe esclusa dal Mediterraneo e dall’Europa.

Quindi, credo che la Russia farà di tutto per mantenere la Crimea, che è da sempre l'obiettivo principale di questa guerra fatta per procura alla Russia dagli Stati Uniti utilizzando l'Ucraina. Si  sapeva sin dall'inizio che la Crimea era l'obiettivo più importante. Può davvero essere la goccia che fa traboccare il vaso".

Gli Usa sarebbero dunque disposti a inviare altri sostanziosi aiuti in termini di soldi e armi pur di far tornare la Crimea sotto il controllo ucraino?

"Agli Stati Uniti non importa che la Crimea torni all'Ucraina. L’importante è che non sia nelle disponibilità della Russia, nemico esistenziale per gli Usa in quanto potenza continentale naturalmente connessa all’Europa ed al Mediterraneo".

Come potrebbero rispondere la Russia ad una mossa del genere in Crimea?

"Io spero che questa mossa non ci sia. Anche loro si rendono conto della pericolosità di questa situazione. Significherebbe portare lo scontro a un punto di non ritorno, quindi non ci sarebbe assolutamente possibilità di alcun negoziato. Nel caso succedesse, è chiaro che ci dobbiamo aspettare di tutto.

Poi c'è da dire che adesso, nonostante tutti gli aiuti che stanno arrivando, l'Ucraina ha comunque subito delle perdite enormi in termini di soldati, sia nell’oblast di Kherson, sia soprattutto nel Donbass, dove è in corso una guerra estremamente sanguinosa tra le parti. Quindi non ha forze sufficienti per affrontare una situazione del genere. Se pure arrivassero i tank promessi, prima di riuscire a utilizzarli per ribaltare una situazione in cui attualmente l'iniziativa è in mano russa, si troverebbe di fronte una situazione molto costosa da un punto di vista delle vite umane e non credo che se lo possa permettere. Ma mai dire mai".

Allo stato attuale crede che sia ancora possibile sperare in un negoziato per la risoluzione del conflitto?

"Si deve capire cosa si intende per negoziato. Se si intende trovare una soluzione di compromesso, che accontenti e scontenti alla stessa maniera i due belligeranti, e che sarebbe la soluzione naturale dettata dal buon senso, è un fatto. Se invece per negoziato si intende la resa della Russia o il suo ritiro e magari un processo nei suoi confronti per crimini di guerra non se ne parla. E questa purtroppo è la posizione di Zelensky, sposata con entusiasmo da buona parte dell’Occidente che pare non abbia capito a cosa andiamo incontro.

È chiaro che se la prospettiva della Russia deve essere quella di trovarsi a fare la fine di Saddam o Gheddafi, combatterà fino alla fine. Chi dice che la guerra deve finire con la resa della Russia è chiaro che non vuole un negoziato, vuole una guerra a tutti i costi e che vada avanti magari per anni, con l'obiettivo di indebolire Mosca.

Putin adesso ha che a fare con una parte dell'opinione pubblica, circa il 20%, che non vuole negoziati, e che lo contesta accusandolo di essere troppo morbido, mentre solo il 50% circa lo supporta nelle ricerca di una soluzione negoziale. Per questo, prima di arrivare a trattare ha bisogno di risultati forti sul campo. Non parliamo poi di Zelensky, che deve fare i conti con gli Usa e l'Occidente che dettano il “battle rithm” della guerra che sta conducendo. Non credo che possa cedere almeno per ora."

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