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Guerra in Ucraina

Guerra Ucraina, l’esperto militare a Fanpage: “Ora tocca a Putin dimostrare se vuole davvero un accordo”

L’intervista di Fanpage.it con John Foreman, attaché militare dell’ambasciata britannica a Mosca durante il primo anno di guerra, precedentemente a Kyiv con lo stesso incarico: “Sono ottimista, Putin potrebbe decidere di aver ottenuto abbastanza”. Secondo il diplomatico “val la pena provarci”. Anche se lo zar “ha ignorato un infinità di trattati e riconosce solo il potere reale: economico, politico e militare. I documenti per lui contano poco”.
A cura di Riccardo Amati
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Non c’è pace senza la volontà concreta di arrivarci. Ora, Donald Trump vuole senz’altro mettersi alle spalle il problema Ucraina. Volodymyr Zelenskyy è disponibile a compromessi a patto di salvare dignità e sovranità del suo Paese. L’Europa fa la voce grossa, ma la fine del massacro sarebbe accolta con sollievo a Berlino, Parigi e Londra. E ancor di più a Roma. Il Cremlino, però, ha già detto che la proposta Ue per la pace “non è costruttiva”. Non è che si stiano facendo i conti senza l’oste? Putin la vuole o no, la pace?

Di questo e delle proposte emerse nel fine settimana nella conferenza di Ginevra Fanpage.it ha parlato con

John Foreman
John Foreman

, ufficiale della Royal Navy e diplomatico. Fino al settembre 2022 attaché militare presso l’ambasciata britannica a Mosca, in precedenza aveva ricoperto lo stesso ruolo all’ambasciata di Kyiv.

Captain Foreman, ma la Russia ha davvero la volontà di fermare la guerra?

Beh, stiamo per scoprirlo. Ho trovato interessanti i commenti di Putin al Consiglio di Sicurezza della Federazione venerdì: non ha detto di no, ha lasciato intendere che il quadro proposto potrebbe essere una via da esplorare, e ha rimandato a ulteriori dettagli.

Sì, è quello che dice sempre in questi casi…

Ma stavolta c’è motivo di ritenere che quei dettagli stiano effettivamente arrivando. Gli americani vogliono chiudere la questione. Anche gli ucraini vogliano chiuderla. L’Europa pure. Quindi la domanda è: la Russia ritiene di aver ottenuto abbastanza, oppure no? Come diciamo in Gran Bretagna, “la prova del budino sta nel mangiarlo”. La qualità si giudica dai risultati. Vedremo presto se quest’ultimo tentativo di pace di Trump è serio o se la Russia si tirerà indietro, riportandoci al punto di partenza. Ma val la pena assaggiare il budino.

Cosa rischia Mosca, se si tira indietro?

Ulteriori sanzioni americane. Dazi secondari. Cose che potrebbero creare problemi economici ancora più seri di quelli che la Russia sta già iniziando ad avere. Al Cremlino sanno bene che le conseguenze potrebbero essere gravi.

Quindi lei è ottimista?

Tutto sommato sì. Sono anche realista. So che la bozza iniziale dei 28 punti è stata elaborata in canali riservati tra americani, russi e anche ucraini. Poi è trapelata, cosa che probabilmente ha accelerato il processo, ma ci sono state discussioni preliminari tramite vari intermediari.

È una base di partenza per un lavoro successivo. Il lavoro è continuato a Ginevra nel fine settimana, e ora altre fasi ci attendono con la Russia. Non siamo alla fase finale. È l’inizio di un processo che dovrà condurre a qualcosa di molto più dettagliato e giuridicamente vincolante, con un linguaggio molto più preciso. Ma  non ho mai condiviso la visione catastrofista o isterica secondo cui la prima proposta, quella dei “28 punti” fosse un atto di appeasement o una resa.

Qual è la sua opinione sui punti alternativi proposti dagli europei a Ginevra e su ciò che ucraini e statunitensi stanno rielaborando?

Il processo è ancora in corso e abbastanza rapido, ma siamo arrivati al punto in cui—soprattutto ai vertici—la pazienza si sta esaurendo. La bozza finale dovrà essere mostrata alla parte russa, a Mosca. Allora capiremo come va a finire.

Quali sono i punti chiave della trattativa?

Territori, dimensione dell’esercito ucraino, membership NATO e garanzie di sicurezza. E la eventuali restrizioni per Kyiv sui missili a lungo raggio.

La maggior parte di questi punti non è insormontabile. Sappiamo che gli americani hanno redatto una sorta di garanzia di sicurezza simile all’Articolo 5. Si discute sulle dimensioni dell’esercito, ma la dimensione dell’esercito dipende sia dalle garanzie sia dalla capacità industriale della difesa ucraina.

Quanto al numero di effettivi, non è un dato decisivo in assoluto: dipende dal contesto. Nel 2022 l’ucraina aveva poco più di centomila soldati, e ha respinto i russi. Oggi si discute se debbano essere 600mila  o 800 mila. Ma serve a poco definirlo, se non specifichiamo se si tratta di tutte le forze armate o solo dell’esercito. Se la cifra comprende o meno le riserve. E ci sono molti altri parametri da considerare.

Quanto al divieto di adesione alla NATO: era incluso nella originale proposta Witkoff e non nella controproposta europea. Ma non credo che l’Ucraina entrerà mai nella NATO. Il vero punto di discussione è il territorio.

Quanto è vitale, per l’Ucraina, mantenere le città-fortezza che ancora controlla nel Donbass?  Si può parlare di sicurezza se deve lasciare Sloviansk, Kramatorsk, Druzhkivka, Pokrovsk ai russi?

C’è un valore militare significativo in quelle città-fortezza: impediscono alla Russia di poter lanciare avanzate più profonde in territorio ucraino. La geografia le ha rese difficili da conquistare. Ma se venissero prese, aprirebbero ai russi corridoi estesi verso l’Ucraina centrale. Per questo sono state rese pressoché inespugnabili.

Ma c’è anche un valore emotivo: quelle città hanno un’enorme risonanza per il popolo ucraino, per l’esercito e per la Guardia nazionale. L’Ucraina le difende da dieci anni. In tanti sono morti per quelle città. E i civili che ci vivono vogliono restare ucraini.

Sarebbe estremamente difficile anche solo considerare di consegnarle alla Russia come parte di un accordo di pace. Ha un costo politico, militare e morale enorme, per Kyiv. Anche per questo la questione dei territori è la più delicata. La più cruciale.

La situazione sul campo per l’Ucraina è davvero così disperata da rendere urgente uno stop alla guerra costi quel che costi?

L’Ucraina sta affrontando diverse pressioni in questo momento. Sul fronte militare, nel 2025 l’avanzata russa ha accelerato. Di poco. Non ci sono stati sfondamenti decisivi. Ma l’avanzata è costante.

Le città continuano a subire bombardamenti. L’inverno ha reso gravi le difficoltà legate a energia, riscaldamento ed elettricità. A questo si aggiungono i problemi politici. Lo scandalo della corruzione, in particolare. E la situazione finanziaria è critica: l’Ucraina oggi dispone di risorse molto limitate. È dipendente dal sostegno economico europeo.

Non si può certo parlare di catastrofe, ma la direzione è chiara: la guerra sta volgendo lentamente contro l’Ucraina. Sempre più persone ritengono che sia il momento di cercare un accordo.

A proposito della situazione finanziaria: il piano Witkoff prevedeva che parte degli asset russi congelati venissero devoluti alla ricostruzione dell’Ucraina. Gli europei vorrebbero ancora di più: tutt quegli asset a Kyiv. Potrà mai Putin accettare una cosa del genere? Sono soldi della élite russa. Soldi dei suoi amici.

Credo che se si arrivasse a un accordo più ampio, Mosca dovrebbe valutarlo nel suo insieme: potrebbe anche accettare che quelle risorse vengano usate per la ricostruzione dell’Ucraina in cambio di tutto il resto che potrebbe ottenere. I fondi congelati a Bruxelles potrebbero essere scambiati per il rientro nel G8, o per la revoca delle sanzioni.

La proposta di un trattato di non aggressione tra NATO, Russia e Ucraina è una favola consolatoria oppure qualcosa che potrebbe funzionare?

Mosca ha del tutto ignorato un infinità di trattati e documenti diplomatici. A partire dalla Carta delle Nazioni Unite, passando dalla Carta di Parigi (accordo internazionale del 1994 che stabilisce principi e norme per la protezione e la gestione sostenibile del patrimonio culturale in situazioni di conflitto armato, ndr), fino all’Atto fondativo NATO-Russia, per citarne alcuni (l’ Atto del 1997 stabiliva un quadro di cooperazione politica e di sicurezza post-Guerra Fredda senza vincoli di difesa reciproca, ndr).

E poi la NATO è un’alleanza difensiva. Non ha molto senso che firmi patti di non aggressione. L’aggressore qui è la Russia. Soprattutto gli europei — par la maggior parte — sono scettici sul fatto che pezzi di carta possano fermare l’avanzata di Mosca. A fermarla può essere solo il potere reale: economico, politico, militare e diplomatico. Quello che può esercitare Trump. E forse l’Europa. Non le parole scritte su un foglio.

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